Perché Salvini si è scagliato contro Mattarella: il flop del capitano e la retromarcia

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“Sono molto contenta che Salvini abbia chiarito. Soprattutto il 2 giugno bisogna evitare le polemiche”. La premier chiude così la querelle che ha infiammato il weekend.

Salvini aveva diffuso l’atteso chiarimento già dal mattino sparando le pompe anti-incendio alla massima potenza. Il capo leghista fa il possibile per spegnere le fiamme appiccate dal collega leghista Borghi con quelle parole non certo ingenue sull’opportunità delle dimissioni di un capo dello Stato che ritiene la sovranità europea superiore a quella nazionale: “Nessuna polemica con Mattarella che ha il rispetto mio e della Lega e che è il garante della Costituzione che ripudia la guerra”.

La frecciata c’è, sulla guerra, ma nella sostanza il capo leghista tira a non apparire come l’anti Mattarella. Assicura che la telefonata in cui, secondo numerose testate, la premier gli avrebbe chiesto di correggere e stemperare le polemiche con Mattarella e il suo europeismo, non è mai esistita, e incidentalmente è molto probabile che abbia ragione.

Per la prima volta fissa il suo paletto per cantare vittoria nel prossimo week-end: anche un solo voto in più rispetto al 2022. Dato che sino a una settimana fa la Lega era data in picchiata non si può nemmeno dire che giochi sul sicuro.

Già che ci si trova Salvini smentisce anche, e con massimo vigore, la notizia uscita ieri sulle imminenti dimissioni del ministro Giorgetti, che sarebbe interessato invece a un posto di commissario europeo.

Del resto lo stesso diretto interessato, sia pur informalmente esclude la dipartita, ruvido e laconico come sempre: “Resto al Mef. Ho molto lavoro da fare. Vi sembro stanco? Sono una bestia”.

La voce non aveva comunque soverchia credibilità ma il solo fatto che abbia circolato e sia arrivata su qualche prima pagina rivela che il disagio del ministro dell’Economia, di cui si parla ormai da mesi, è probabilmente reale.

Il tentativo salvininano di ricucire con Mattarella non è facile con tutta l’opposizione che lo strattona da quella parte, prendendosela quasi più con Meloni per non averlo sconfessato che con lui, e anche qualche compagno, sia di partito che di coalizione che ci mette del proprio.

Vannacci, per esempio, ma anche lo stesso Borghi: “Ho riportato al centro della campagna elettorale il vero tema, che non è destra e sinistra ma chi vuole più e chi meno Europa”.

Ma anche Tajani si guarda bene dal minimizzare: “La nostra posizione è distinta e distante da quella della Lega. Io mi sento un patriota sia italiano che europeo”, si smarca quanto più fragorosamente possibile Tajani.

FdI, presa in mezzo, stempera soprattutto sull’incresciosa faccenda delle dimissioni. “Se Salvini conferma piena fiducia al capo dello Stato penso che valga anche per Borghi”, liquida il caso La Russa. “Dimissioni del presidente? Non mi pare che il tema sia all’odg”, taglia cortissimo Fitto.

Alla messe di dichiarazioni di cui sopra va sommato il nutrito plotone dell’opposizione che si scatena per il proditorio attacco contro il capo dello Stato, come se invocarne le dimissioni, pur se a sproposito, fosse lesa maestà invece che esercitare un diritto sacrosanto.

Nel complesso è solo campagna elettorale ma con qualche sguardo rivolto anche al futuro, oltre la soglia del prossimo weekend. Il Pd non perde di vista il referendum sul premierato, la prova in cui anche il Pd si giocherà tutto.

Un attacco leghista a Mattarella era l’occasione d’oro. Per lo stesso motivo FdI vuole evitare a ogni costo polemiche che coinvolgano Mattarella.

E la premier, anzi, contrattacca e rilancia: “Vedo un tentativo continuo di tirarlo nell’agone della politica raccontando presunte divergenze con il governo. Al fondo di questa strategia c’è il fatto che quando all’inizio volevamo fare il semipresidenzialismo alla francese aveva deciso, per bloccare la riforma, di trincerarsi dietro il capo dello Stato. Quando ho deciso, raccogliendo la loro indicazione, di cambiare riforma non hanno fatto in tempo a cambiare strategia e continuano a trincerarsi dietro la difesa di un capo dello Stato i cui poteri non sono stati toccati”.

È una versione tirata per i capelli anche questa. È propaganda elettorale anche questa, però per il referendum, non per le europee. Ma a quel referendum mancano un paio d’anni, la riforma non è ancora stata approvata in prima lettura, non si dovrebbero escludere modifiche delle quali il testo attuale necessiterebbe come dell’ossigeno. Per partire con la sfida elettorale, come stanno facendo sia Elly che Giorgia, è un po’ presto. O dovrebbe esserlo.