Parla Eric Jozsef: “La Francia rischia la catastrofe”

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Eric Jozsef, storico corrispondente in Italia di Libération: i risultati definitivi del primo turno delle elezioni politiche in Francia danno l’estrema destra al 31% (Rassemblement National di Marine Le Pen 29,2% più i Républicains di Eric Ciotti); il Nouveau Front Populaire delle sinistre al 27,9%; Ensemble della maggioranza presidenziale uscente 20%; i Républicains anti-Ciotti al 6,5%; i Divers Droite al 3,6%. Quale lettura politica complessiva di questo risultato?
Questo primo turno dice che l’estrema destra è solidamente il primo partito in Francia. Va sottolineato che c’è stata una partecipazione al voto molto forte, il 66,7% degli aventi diritto, 20 punti in più rispetto alle legislative del 2022, una partecipazione che non si registrava dal 1981. Tanti cittadini hanno avvertito la gravità del momento e si sono mobilitati per far sì che non vi fosse una valanga ancora più possente dell’estrema destra. In generale, questa tornata elettorale certifica l’esistenza di 3 poli: il polo dell’estrema destra, il polo centrista e il polo della gauche. Il dato di novità, negativo e che spero vivamente possa essere superato, è che mentre in passato c’era una convergenza al secondo turno tra il popolo centrista e quello di sinistra per evitare la vittoria dell’estrema destra, stavolta questo sta saltando, con il rischio di arrivare al secondo turno del 7 luglio con una maggioranza assoluta dell’estrema destra.

Proprio su questo: “Abbiamo sette giorni per evitare alla Francia una catastrofe”: lo ha detto il leader di Place Publique, parte del Nouveau Front Populaire Raphael Glucksmann, commentando l’esito del primo turno delle elezioni politiche francesi.
È così. La vittoria dell’estrema destra in Francia non sarebbe indolore. È una estrema destra che ha una tradizione politica che ha cercato di nascondere, anche portando alla ribalta un personaggio come Jordan Bardella, presidente del Rassemblement National, un giovane ventottenne, molto comunicativo, che non può essere collegato alla vecchia famiglia Le Pen, una famiglia i cui legami con la tradizione dell’estrema destra è chiara a tutti i francesi. Il RN ha presentato un volto nuovo, per far credere che è una destra nuova, nazionale, e non più l’estrema destra ideologica e revanscista. In realtà, la matrice resta la stessa, ed è fondata sull’esclusione, la stigmatizzazione dello straniero e degli stessi francesi binazionali che sono più di 3,5 milioni. Nel gennaio scorso, il Rassemblement National ha presentato un progetto di legge per impedire ai cittadini con due nazionalità di accedere ad alcune funzioni pubbliche, il che significa normare cittadini di serie A e di serie B. Una estrema desta che fino a pochi mesi fa era molto legata a Putin. La Russia era il banchiere di Marine Le Pen. Una estrema destra favorevole all’uscita della Francia dal Comando integrato della Nato; una estrema destra che ritiene che il diritto europeo vada sottomesso al diritto francese. Se fosse applicato porterebbe ad una sorta di “Frexit”. Dice bene Glucksmann: si rischia una catastrofe in un Paese che ha già grandi tensioni sociali, tensioni tra comunità; un Paese che ha vissuto attentati islamici da diversi anni, un Paese che ha una popolazione di confessione musulmana, tra i 6-7 milioni di persone, che viene stigmatizzata dai discorsi xenofobi del Rassemblement National. Quando si parla di catastrofe, non è fare retorica. Se dovesse vincere l’estrema destra in Francia, entreremo in una situazione densa di incognite, sconosciuta finora, e molto pericolosa.

Un dato interessante, nell’analisi sul voto, è che la maggioranza dei giovani si sarebbe indirizzata a sinistra. È un segnale di speranza?
Un segnale di speranza, certo che sì, ma che di per sé non basta a rassicurare, perché anche per la “Brexit” i giovani inglesi avevano votato per rimanere nell’Unione Europea, anche negli Stati Uniti i giovani votano per evitare le derive estremiste di Trump. I giovani sanno benissimo dov’è il loro futuro e che le proposte politiche che rischiano di essere premiate confliggono con i loro interessi. Elemento di speranza, sì, intanto, però, occorre cercare nella stringente emergenza di evitare la catastrofe.

Da profondo conoscitore e narratore per Libération delle vicende italiane, che lezione dovrebbe trarre, a suo avviso, il centrosinistra italiano dal voto francese?
C’è una cosa sopra ogni altra che il centrosinistra italiano, e non solo italiano, dovrebbe prendere in considerazione: siamo di fronte a cambiamenti storici, epocali, in termini di capacità della politica di influire sui problemi dei cittadini. Cambiamenti economici, sociali, geopolitici, climatici, tecnologici di fronte ai quali la sinistra dovrebbe prendere coscienza che è soltanto al livello europeo che si possono dare rassicurazioni e proteggere i cittadini. Gli strumenti dell’azione politica che dovrebbero essere alla base dell’iniziativa della sinistra, possono passare soltanto al livello europeo. Se non facciamo questo salto che non è solo politico ma di mentalità, diamo campo alla demagogia dell’estrema destra, che non ha soluzioni ma ha l’indubbia capacità, attraverso la sua narrazione, di rassicurare i cittadini dicendo che esistono soluzioni nazionali che passano per la stigmatizzazione dell’altro da sé, l’emigrante etc, e per una visione “demonizzante” dell’Europa. La destra è maestra nel trovare capri espiatori. L’altra lezione per il centrosinistra è che c’è un bisogno, politicamente vitale, di esseri uniti. Capire la gravità della situazione e che non è tempo di fare dei giochi politici, personalistici. È tempo di fare davvero il “campo largo” sulla base dei valori condivisi, altrimenti non ci sarà più campo.