Strage di Stato nelle carceri italiane: denunciato il Ministro Nordio

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“Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. A questa previsione del codice penale (Art. 40) hanno fatto riferimento il deputato di Italia viva Roberto Giachetti e i dirigenti di Nessuno tocchi Caino Rita Bernardini (presidente), Sergio D’Elia (segretario) ed Elisabetta Zamparutti (tesoriera) nell’esposto-denuncia che, con il patrocinio dell’avvocata Maria Brucale, hanno depositato ieri pomeriggio presso la stazione dei carabinieri di piazza San Lorenzo in Lucina a Roma. Il contesto entro cui ci muoviamo è alquanto paradossale. Mercoledì sera la Camera ha dato il via libera definitivo al dl carceri (inutile a frenare sovraffollamento e suicidi) e ha rinviato in commissione giustizia la proposta di legge Giachetti/Nessuno Tocchi Caino sulla liberazione anticipata speciale.

Inoltre, mentre i deputati erano ancora impegnati a fare le dichiarazioni di voto sulla fiducia, dal ministero della Giustizia è arrivato un comunicato in cui si annunciava che Nordio era tornato da poco da palazzo Chigi dove aveva discusso con la premier di nuove iniziative sul carcere, che avrebbe illustrato anche al capo dello Stato, Sergio Mattarella, in particolare per limitare la custodia cautelare. Perché non inserirle nel dl carceri? Tornando all’esposto, esso è rivolto alla procura della Repubblica, presso il Tribunale di Roma, perché – hanno spiegato – “a fronte della gravità della situazione nelle carceri e a fronte dei probabili ulteriori pericoli che incombono sulla comunità penitenziaria, verifichi la sussistenza di eventuali responsabilità penali a carico del ministro della Giustizia on. Carlo Nordio e dei sottosegretari on. Andrea Delmastro Delle Vedove e sen. Andrea Ostellari, i quali, avendo specifici obblighi di custodia dei ristretti, non vi adempiono, cagionando loro un danno evidente alla salute, fisica o psichica, e alla loro stessa vita”.

Il documento, che abbiamo avuto opportunità di visionare, fa riferimento in particolare agli accadimenti gravi, quali i suicidi e altre morti in carcere per malattia e assenza di cure. A questo proposito, i denuncianti richiamano le 65 persone private della libertà che si sono tolte la vita quest’anno, al 5 agosto 2024, a cui vanno aggiunti 7 agenti della polizia penitenziaria e altri 97 detenuti che sono morti per cosiddette “cause naturali”. Il documento fa riferimento inoltre alla grave mancanza di risorse interne agli istituti di pena derivante dall’ingestibile sovraffollamento che, al 29 luglio 2024, era quantificabile in 61.134 persone detenute in 47.004 posti regolarmente disponibili. “In 56 istituti – si legge sempre nell’esposto – il tasso di affollamento supera il 150%. Sono 5 quelli in cui è superiore al 190%. Si tratta di Milano San Vittore maschile (224,38%), Brescia Canton Mombello (209,34%), Foggia (195,65%), Potenza (190,30%), Como (191,96%). Sono ormai solo 38 su 190 gli istituti non sovraffollati. Con l’insediamento del nuovo Governo Meloni, in 21 mesi (dal 31 ottobre 2022 al 31 luglio 2024), i detenuti sono aumentati di 4.878 unità, con un aumento medio mensile di 232. I posti regolamentari (senza tenere conto dei 4.300 posti inagibili) sono rimasti pressoché invariati passando da 51.174 a 51.207 (+23 posti)”.

I sottoscrittori della denuncia quindi ne deducono che “è impossibile, nelle condizioni di sovraffollamento attuali, assicurare, non solo la rieducazione e il reinserimento sociale dei detenuti, come prevedono la Convenzione europea dei Diritti dell’uomo, la nostra Costituzione e il nostro Ordinamento penitenziario, ma anche l’obiettivo minimo di proteggere la vita e la salute di chi è sotto la custodia dello stato, il quale ultimo ha la responsabilità giuridica e morale di tutto ciò che accade alla persona privata della libertà”. Inoltre, negli ultimi sei anni i magistrati di sorveglianza hanno riconosciuto 24.301 (circa 4.700 nel solo 2023) rimedi risarcitori per condizioni di detenzione contrarie all’umanità della pena. “Gli oltre 4mila in modo inequivocabile una situazione di endemica e sistematica violazione della dignità umana e delle condizioni minime di vivibilità e di rispetto dei diritti individuali nei nostri istituti di pena”. In tale situazione, hanno rilevato i denuncianti, “sono fortemente pregiudicati anche i diritti e la vita dei servitori dello Stato, dei direttori, degli educatori, dei poliziotti penitenziari. Perché, a fronte di oltre 14mila detenuti in più, ci sono ad esempio 18mila agenti della polizia penitenziaria in meno rispetto alla pianta organica prevista”.

Nella denuncia poi si ribadisce come la privazione della libertà “non è consentito che si traduca in violenta negazione di decoro e dignità, di rispetto di sé stessi, di decenza, di lesione coatta di ogni aspetto della propria individualità”. Tuttavia “la situazione attuale è giunta a un livello insopportabile di patimento per le persone recluse, di sofferenza per tutto il personale penitenziario incapace, stante il divario numerico con la popolazione dei reclusi, a fornire i servizi indispensabili per la gestione degli istituti e, di conseguenza, per la vita delle persone ristrette”. “Il massimo decisore politico, il ministro della Giustizia, rifiuta colpevolmente e consapevolmente di attuare interventi immediati per attenuare una condizione di illegalità diffusa che si traduce in un danno alle persone recluse a lungo termine sul corpo, sulla mente, sulla salute e sulla vita relazionale e sociale. Garantire l’esecuzione della pena in senso conforme a Costituzione è un dovere dello stato: è responsabilità diretta dello stato, infatti, tutelare la dignità della persona ristretta che gli viene affidata in custodia per tutto il tempo dell’espiazione del titolo esecutivo (v. art. 13, co. 1 e 4 Cost.) o per l’intera durata della misura custodiale intramuraria. La dignità emerge chiaramente nel tessuto argomentativo della Corte costituzionale con le sentenze n. 149/2018, 186/2018, 253/2019, 97/2020, ord. 97/2021, 10/2024. Quest’ultima pronuncia, n. 10 del 2024, sancisce finalmente il diritto alla sessualità nelle carceri, quale espressione dell’umanità e della sostanza individuale di ognuno ma, allo stato, è pressoché dappertutto interamente ignorata”.

E però “a fronte del panorama disegnato, il ministro della Giustizia oppone un atteggiamento di sostanziale negazione programmando ipotesi di intervento a medio e lungo termine, comunque incapaci di risolvere un problema strutturale e stratificato in anni di indolenza legislativa, pur a fronte di uno stillicidio di vite umane che si consuma ogni giorno che pretende e impone una azione risolutiva immediata”. E si conclude: “Di fronte alla tragedia che si consuma ormai sotto gli occhi di tutti”, secondo l’esposto-denuncia, “il ministro della Giustizia e i sottosegretari competenti sulle carceri, ad esempio, hanno, all’unisono, opposto un netto rifiuto alla sola proposta di legge concreta, quella di Nessuno Tocchi Caino depositata in Parlamento da Roberto Giachetti, volta ad aumentare con effetto retroattivo i giorni di liberazione anticipata e, quindi, a incidere nell’immediato sul sovraffollamento carcerario che è all’origine di ogni illegalità nell’esecuzione della pena”.

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