Prigioni per migranti in Albania, Meloni sfida Corte Europea e tribunali: il derby con Salvini sulla pelle di chi affoga

RMAG news

Non lasciare a Matteo Salvini tutta la scena libera nella guerra ai migranti. Che non sia solo lui a poter dire: io difendo i confini e me ne frego se i giudici mi accusano di violare la legge. Andare allo scontro con la magistratura italiana ed europea per poter rivendicare, da presidente del Consiglio, di difendere le frontiere italiane dall’invasione degli africani (che poi sono spesso siriani e iracheni, ma sempre “orbe terracqueo” è e non si vada troppo per il sottile).

È questa la linea di Giorgia Meloni. A testa bassa contro le sentenze sui diritti dei naufraghi e gli obblighi del soccorso in mare per potersi ritagliare lei uno strapuntino da cui urlare più forte di Salvini e non lasciare che sia solo lui a capitalizzare il consenso nel teatro dello scontro con la magistratura da brandire a caccia di voti razzisti. Salvini chiama i leghisti in piazza il 18 ottobre a Palermo contro i giudici nel giorno in cui la sua avvocata Bongiorno parla nell’aula bunker per difenderlo dall’accusa di sequestro di persona? Bene, il principale problema di Giorgia Meloni è che non si possa dire che lei è da meno. E via allora alla prima deportazione illegale in Albania.

Nonostante sia palesemente illegale da parte dell’Italia portare a forza migranti nei centri di detenzione fatti costruire in Albania. Nonostante una sentenza della Corte europea di giustizia stracci la lista dei Paesi considerati dal nostro governo “sicuri” e quindi demolisca la possibilità di rimandare qualcuno in quei paesi con una procedura accelerata d’esame delle domande d’asilo, pretesto tecnico sul quale l’intera impresa d’Albania è stata costruita. Nonostante anche il rischio concreto di “danno erariale”, perché l’impresa d’Albania è una festa di milioni che volano e farla partire contro la legge gratis non è, Giorgia Meloni la prima nave carica di migranti destinati alle nostre celle albanesi ieri l’ha fatta salpare ieri lo stesso. E che nave!

Salpata la prima nave di migranti: storia della Libra

La Libra, la nave militare coinvolta nella strage dell’11 ottobre 2013. Coinvolta nell’affondamento di un gommone stracarico dopo che per preziose ore le autorità italiane e maltesi si erano rimpallate il dovere di intervenire per salvare 268 persone, tra cui 60 bambini. Lo Stato per quella strage è stato considerato responsabile. Civilmente. Dalla Corte d’Appello di Roma su ricorso delle parti civili. La sentenza è del 25 giugno scorso. Dopo che si era estinto, per prescrizione dei reati formulati, il processo a carico, tra gli altri, del Comando in capo della squadra navale della marina e del responsabile del Centro coordinamento soccorsi della Guardia costiera di Roma.

Sulla Libra in navigazione verso l’Albania ci sarebbero solo maschi. Vengono dal Bangladesh e dall’Egitto. Due dei Paesi che Roma vuol considerare a forza sicuri e che la Corte di giustizia Ue ha appena spiegato che sicuri non sono, perché un Paese o è sicuro per tutte le categorie di persone presenti sul suo territorio o sicuro non può essere considerato tale. Ci sono a bordo solo maschi e non vulnerabili, fa sapere il governo. Considerati non vulnerabili da chi? E su quali basi, visto che la lista dei Paesi considerati sicuri è da stracciare?

Da informazioni circolate ieri, impossibili da verificare, parrebbe che a bordo dalla Libra ci sia personale dell’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati. Se la presenza dell’Unhcr a bordo fosse confermata sarebbe gravissima. Pare ci siano accordi tra l’agenzia e il governo per fare monitoraggio nelle fasi di screening prima dell’ingresso nelle celle in Albania. Urgente sapere se davvero l’Unhcr c’è sulla Libra e cosa esattamente ci stia a fare. Si sapeva di una convenzione stipulata dall’agenzia con il governo italiano, ma mai è stato reso noto che l’agenzia dell’Onu a tutela dei rifugiati avrebbe collaborato con il governo italiano a deportare persone che non hanno commesso nessun reato in celle fatte costruire dal governo italiano in Albania per sottoporle lì a una procedura accelerata di respingimento che qualsiasi giudice italiano chiamato a convalidare avrebbe l’obbligo di respingere, come la Corte Ue ha appena esplicitato.

Accolto il fermo illegittimo: Geo Barents liberata

Nel frattempo è successo anche che la nave di Msf, la Geo Barents, fermata con doppio provvedimento amministrativo secondo il decreto Piantedosi, è stata liberata perché il ricorso rapido contro il fermo illegittimo è stato accolto. E che la nave Solidaire, di proprietà dell’argentino Enrique Piñeyro, abbia soccorso 41 persone e, nonostante ne possa ospitare centinaia, sia stata obbligata a dirigersi verso il porto di Salerno per lo sbarco. Il tribunale di Palermo ha respinto nelle ultime settimane il 90% delle richieste di trattenimento di migranti, dopo essere diventato competente sulla materia da pochi mesi, e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, in un’intervista alla Stampa ha parlato di “sentenze ideologiche”.

Piantedosi ha detto anche: “Emerge una tendenza della magistratura di settore su posizioni che non condividiamo proprio in punto di diritto”. “Ogni sentenza ideologica – conclude il ministro – è destinata ad essere travolta. Sia chiaro che non ci faremo scoraggiare da queste decisioni di alcuni tribunali e contiamo di affermare le nostre ragioni con iniziative tutte interne allo stesso sistema giudiziario, impugnandole e portandole al giudizio delle massime giurisdizioni del nostro Paese”. Sulla pelle di chi affoga, la competizione a destra su chi fa la faccia più feroce ai giudici è servita.

 

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