Meloni si ‘consegna’ all’antimafia: “Bossi, Fini ed io abbiamo fatto una legge criminale”

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Giorgia Meloni, accompagnata dal sottosegretario Mantovano, ieri è andata dal procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e ha parlato chiaro: “Il decreto flussi, da me emanato sulla base della famosa legge scritta da Bossi e da Fini tanti anni fa – ha detto – è un decreto che produce criminalità”.

Perché? La Meloni ha snocciolato i dati. Ha spiegato che solo una piccola parte dei migranti che entrano col decreto flussi trova poi un lavoro regolare (il perché è spiegato molto bene dall’articolo di Gianfranco Schiavone) gli altri, cioè circa il 70 per cento, entra nella zona dell’immigrazione irregolare, e quindi è ricattabile e finisce nelle mani della malavita.

Dunque – dice Meloni a Melillo – bisogna indagare, scoprire, punire, cacciare. Ha ragione Meloni? Basta essere chiari su cosa si intende per malavita. La grandissima maggioranza degli immigrati irregolari finisce nelle mani degli sfruttatori.

Che li fanno lavorare con salari bassissimi. Loro – gli sfruttatori – sono la malavita. Non gli immigrati che lavorano per loro sotto ricatto. Poi, sicuramente, c’è una piccola percentuale che viene fagocitata dalla malavita, ma è una piccola percentuale. Quindi, chiariamo le cose.

Primo, Giorgia Meloni finalmente riconosce che il problema dell’immigrazione irregolare non sta nell’arrivo dei gommoni. Smontando la favola salviniana della necessità di difendere i confini.

Non è dal mare che arriva la maggioranza degli irregolari, e dunque la politica del governo – incentivare gli annegamenti come deterrente per nuovi arrivi – è una politica nefasta e inutile (e anche un po’ assassina).

Secondo, Giorgia Meloni ammette che la Bossi Fini – adottata da decine di governi d’ogni colore – è una legge folle e che va smantellata.

Terzo, Giorgia Meloni adombra l’ipotesi di responsabilità del suo e di precedenti governi nel favorire e nell’aver favorito gli interessi della mafia, consegnando alla mafia un certo numero di irregolari per via del blocco dell’accoglienza e dell’assistenza (non si tratterà mica, stavolta, del reato di concorso esterno in associazione mafiosa?).

Quarto, tutta la politica di respingimenti attuata negli ultimi vent’anni è una politica criminogena. Dunque illegale e pericolosa.

Quinto, occorre una svolta immediata: innanzitutto è urgentissima la legalizzazione di tutti gli immigrati illegali, in modo da liberarli dal ricatto della mafia e dei datori di lavoro che abbiamo definito – seguendo la logica della Meloni – malavitosi, e restituendo loro serenità e libertà.

Sesto, è urgente di conseguenza anche chiudere i Cpr e liberare le persone illegalmente detenute al loro interno.

Settimo, bisogna organizzare una politica di accoglimento che permetta ad alcune centinaia di migliaia di nuovi immigrati di entrare in Italia in modo legale e senza rischiare la vita, per venire incontro alle esigenze indicate appena tre giorni fa dal governatore della Banca d’Italia.

Poi ci sarebbero un altro paio di cose da fare. Ve le dico, ma premettendo che sulla seconda non sono d’accordo. La prima cosa da fare è rimuovere i ministri che hanno guidato sin qui la politica dei respingimenti.

Fondamentalmente l’onorevole Salvini e il ministro Piantedosi. Che non sono compatibili con una ragionevole politica di accoglienza. Sarebbe ragionevole sostituirli con due esponenti dell’organizzazione “Ero straniero”.

Seconda cosa da fare, perseguire e mandare a processo tutti i ministri e i vari responsabili delle leggi criminogene e dei respingimenti, a partire da Bossi e da Fini (ma su questo punto, sulla base delle nostre profonde convinzioni garantiste, il nostro dissenso è pieno).