Voto in Germania, cosa cambia: così la guerra nutre i radicalismi

RMAG news

L’Europa ha bisogno di svegliarsi. È mezza addormentata.
(A. Christie)

I risultati delle elezioni nei Land di Turingia e Sassonia prolungano e approfondiscono quelli emersi in tutta la Germania nelle elezioni europee del giugno scorso. Già allora il verdetto appariva chiaro: vistoso calo dei partiti di governo, con l’estrema destra di Afd che balzava al 15,9%, superando la Spd in caduta al 13,9%. L’esito del voto nei due Land, a poche settimane di distanza, mostra che il terremoto è ancora più profondo e vasto. In Turingia la Afd è divenuta il primo partito, con una vittoria che l’ha portata al 33,1%, mentre la Spd del cancelliere Olaf Scholz è crollata al 6,1%, il risultato peggiore di sempre. Spariti i verdi e i liberali, che sono fuori dal parlamento regionale non avendo superato la soglia minima del 5%.

E poi: mentre la Cdu è arrivata seconda con il 23,6%, la nuova alleanza guidata da Sahra Wagenknecht (Bsw) ottiene il 15,8%, più del doppio dei voti ricevuti nelle elezioni europee. In Sassonia lo scenario è simile, con l’Afd al 30,6% che tallona la Cdu al 31,9, la Bws che è il terzo partito (11,8%), i socialdemocratici al 7,3, i verdi sul filo di lana del 5,1, e i liberali non pervenuti. Nell’insieme: il dato più rilevante è la bruciante sconfitta della “maggioranza” di governo, della coalizione semaforo” rosso-giallo-verde. Il cancelliere Scholz è in difficoltà evidenti, destinate probabilmente a crescere in breve tempo. Viene a trovarsi sempre più nel gorgo della recessione economica – con il welfare compromesso – e del bellicismo filo Ucraina-Nato-Usa, con l’aggravante delle ingenti spese per il riarmo tedesco, avendo Berlino stanziato un fondo speciale per la Bundeswehr (le forze armate) di ben 200 miliardi di euro, che darà alla Difesa 50 miliardi all’anno, destinati a passare a 75 all’anno dal 2028.

Dati i precedenti storici il riarmo tedesco inquieta, come quello giapponese del resto. Anche perché è esplicitamente rivolto contro la Russia, definita “la più grande minaccia alla pace e alla sicurezza nell’area euro-atlantica”, e contro la Cina, le cui “ambizioni politiche contraddicono sempre più i valori e gli interessi tedeschi”. In presenza di una sfiducia pressoché totale nei confronti delle forze politiche di governo, l’elettorato tedesco sembra polarizzarsi su due posizioni distinte: l’estrema destra fascio-nazista di Afd e la Bws della Wagenknecht (detta “la rossa”), la nuova sinistra sociale e pacifista, ma sostanzialmente conservatrice sui temi ambientali e dell’immigrazione. Ne sono attratti giovani, studenti, lavoratori, ceti intermedi pervasi da insicurezza.

I grandi media cercano di esorcizzare il tutto, affibbiando l’etichetta di “putiniani”. Serve a non fare i conti con il fatto che, venuti meno i rifornimenti energetici russi a prezzo conveniente, l’alto costo dell’energia e lo svenarsi in armi e soldi, per mantenere in piedi uno Stato tecnicamente fallito come l’Ucraina, hanno determinato in Germania – e in Europa – la recessione, mentre la Russia cresce del 4 per cento l’anno e gli stipendi addirittura del 18 per cento. Ma non dovevano, le sanzioni, ridurre Mosca sul lastrico? Non è ancora chiaro che esse colpiscono soprattutto i… sanzionatori? Non è evidente che tutto quanto sta avvenendo da un lato è ridicolo, mentre dall’altro è pericoloso e preoccupante perché alimenta radicalismi soprattutto di estrema destra?

Mario Draghi, nel suo rapporto sullo sviluppo dell’Ue, che sarà discusso fra pochi giorni a Strasburgo, sostiene con forza che uno degli elementi essenziali, per ridare slancio alla competitività comunitaria, è quello di “rafforzare con urgenza le capacità di difesa comune dell’Europa”. Una strada rischiosa, quella indicata, anche perché non tiene conto che la “locomotiva tedesca” non c’è più. Le elezioni di Germania e Francia hanno sgretolato il tandem di comando europeo Berlino-Parigi. Potrebbe essere una buona cosa se i Paesi dell’Ue fossero in grado di sviluppare un minimo di autonomia rispetto agli Stati Uniti, e si rendessero capaci di svolgere un ruolo pacifico di equilibrio verso i propri popoli e nel mondo.

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