Naufragio di Cutro, D’Agostino: «unico errore fidarci della Guardia di finanza»

Naufragio di Cutro, D’Agostino: «unico errore fidarci della Guardia di finanza»

Il Quotidiano del Sud
Naufragio di Cutro, D’Agostino: «unico errore fidarci della Guardia di finanza»

Naufragio di Cutro, le dure affermazioni di D’Agostino e Sciarrone al pm. Per i vertici della guardia costiera «Il mare era praticabile»

CROTONE – «Ritengo che il nostro unico errore sia stato quello di fidarci della Guardia di finanza che ci ha dato informazioni mendaci». È la dura affermazione del capitalo di vascello Gianluca D’Agostino, capocentro operativo nazionale dell’Imrcc di Roma, durante l’interrogatorio a sommarie informazioni condotto dal pm Pasquale Festa, che ha indagato sul naufragio di Steccato di Cutro in cui nel febbraio 2023 sono morti un centinaio di migranti. In un primo momento, però, lo stesso D’Agostino aveva condiviso la valutazione di Frontex sulle condizioni di sicurezza in cui navigava l’imbarcazione.

Naufragio di Cutro, la versione di D’Agostino

La sera del 25 febbraio, D’Agostino era venuto a conoscenza della traversata del caicco Summer Love poiché l’ufficiale d’ispezione in servizio, Francesca Perfido (indagata), aveva girato la segnalazione corredata dalla foto di Frontex secondo cui non vi erano segnali di allarme. Per D’Agostino era corretta pertanto l’applicazione operativa dell’accordo interministeriale del 2005, cioè che l’operazione dovesse considerarsi di polizia. «Ritengo ancora oggi – ha precisato durante l’interrogatorio – che non vi fossero i presupposti per l’attivazione del piano Sar in quanto non vi erano circostanze effettive e chiare, quali una telefonata di soccorso o altro, idonee a far sorgere situazioni di incertezza sullo stato dell’imbarcazione e la sicurezza delle persone a bordo».

Naufragio di Cutro, gli errori di quella notte

Come già riferito nell’edizione del 12 agosto dal Quotidiano, che ha avuto modo di ripercorrere una lunga serie di conversazioni (anche private) che documentano ritardi e inerzie, nelle chat dei sei ufficiali imputati si assiste a un rimpallo di responsabilità tra Guardia di finanza e guardia costiera per circa cinque ore.

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 «So migranti, un mesetto tranquillo», direbbe uno dei finanzieri non indagati durante lo scambio di informazioni con i comandanti. «In realtà non si è visto nessuno ma è una barca tipica, il flir (rilevatore termico, ndr) è tutto nero». Il sospetto che ci fossero persone a bordo era più che concreto, insomma. Inoltre, la Finanza non ha informato per tempo delle difficoltà di navigazione per le cattive condizioni meteorologiche, e ha “passato la palla” quando era troppo tardi. Quando la Capitaneria riferisce che «se non hanno una richiesta di aiuto da bordo non intervengono». La vedetta V 5006 della Sezione operativa navale di Crotone della Guardia di finanza, dipendente dal Roan di Vibo, aveva dovuto invertire la rotta per il mare forza 4 con vento di burrasca da sud forza 7 e con previsioni in peggioramento

IL RUOLO CHE DOVEVA SVOLGERE IL ROAN DI VIBO

Proprio il Roan (Reparto operativo aeronavale) di Vibo Valentia avrebbe dovuto monitorare il “target” per poi intervenire direttamente alle 12 miglia delle acque territoriali al fine di valutare le condizioni di sicurezza del natante e delle persone a bordo, secondo quanto previsto dal decreto ministeriale del 14 luglio 2003, dall’Accordo tecnico-operativo del 14 settembre 2005 e dal tavolo interministeriale del giugno 2022.  Alla fine, il pattugliatore Barbarisi del Gan di Taranto (Gruppo aeronavale) intraprese la navigazione soltanto all’ultimo momento utile, e cioè alle 2:05, per intercettare il caicco in prossimità della costa e non all’ingresso delle acque territoriali. Il caicco segnalato da Frontex avrebbe peraltro potuto essere avvistato col sistema radar in dotazione alla Guardia di finanza, che sarebbe stato in grado «in astratto» di monitorare obiettivi fino a 96 miglia. Anche se i sistemi erano in realtà tarati fino a 12 miglia.

Naufragio di Cutro, la versione di Sciarrone

Analoga la testimonianza del contrammiraglio Giuseppe Sciarrone, comandante della Direzione marittima di Reggio Calabria. Quando il pm gli chiede cosa avrebbe fatto la Capitaneria se avesse saputo delle difficoltà di navigazione delle unità delle Fiamme gialle, il contrammiraglio precisa che «la Guardia costiera calabrese pretende che se viene comunicato che una barca della Guardia di finanza è in mare, deve essere nella zona delle operazioni e qualsiasi ulteriore modifica venga comunicata all’Icc e a noi». Insomma, sapendo per tempo delle difficoltà di navigazione, «è ovvio – ha aggiunto Sciarrone – che avremmo immediatamente disposto l’impiego della nostra unità anche perché la Guardia costiera non può consentire lo spiaggiamento di un’imbarcazione».

C’è di più. Per il contrammiraglio il mare era «praticabile». «Dopo alcune ore dal naufragio di Cutro andammo in Prefettura e apprendemmo che il mare quella sera era di una forza inaudita. Ciò non è vero, posso dire che avendo noi operato con la “700” (la motovedetta della guardia costiera, ndr) potevamo confidare che le imbarcazioni della guardia di finanza erano in grado di navigare».

Il Quotidiano del Sud.
Naufragio di Cutro, D’Agostino: «unico errore fidarci della Guardia di finanza»

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