Mimmo Lucano e Ilaria Salis: eroi non conformi in un mondo banale

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È una bella condizione quella che ti permette di astrarti dal mondo che ti circonda e allo stesso tempo di vederne ingranditi come al microscopio i dettagli più piccoli, con tutte le loro preziose sfumature e unicità. È come quando assumi il peyote, e ti fai accompagnare nel viaggio da uno sciamano interiore con il quale non sapevi di convivere. Oggi, all’indomani delle elezioni europee, mi risuona l’effetto peyote, anche senza aver bevuto nessun thè magico, come mi capitò tanti anni fa. Guardo questo mondo disegnato dagli uomini, così da lontano, distaccato, da poterne quasi avere pietà: le fragilità, le paure, l’arroganza, la sete di vendetta, l’odio, l’ubriacatura di potere, il sentirsi “come Dio”. Tutto mi appare un’inutile agitarsi spasmodico, schizofrenico, come i criceti con la ruota. Le percentuali, le strategie, il successo e la disfatta, la vittoria, la sconfitta, tutto ridotto a doggybag: “scusi, me lo incarta che lo porto a casa?”.

Ognuno si porta a casa ciò che vuole: terribile onda nera, eroica Resistenza, grande affermazione, non si è capita la proposta. Colpa di quello che ha aperto la strada a quell’altra. Pericoli, apocalisse, miracoli e tenebre, tutto dentro la doggybag, per del cibo avanzato che porti a casa e non lo darai al tuo cane. Perché manco ce l’hai il cane. Quelli che partecipano, “e sono inconsapevoli servitori del sistema”, e quelli che non vanno che “utili idioti dei nazisti dell’Illinois”. Guardo, come guardavo lì disteso su quella spiaggia in Salento, le nuvole assumere le forme di un drago, o gli alberi che si abbassano fino a guardare dritto negli occhi un pesce, che ha attirato la loro attenzione nuotando in superfice. Tutto si muove eppure sta fermo, tutto cambia ma la sostanza di cui è fatto lo richiama subito a rientrare nei ranghi. Un caleidoscopio di colori e forme chiuse in tubo.

Ma poi il mio sguardo si fissa su un particolare. Una formica, e riesco a vedere come muove le antenne, anche se ora sono in piedi e lei è in fondo, in una minuscola crepa della terra. Si muove come in un canyon, e capisco quanto sia enorme per quegli occhi. Che impresa straordinaria si appresti a compiere nell’attraversarlo. Di queste elezioni vedo la liberazione di una prigioniera politica, mostrata al mondo come il simbolo in catene del potere assoluto sulla “nuda vita”, come una impresa straordinaria. Anche Mimmo Lucano, anche tutti e tutte gli altri e le altre, sono cose buone. Ma questa di liberare dal carcere, dal totale controllo dispotico, violento ed arrogante, una condannata predestinata, è la mia formica. È quel mondo non autorizzato, che si fa strada in mezzo a quell’altro mondo, che cambia forma ma non sostanza, quello che mi interessa davvero.

Essere in questo mondo ma non di questo mondo. Il “dettaglio” non entra nei titoloni dei giornali e nelle statistiche. Prendo il caleidoscopio e rompo il tubo, un pezzetto di vetro colorato cade in mare. Immagino l’effetto con la luce del sole, attraverso l’acqua, mentre scende verso la sabbia. Il “Dio delle piccole cose” è venuto a trovarmi stamattina. Ha svegliato il mio sciamano del peyote, e ho potuto vedere la grandezza del piccolo, e la fragilità del gigante. Le tenebre ci sono, e non dipendono da nessuna percentuale. Dipendono dalla nostra umana incapacità di vedere un mondo che contiene molti mondi. Di lavorare sull’errore, sull’anomalia, perché possano esistere e riprodursi, anche nelle condizioni più avverse, anche sulle rovine e sulle macerie. Come il fungo alla fine del mondo di Anna Tsing. Sono contento. Lo sciamano è in forma oggi.