Sudan: nel silenzio globale la più grande catastrofe umanitaria

Sudan: nel silenzio globale la più grande catastrofe umanitaria

Il Quotidiano del Sud
Sudan: nel silenzio globale la più grande catastrofe umanitaria

In Sudan la più grande catastrofe umanitaria: centinaia di migliaia di persone a rischio di morte per fame. La guerra ha provocato tra i civili almeno 16.650 vittime ma le stime, avverte l’Onu, sono al ribasso

Khartoum è la capitale della Repubblica del Sudan, nazione con circa 42 milioni di abitanti. Stando all’indifferenza con cui il mondo accoglie la più grande catastrofe umanitaria da quattro decenni a questa parte, sembrerebbe invece soltanto uno di quei nomi da indovinare nei giochi da tavolo. Di certo non è argomento di animate discussioni della diplomazia internazionale. Il mondo proprio non riesce a commuoversi per la sorte del Sudan, a differenza di altre situazioni di guerre e morti.

Una feroce guerra civile ha lasciato in Sudan 5 milioni di persone sull’orlo della carestia. La situazione, ci dicono gli operatori umanitari dell’Onu sul posto, sta precipitando ulteriormente. Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite sta attualmente raggiungendo circa 2,5 milioni di persone. Tra gli altri due milioni e mezzo che rimangono, almeno 755 mila possono morire in ogni momento, per fame. Anche adesso, mentre state leggendo queste righe, mentre vi alzate per andare a prendere un bicchiere d’acqua dal rubinetto. A questi 5 milioni in carestia conclamata si aggiungono altre 8,5 milioni di persone in emergenza alimentare in tutto il Paese, con il rischio quindi di scivolare nelle stesse condizioni di carestia.

La guerra, ma le stime, ci avverte l’Onu, sono al ribasso, ha provocato tra i civili almeno 16.650 vittime e 30 mila feriti. Il numero di sfollati supera la cifra di 10 milioni. Tra questi circa due milioni di richiedenti asilo sono all’estero, mentre nel Paese circa 25 milioni di persone hanno bisogno di aiuti umanitari e 3,5 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni vivono in uno stato di malnutrizione acuta.

Per affrontare i rifornimenti di cibo e acqua le Ong devono però passare attraverso il fuoco di sbarramento dei contendenti. Il che significa attraversare le linee del fronte in guerra, sia oltre confine dal Ciad e dal Sudan del Sud. Tra poche settimane inizierà la stagione delle piogge e sarà impossibile rifornire con regolarità l’area del Darfur e del Kordofan. Poi le strade diventeranno impraticabili. Un’analisi del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite ha identificato 41 situazioni, attualmente definite “di fame”, che presentano un alto rischio di scivolare nella fascia denominata “carestia” entro luglio. La maggior parte proprio nelle aree dove stanno per abbattersi le piogge.

L’attuale presidente, Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, nell’autunno del 2021 ha guidato un golpe delle Forze Armate Sudanesi (SAF) che però non gli ha assicurato il controllo totale del Sudan, i cui principali alleati sono Egitto e Turchia. Dalla primavera 2023 infatti le Forze Paramilitari di Supporto rapido (RSF) hanno lanciato attacchi contro il governo di al-Burhan. Le RSF sono state responsabili di attacchi contro la popolazione, che secondo Human Rights Watch si qualificano come crimini contro l’umanità. Formalmente il Sudan sarebbe una repubblica presidenziale, ma di fatto è una ex-dittatura militare sotto un governo di transizione alla democrazia.

Mercoledì scorso, il 3 luglio, Abdel Fattah al-Burhan, visitando le truppe che hanno riconquistato alcune zone dell’area metropolitana di Khartoum, ha chiuso al dialogo per fermare la drammatica guerra civile, che oppone le SAF alle Forze di Supporto Rapido (RSF), la milizia paramilitare guidata da Mohamed Hamdan “Hemedti”, ex vice di al-Burhan. Attualmente le SAF hanno riconquistato territori intorno alla capitale Khartoum, mentre le RSF conquistano basi militari nel Sennar e nel Kordofan occidentale, oltre a continuare a premere su El Fasher, la capitale del Nord Darfur. Le RSF nella loro avanzata hanno colpito con tiri di artiglieria anche due ospedali, ha reso noto Medici Senza Frontiere. Il risultato è stata la fuga di almeno 55 mila civili da Sinja, capitale del Sennar.
L’escalation dei combattimenti nella capitale del Darfur settentrionale, El Fasher, negli ultimi giorni ha provocato un gran numero di morti e feriti tra i civili e ostacolato l’accesso umanitario alla città.

I Vescovi della Sudan Catholic Bishops’ Conference hanno dichiarato che “questa non è semplicemente una guerra tra due generali, poiché l’esercito è inestricabilmente radicato nella vita economica del paese, e sia SAF che RSF hanno ciascuna una rete di ricchi individui e cartelli d’élite sudanesi e internazionali che traggono vantaggio dal controllo di vari settori dell’economia”. Un’affermazione che permette in parte di capire lo stallo e le mancanze di prospettive in cui si trova la politica del Sudan.

Le RSF hanno accusato pochi giorni fa l’Iran di aver fornito armi all’esercito sudanese, in particolare dei droni, fatto tuttavia smentito dal ministero iraniano degli Affari Esteri. Certo è che il Sudan, per la sua posizione sul Mar Rosso e la vicinanza al Medio Oriente, sarebbe un alleato importante per l’Iran. Pur non fornendo prove per le loro accuse, le RSF sembravano voler lanciare un avvertimento “geopolitico” al mondo, creando preoccupazione nel mondo occidentale, schierato nell’area del mar Rosso in difesa dei traffici marittimi commerciali, finiti sotto l’attacco degli Houti dallo Yemen, loro di sicuro vicini a Teheran. Numerose invece le accuse alle RSF, anche queste negate dagli interessati, di ricevere armi dagli Emirati Arabi Uniti.

Secondo le Nazioni Unite, le RSF da giugno 2023 stanno utilizzando la regione di Am Dafok, strategicamente situata al confine tra la Repubblica Centrafricana e il Sudan nel Darfur meridionale, come linea di rifornimento chiave e come centro di reclutamento di nuovi combattenti per le loro milizie. La città si trova sul lato centrafricano del confine con il Sudan; sul lato sudanese del confine si trova lo stato del Darfur meridionale. La strada che attraversa Am Dafok è diventata l’unico valico di frontiera rimasto tra la Repubblica Centrafricana e il Sudan.

Resta il fatto che gli aiuti umanitari continuano ad essere bloccati da parte delle due fazioni in conflitto. La fame in Sudan è una vera e proprio arma di guerra.

Il Quotidiano del Sud.
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