Stati Generali della Pace: se non ora, quando? Lettera a Papa Francesco

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I problemi non possono essere risolti allo stesso livello di pensiero che li ha generati.
(A. Einstein)

Caro Papa Francesco,
mi rivolgo a Lei, in questa forma semplice e confidenziale, perché, da laico, La considero un maestro spirituale, e come un fratello maggiore, per quanto riguarda le grandi questioni che investono l’umanità: la pace, la guerra, la crescita degli armamenti e il disarmo, la fame nel mondo, la salvezza dell’ecosistema, la dignità delle persone e dei popoli. Le scrivo spinto da una preoccupazione profonda: la “terza guerra mondiale a pezzi” – così da Lei efficacemente definita – sta correndo a trasformarsi nella terza guerra globale. Il conflitto Russia-Ucraina-Nato-Usa e la carneficina dei palestinesi sono la punta dell’iceberg di questa catastrofica tendenza: sullo sfondo sta crescendo l’aggressività Usa nei confronti della Cina. Fra i due Paesi è già in corso la guerra commerciale, di solito foriera di quella guerreggiata.

Se una simile spinta non viene fermata, è facile che si arrivi allo scatto della “Trappola di Tucidide” (una potenza egemone che non tollera, e mira a distruggere, quella emergente). È per questo insieme di fattori – unitamente alla spasmodica ripresa della corsa agli armamenti – che il Doomsday Clock (l’Orologio dell’Apocalisse) segna 90 secondi alla mezzanotte: appena un minuto e mezzo simbolicamente ci separa dall’annientamento dell’umanità. So che di tutto ciò Ella è perfettamente consapevole, a partire dalle Sue importanti encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti.
Ma ora siamo di fronte a un’emergenza radicale e inedita: o l’umanità pone fine alla guerra o la guerra porrà fine all’umanità (come affermato da John Kennedy e da Paolo VI). Diffusa, e largamente maggioritaria, è l’ansia di pace dei popoli. E, questo, può rivelarsi il fattore salvifico più importante. Ma non Le sfugge che questa fondamentale aspirazione positiva manca di quell’elemento di coagulo che può tradurla in cuneo vincente contro le spinte di guerra.

Nessuno dei governanti, oggi, è in grado (posto che voglia) di svolgere questa funzione propulsiva verso il trionfo della pace come bene comune e universale. Solo Lei può svolgere questo ruolo, in virtù della Sua elevata autorità morale. Ella può dare vita ad almeno due iniziative di respiro mondiale, che potrebbero risultare decisive nel drammatico momento storico che stiamo vivendo.
La prima: convocare con urgenza a Roma – in Vaticano – gli Stati generali per la pace nel mondo, chiamando a raccolta gli esponenti più rappresentativi della cultura e della società di ogni popolo, premi Nobel compresi. Dare vita ad un’assise plenaria rappresentativa della intera famiglia umana che, con voci convergenti, esiga la messa al bando della guerra e reclami la pace come bene supremo in questo frangente storico, produrrebbe un’eco di tale efficace portata da tagliare l’erba sotto i piedi a tutti quei politici incapaci di abbandonare il vecchio, e distruttivo, modo di pensare.

La seconda: mandare un richiamo – irritualmente diretto, pubblico e forte – ai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, chiedendo che si impegnino per realizzare il cessate il fuoco immediato in Ucraina e Palestina, premessa per l’avvio di effettive trattative di pace. È il modo giusto di richiamarli con vigore al rispetto effettivo della Carta dell’Onu, che essi per primi violano: loro che, non a caso, sono i principali produttori, venditori ed esportatori di armi. La forza e la ragionevolezza della Sua richiesta renderebbero inescusabili, agli occhi del mondo, eventuali loro comportamenti contrari. Mi rendo conto della onerosità, anche organizzativa, degli atti che Le propongo di compiere, ma Lei mi insegna che, in presenza di situazioni eccezionali, occorre prendere iniziative eccezionali. Prima che sia tardi. Confidando nel Suo coraggio e nella Sua lungimirante saggezza, nel ringraziarLa Le porgo i miei saluti più cordiali e affettuosi.