MAGGIORANZA NELLA TRAPPOLA AUTONOMIA

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Il Quotidiano del Sud
MAGGIORANZA NELLA TRAPPOLA AUTONOMIA

La maggioranza nella trappola dell’autonomia: il contentino alla Lega, un boomerang per FI e FdI. Musumeci frena sulla attribuzione delle competenze sulla Protezione civile alle Regioni

Il retropensiero era “tanto poi di fronte ai Lep si fermerà tutto”. Ma con leggerezza avevano sottovalutato il tema e soprattutto la determinazione e la forza di impatto di Roberto Calderoli. Mi riferisco a Fratelli d’Italia, a Forza Italia e anche a Noi Moderati di Lupi. D’altra parte la conoscenza della legge era stata sempre molto approssimativa.

In realtà qualcuno lo aveva cominciato a dire in tempi non sospetti che il vero obiettivo erano le materie dove non erano previsti i Lep. Ma è rimasto un profeta inascoltato. Parlo di Adriano Giannola che da tempo sostiene che il vero disegno della Lega Nord – ma in realtà anche di un’aggregazione più ampia, anche di ricercatori e studiosi del Nord, appartenenti anche ad altri partiti – era quello di arrivare ad una macroregione del Nord, che in qualche modo sostituisse, peraltro con il vantaggio di continuare ad avere una colonia interna, che è il Mezzogiorno, il progetto iniziale che vedeva nella secessione il raggiungimento dell’obiettivo bossiano.

Adesso che il disegno comincia ad essere chiaro, anche a chi riteneva che si chiudesse la partita dando il contentino alla Lega, in modo da tenere unita e coesa la maggioranza, le preoccupazioni cominciano a nascere.
Perché il contentino si sta rivelando estremamente pericoloso per la coesione nazionale e, si teme, molto costoso per il consenso nei territori meridionali. Soprattutto per i tre partiti della maggioranza che continuano ad avere lì una base elettorale importante.

Inizialmente le voci contrarie del centrodestra sono state molto isolate. Si pensi che solo tre deputati vicini a Roberto Occhiuto si sono rifiutati di votare a favore del ddl Calderoli. Cannizzaro, Mangialavori e Arruzzolo. E il presidente della Regione Calabria si trovava solo, anche all’interno del partito, sulla posizione critica rispetto all’Autonomia. Che, dichiarava, sarebbe potuta andare avanti solo quando i Lep sarebbero stati individuati e finanziati.

Cosa estremamente difficile considerato che il costo dell’equità territoriale nei diritti di cittadinanza di base, come sanità, scuola infrastrutturazione è molto elevato. Poi in un secondo momento fece propria la posizione di Occhiuto anche il segretario del partito Tajani. Che insediò un comitato per monitorare l’andamento di tale legge e non perdere di vista le problematiche che faceva sorgere.

Ma approvata la legge, che in molti consideravano fosse solo una bandierina da sventolare per accontentare i leghisti più duri e puri, ci si rese conto invece che Zaia, Fontana, Cirio, insomma tutto il Nord di destra, facevano sul serio. Ed erano pronti a intavolare le trattative per alcuni temi che sembravano irrilevanti, ma che si sta vedendo che sono estremamente importanti.
E allora vengono fuori i distinguo: Tajani che afferma che il commercio estero non può essere parcellizzato e gestito da 20 regioni. Ieri Musumeci che in una intervista, poi in parte sconfessata, evidenziava che la protezione civile ha esigenze di interventi che solo il governo centrale può consentirsi. In termini di risorse ma anche organizzativi.

Si potrebbe dire che i nodi vengono al pettine. E che lo stupore di chi non capiva come mai partiti come Fratelli d’Italia e Forza Italia, con un consenso raccolto a livello nazionale e con una mission che valorizzava l’idea di Paese unito, potessero accettare una legge che invece andava in una direzione che molti hanno chiamata Spacca-Italia, era dovuto alla convinzione che in realtà si stesse facendo il gioco delle parti.
Da un lato la Lega aveva il suo contentino e la sua bandierina da sventolare sui campi di Pontida, a due passi da Bergamo. Dall’altro rimaneva tutto invariato e quindi nessuno avrebbe disturbato il manovratore.

Ora che gli inviti a stare calmi e ad aspettare vengono rinviati al mittente, in particolare dal gruppo Veneto con Zaia in testa, con una determinazione inaspettata, solo da alcuni, e con la motivazione che c’è una legge che va applicata, ci si trova davanti a difficoltà non previste. E si invocano tavoli diversi da quelli previsti dalla legge, per fare in modo che i passaggi successivi non diventino quasi automatici.

Ma l’affermazione di Salvini che dice “Indietro non si torna” evidenzia la volontà precisa di non interrompere il processo. Quindi intanto si va avanti con le materie dove non sono previsti i Lep. E per le altre si trova un sistema per cui il livello di tali servizi “essenziali” sia tale da essere compatibile con la legge. Che prevede che avvenga tutto a costo zero per il bilancio dello Stato.
L’obiettivo è quello che si dia valenza e importanza a un concetto assolutamente anticostituzionale. Che è quello del residuo fiscale, unico modo per mantenere quella spesa storica che ha consentito finora l’esistenza di cittadini di serie A e di serie B. Con spesa pro capite per ciascuno di loro, nella sanità, nella formazione, nella infrastrutturazione, diversa, e alcune volte dimezzata, rispetto alle regioni più favorite.

È evidente che per avere gli stessi livelli di prestazione, meglio sarebbe livelli uniformi, che sono alla base di uno Stato unitario, nel quale l’equità territoriale è la base da cui partire, come quella della progressività del prelievo fiscale, che prescinde dal territorio in cui si nasce e e si lavora, sono necessarie risorse che questo Paese non ha e che non riuscirà ad avere se i tassi di crescita continuano ad essere di zero virgola qualcosa e si vorrà tenere il 40% del territorio ed il 33% della popolazione in una posizione ancillare rispetto alla cosiddetta locomotiva, che a stento trascina se stessa.
D’altra parte impegnarsi per far crescere veramente quella che alcuni con molta enfasi chiamano la seconda locomotiva. Ma che in realtà rimane soltanto una un’area a sviluppo ritardato, dove lavora soltanto una persona su quattro. Caratterizzata dai processi migratori tipici delle realtà sottosviluppate, è estremamente impegnativo.

Perché bisogna infrastruttura bene il territorio, lottare la criminalità organizzata per evitare che sia di impedimento all’insediamento di nuove aziende, dare vantaggi fiscali assolutamente consistenti tali da far scegliere alla impresa che arriva dall’esterno, come Microsoft, invece che Milano magari Cosenza, e un cuneo fiscale da azzerare, che pesa sul bilancio dello Stato in modo rilevante. Per far questo bisogna sottrarre risorse alle esigenze di un Nord industrializzato che, correttamente, vuole competere con la Baviera, con il Giappone, con la Cina, che oggi non ha più bisogno dell’alta velocità, già esistente, ma di un treno supersonico con tecnologia Hyperloop, del tubo che faccia spostare a 1200 km orari.

E allora la via di fuga è quella di fissare i Lep a un livello talmente basso da consentire l’attuazione del progetto. Magari inventandosi un diverso costo della vita tra Sud e Nord. Dimenticando che esso non passa attraverso una differenza tra territori, quanto molto più probabilmente tra aree metropolitane e interne, aree agricole e turistiche. E non tenendo presente che alcune carenze di servizi di alcune aree anche se non entrano nel costo della vita Istat appesantiscono i bilanci familiari in modo notevole.

Il Quotidiano del Sud.
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