Perché Israele è in rivolta contro Netanyahu: grande manifestazione contro la guerra

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L’altra Israele ha una data cerchiata in rosso: 1° luglio. Il “giorno della verità”. Il giorno di quella che si preannuncia, come la più partecipata manifestazione per la pace nella storia dello Stato ebraico. L’appuntamento è nella grande piazza nel cuore di Tel Aviv, la piazza intitolata all’uomo che per aver “osato” la pace con i palestinesi fu assassinato da un estremista di destra israeliano. La piazza Yitzhak Rabin. Un appuntamento con la storia che vede partecipi anche organizzazioni ebraiche della diaspora. Negli Stati Uniti, in Europa, in Italia.

Il salvabile è ancora salvabile? Appello di Maiindifferenti-Voci ebraiche per la pace. “Il livello di violenza e crudeltà in Palestina, nella striscia di Gaza e in Cisgiordania, ha oltrepassato da molto tempo ogni limite. Ci eravamo espressi a gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, e lo facciamo di nuovo, a distanza di cinque mesi, perché l’inerzia e l’indifferenza di fronte alla strage della popolazione palestinese decimata e affamata è insopportabile. Da mesi, la risposta di Israele all’aggressione di Hamas si è trasformata in guerra di sterminio contro il popolo palestinese. L’azione del governo Netanyahu sta infliggendo al Paese un vulnus che peserà per generazioni. Il nome stesso di Israele, già compromesso, desta ora ostilità e disprezzo crescenti nel mondo, crea isolamento e insicurezza, e fomenta antisemitismo. Crediamo che mai come ora spetti agli ebrei della diaspora e a chiunque abbia a cuore il futuro di Israele e dei palestinesi appoggiare le donne e gli uomini che in Israele, da settimane, si vanno ormai mobilitando non più solo per la liberazione degli ostaggi, ma chiedendo anche le dimissioni del governo Netanyahu. Sosteniamo gli israeliani che vogliono uscire dal tunnel di strage e distruzione in cui è stato trascinato il Paese. Si cessi il fuoco immediatamente e sia adottato un piano che ponga fine alle sofferenze, ora”.

Dice a l’Unità Stefano Levi Della Torre, tra i promotori dell’appello: “Yehudim ‘arevim zeh la zeh, gli ebrei sono implicati gli uni con gli atri. Che lo si voglia o no, anche chi non è israeliano e neppure sionista risente nella sua vita di ciò che accade in Israele: c’è una responsabilità reciproca, e dunque il diritto e la responsabilità di prendere posizione. Tanto più di fronte a questa guerra catastrofica, che fa strage del popolo palestinese e degrada Israele, esponendolo all’ostilità del mondo non solo pregiudiziale ma anche giustificata. C’è chi pensa che per la sua sopravvivenza Israele debba essere appoggiato qualunque sia la sua politica e c’è chi pensa che per la sua sopravvivenza debba cambiare radicalmente strada ed aprire con il popolo palestinese una prospettiva di coesistenza nella reciproca autonomia e pienezza di diritti. Per questo e per amore di Israele e dei diritti umani, il mondo ebraico è diviso. In Israele e in diaspora. Due anime si aggirano in Israele – rimarca Della Torre – Ci sono quelli che riconoscono nell’altro qualcosa di simile al proprio dolore e alla propria angoscia e decidono di operare insieme , e ne è un esempio il “Parents circle”, israeliani che hanno visto figli e figlie uccisi dal terrorismo palestinese e palestinesi che hanno visto figli e figlie uccisi dal fuoco israeliano, e proprio per questo hanno deciso di lavorare insieme per uscire da questa interminabile tragedia; e ci sono coloro che al contrario sono chiusi nella propria angoscia per l’aggressione di Hamas del 7 ottobre 2023 che non sanno vedere lo strazio nell’altro, che non sanno riconoscere il massacro senza fine e ancora peggiore di Gaza. Nel primo spirito noi ci riconosciamo col nostro appello, e vogliamo che sia un saluto dalla diaspora alla grande manifestazione del primo luglio in Israele quando tante organizzazioni si mobiliteranno insieme contro questa guerra e per una svolta nella politica e nello spirito di Israele”.

A scendere in campo con l’Israele che si oppone alla guerra, sono anche i pacifisti italiani. Sottolinea Rete Italiana Pace Disarmo (Ripd): “Come abbiamo invocato da tempo, occorre riprendere in mano la pace, ricostruire un grande fronte internazionale di società civile al fianco di israeliani e palestinesi uniti contro la guerra e per la pace giusta, capace di rompere le barriere e gli ostacoli che impediscono di lavorare insieme. Uniti dal reciproco rispetto, dal riconoscimento del diritto dell’altro di esistere in pace ed in sicurezza, con uguali diritti. Insieme per obiettivi condivisi: il cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi e dei prigionieri, il riconoscimento dello Stato di Palestina nei confini del ‘67, la fine dell’occupazione, l’applicazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite, del diritto internazionale ed umanitario. Per questo esprimiamo la nostra adesione e sostegno all’appello che convoca la mobilitazione del 1° luglio a Tel Aviv con la speranza che questa iniziativa apra la strada alla ricomposizione del movimento per la pace in Palestina ed in Israele per costruire, l’alternativa ad una politica xenofoba, razzista, fanatica, capace solo di seminare odio, negare diritti e libertà. È giunto il momento che le ragioni si incontrino. Noi siamo pronti a fare la nostra parte”.

Voci autorevoli si levano da Israele. Annota Carolina Lindsmann, analista di punta di Haaretz: “Israele sta crollando e in ognuno di questi incidenti spicca la figura di una persona. Come è possibile che i suoi sostenitori, che si identificano così fortemente con il concetto di onore, permettano a una persona così disonorevole di calpestare l’onore del Paese, di accusare l’esercito di tradimento mentre combatte per la sua difesa, di distruggere le sue alleanze, la sua posizione e la sua immagine nazionale? La fine dell’era Netanyahu non sarà sufficiente a far risorgere Israele, ma sarà necessaria. Cos’altro bisogna fare perché i dubbi che devono assillare molti, soprattutto dal 7 ottobre, siano abbastanza grandi da far scoppiare la bolla Netanyahu? Ahimè, con così tante persone legate ai social e ai mass media, non possiamo più essere certi che siano in grado di vedere la realtà stessa. Tuttavia, mi rivolgo a voi, i lettori. Guardate Netanyahu negli occhi e chiedetevi: C’è un’anima dietro di essi?”. Yair Golan, ex vicecapo di stato maggiore dell’Idf è un eroe di guerra che ha scelto di essere parte del campo della pace, prima nel Meretz ed oggi, dopo primarie vinte plebiscitariamente, alla guida del Partito laburista israeliano. «Abbiamo bisogno di un cambiamento politico il più presto possibile. E di nuove elezioni. Su questo non ci sono dubbi – ha dichiarato nei giorni scorsi il neoleader laburista – Stiamo lavorando duramente per rafforzare la protesta pubblica contro questo governo, il più estremo e di destra dal ’48, che dal mio punto di vista non rappresenta la maggioranza degli israeliani moderati».

Arie Pellman è stato vicedirettore del servizio di sicurezza Shin Bet e attualmente è membro di Commanders for Israel’s Security. Non è un pacifista, ma non le manda a dire. E inchioda l’avventurismo colonizzatore della destra messianica e ultranazionalista: “La destra estremista e messianica – sottolinea – ha un unico obiettivo dichiarato, che non nasconde: realizzare la promessa divina di sovranità sull’intera Terra d’Israele, indipendentemente dai risultati dell’annessione di milioni di palestinesi. A loro avviso, poiché la strada maestra dell’annessione totale attraverso una legislazione celebrativa è stata bloccata, il caos sul terreno e una realtà sanguinosa possono essere una via di fuga verso l’annessione unilaterale della Cisgiordania. Poiché la situazione politica non consente l’annessione, nemmeno attraverso una decisione di gabinetto, l’unico modo per raggiungere questo obiettivo è con il sangue e il fuoco – smantellando l’Autorità Palestinese e creando un vuoto di potere. Ci stiamo avvicinando alla fine di questo processo. Il loro cinismo non conosce limiti. Le Forze di Difesa Israeliane sono sotto attacco da parte dei politici, che chiedono sempre più risorse per proteggere i coloni, nonostante la chiara consapevolezza che non c’è alcuna protezione ermetica nella realtà impossibile che loro stessi hanno creato – una realtà in cui israeliani e palestinesi sono pressati l’uno contro l’altro ogni giorno. I militari sanno anche bene che l’impiego di tattiche di distruzione, uccisioni e pressioni costanti – frutto della mente febbrile di politici per lo più privi di una reale esperienza in materia di sicurezza – non farà altro che accrescere i ranghi delle reclute terroristiche. In un momento in cui gli israeliani sono (giustamente) concentrati sulla lotta contro la distruzione della democrazia israeliana, la minaccia alla visione sionista rappresentata dagli estremisti messianici che controllano la politica in Cisgiordania sta diventando realtà. Il ritmo degli eventi non consente di affrontare queste due minacce in sequenza. È essenziale fermare gli annessionisti irresponsabili prima che ci costringano tutti a una realtà violenta dalla quale non c’è via d’uscita”. Tante voci per una grande manifestazione.