Renzi pronto a rientrare nel Pd: allarme al Nazareno, Italia Viva spaccata

RMAG news

Se si chiede a quelli che nel suo partito lo conoscono meglio cosa ha davvero intenzione di fare Matteo Renzi, la risposta più gettonata è secca: “Rientrare nel Pd”. È un’ipotesi meno fantapolitica di quanto non sembri a una prima occhiata, almeno dal punto di vista dell’ex premier ed ex segretario del Pd. La sterzata unitaria di Renzi era probabilmente la sola via che avesse di fronte dopo la sconfitta definitiva nelle elezioni europee, quella che ha messo fuori gioco ogni fantasia di dar vita a un autonomo polo centrista di dimensioni significative. Ma quella strada, nonostante l’accordo con Elly Schlein, è impervia e in salita.

Tra i parlamentari di Iv, i nomi noti a chi segue le cronache politiche, pochissimi dissentono e sono disposti a seguire Marattin, il più autorevole tra i contrari alla svolta. Trattandosi di parlamentari interessati prima di tutto alla rielezione, il calcolo e l’interesse hanno senza dubbio un peso, anche se non tutto si risolve in questione di opportunismo elettorale. Ma tra i nomi che invece sono noti solo a livello locale, gli amministratori o aspiranti tali, i dirigenti locali che in alcune aree del Paese, soprattutto in Toscana, sono l’essenza di Iv, l’ostilità alla svolta è molto più diffusa. Quella parte di Iv, gli ufficiali non di stato maggiore, guarda invece alla nuova Forza Italia di Antonio Tajani (e Piersilvio Berlusconi). In un partito liberale, di destra moderata e soprattutto attento ai diritti e alle libertà, si riconoscono molto più che non in un Pd che la sterzata “sociale” e sindacale di Elly ha reso in realtà ancor più antirenziano di quanto già non fosse.

E del resto è proprio a figure come loro, sia a livello di politici professionisti che di elettorato, guarda Tajani quando parla della possibilità concreta di sottrarre fette di elettorato al centrosinistra e anche direttamente al Pd. La resistenza interna a Iv fa il paio con quelle esterne, delle quali non sarà facile per Elly avere ragione. Conte ha già ufficializzato il suo veto e, per quanto la rigidità sia in buona parte dovuta alle esigenze di vincere lo scontro con Grillo nella prossima Assemblea costituente, per il leader dei 5S non sarà facile cambiare posizione anche dopo quelle assise. Avs (cioè la sinistra di Fratoianni e Bonelli) la pensa esattamente come Conte e così buona parte del Pd.

La via per il Campo largo non è del tutto sbarrata di fronte a Renzi ma certo non si tratta neppure di un’autostrada a quattro corsie e in ogni caso, se davvero perderà nella manovra pezzi sostanziosi del suo già smilzo partito, il ragazzo di Rignano rientrerà costretto a vagare ai margini del campo con pochissime possibilità di entrare davvero in partita. Il rientro nel Pd risolverebbe molti di questi problemi. La minoranza del Pd è di fatto composta da ex renziani che non hanno mai del tutto rotto i rapporti se non con l’ex segretario almeno con la sua impostazione politica. Renzi si troverebbe un esercito già organizzato e, senza bisogno di acclamazioni ufficiali, si imporrebbe rapidamente nei fatti come leader di quella minoranza: una postazione che gli consentirebbe invece ampie possibilità di gioco.

Le resistenze esterne perderebbero inevitabilmente gran parte della loro forza: una cosa è dire no all’alleanza con un partito come Iv, tutt’altra pretendere di decidere chi può prendere la tessera di quel partito e chi no. Insomma, la mossa del rientro avrebbe senso ed è probabile che Renzi la stia considerando davvero. Ma anche questa strada non è affatto facilmente percorribile. Le resistenze all’alleanza con l’ex segretario all’interno del Pd, all’opposto di quelle all’esterno, verrebbero infatti non indebolite ma rafforzate al massimo e moltiplicate da un eventuale rientro di Renzi. La prospettiva, soprattutto, si ribalterebbe per la segretaria.

Proprio l’abilità che tutti riconoscono a Renzi nelle manovre politiche lo rende infatti non solo un pericolo ma una garanzia di problemi interni per la leader, senza che in cambio possa neppure sperare nella copertura dell’area centrista dell’elettorato, il ruolo che, secondo Bettini, spetterebbe a “una forza centrista intorno al 10%”. Al contrario, il ritorno all’ovile di un figliol prodigo per nulla gradito e festeggiato, sommato all’eventuale spostamento verso Fi di una parte del suo partito, rinvigorerebbe il tentativo di arrembaggio di Tajani. Renzi, insomma, ha giocato la sola carta che gli restasse dopo le europee ma per provare a farla fruttare dovrà provare tutta la sua abilità e non è affatto detto che gli basti.

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