Six Towns la sentenza ribaltata, centinaia di riunioni di massoni a Cosenza

Six Towns la sentenza ribaltata, centinaia di riunioni di massoni a Cosenza

Il Quotidiano del Sud
Six Towns la sentenza ribaltata, centinaia di riunioni di massoni a Cosenza

Six Towns, al summit a casa del boss Grande Aracri, Marrazzo raccontò di aver partecipato a centinaia di riunioni di massoni a Cosenza

BELVEDERE SPINELLO – «Ho partecipato a centinaia di riunioni dei massoni di Cosenza». Lo diceva Sabatino Marrazzo, detto “il massone”, figura cerniera tra clan e grembiuli e presunto contabile della cosca egemone nella Valle del Neto, il territorio a cavallo tra le province di Crotone e Cosenza. Lo diceva nel corso di un summit nella tavernetta del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri, col quale condivideva la comune appartenenza alle logge.

C’è anche questa conversazione intercettata tra quelle valorizzate dalla Corte d’Assise d’appello bis di Catanzaro che ha depositato le motivazioni della sentenza Six Towns, filone del rito abbreviato, con cui viene ribaltato il precedente verdetto e sono riaffermate le condanne disposte in primo grado per i presunti capi della cosca della terra di mezzo. I supremi giudici annullarono con rinvio le assoluzioni di imputati di spicco come Sabatino Marrazzo, presunto esponente apicale del “locale” di ‘ndrangheta, che in primo grado ebbe 8 anni di carcere. Per lui torna in piedi, dunque, la condanna a 8 anni. Muovendosi nel solco tracciato dalla Cassazione, la Corte d’Appello in nuova composizione ripercorre il «summit di portata organizzativa» svoltosi a Cutro. Summit al quale partecipò anche il fratello Agostino, per il quale è stato, invece, riaffermato l’ergastolo.

SIX TOWNS, CAVALIERI DI MALTA E RIUNIONI DI MASSONI A COSENZA

Marrazzo chiedeva a Grande Aracri se avesse anche lui «l’investitura». E il boss di Cutro confermava di averla, quella dei “Cavalieri di Malta”. «L’ho fatta a Roma, ci hanno dato il tesserino, le spade, il mantello, ci hanno dato tutto». Marrazzo, invece, spiegava che la loggia di cui è esponente «fa parte di Vibo Valentia» ma è presente anche a Crotone e Rocca di Neto, in «30 paesi». «Sono quelli buoni». Marrazzo sosteneva di aver partecipato a «centinaia di riunioni con i massoni di Cosenza».

Per i giudici è certo che quella riunione in cui si discuteva del monopolio esercitato da Grande Aracri nel settore dell’eolico e del lucroso commercio del cippato dimostri l’appartenenza di Marrazzo alla sua cosca. Le questioni trattate riguardavano «gli interessi del sodalizio». Grande Aracri, dopo aver affermato che sulle centrali a biomasse del Crotonese dovevano “mangiare” tutte le consorterie criminali della zona, progettava insediamenti futuri. «A Catanzaro facciamo un’altra biomassa, tanto se ne devono costruire due, il cippato lo prendiamo da chi dite voi». I due fratelli Marrazzo apparivano estremamente interessati e Sabatino Marrazzo diceva: «questo è un fidanzamento, finanziamoci». «Ci sposeremo». Per la Corte, emerge una «lampante propensione a gestire affari in comune».

Il discorso poi si focalizza sulle logge massoniche. Dal «qualificato confronto» fra i due mafiosi emerge, come osserva Grande Aracri, che «lì ci sono alti livelli istituzionali e di ‘ndrangheta». Del resto, il pentito Francesco Oliverio, ex boss di Belvedere Spinello che aveva affidato a Sabatino Marrazzo il ruolo di contabile, sostiene che questi abbia il grado della “santa” e sia anche affiliato alla massoneria.

OMICIDIO IONA

Il processo d’appello bis si è celebrato anche per Agostino Marrazzo, ritenuto esponente di vertice della cosca che aveva giurisdizione sui sei paesi della terra di mezzo. Ma soltanto in relazione all’omicidio per cui era stato in primo grado condannato all’ergastolo. In Appello, essendo stato assolto per il fatto di sangue, la massima pena gli era stata ridotta a 10 anni di carcere. L’ergastolo nei suoi confronti viene pertanto riaffermato per l’accusa di aver agito in concorso con sconosciuti, la sera dell’8 ottobre ’99, a Belvedere Spinello, presso il circolo Oasi verde azzurro, per assassinare Franco Iona.
I giudici ritengono credibile il pentito Oliverio (per lui pena rideterminata da 16 anni e 2 mesi di reclusione a 14 anni e 6 mesi) che accusa Marrazzo quale mandante e riferisce agli inquirenti di aver fatto ricadere su Franco Iona la responsabilità dell’incendio di un capannone di Marrazzo in modo da scatenarne il desiderio di vendetta. Inoltre, descrive la dinamica, i ruoli e il movente «strettamente connesso all’eliminazione di avversari per affermare il proprio potere in un momento di avvicendamento ai vertici del clan».

IL BILANCIO

Tra rito abbreviato e rito ordinario sono già definitive una ventina di condanne. Gli “affari” del clan erano soprattutto narcotraffico e estorsioni. Tra le vittime la società Eni Syndial che gestiva la miniera di salgemma di Belvedere Spinello.

Il Quotidiano del Sud.
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