Alessia Pifferi in sciopero della fame, protesta in carcere dopo la condanna all’ergastolo: “Non ho più voglia di vivere”

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Otto giorni dopo la sentenza della Corte d’Assise di Milano che l’ha condannato all’ergastolo, Alessia Pifferi inizia uno sciopero della fame in carcere.

A renderlo noto è il suo avvocato, Alessia Pontenani: “Sta malissimo, è distrutta”, le parole all’Ansa del legale. Pifferi, 38 anni, già da ieri ha preso la decisione di iniziare il digiuno e “non fa altro che piangere, dice di non avere più voglia di vivere“.

Già subito dopo la sentenza dello scorso 13 maggio, Pifferi aveva detto al suo avvocato di voler “spegnersi” come la piccola Diana.

La condanna di Alessia Pifferi

Alessia Pifferi è reclusa nel carcere milanese di San Vittore dopo la condanna all’ergastolo per l’omicidio dalla figlia Diana, di 18 mesi, morta di stenti dopo essere stata lasciata a casa da sola per sei giorni nel luglio del 2022.

I giudici avevano inoltre condannato Pifferi a due anni di sorveglianza speciale a pena espiata, con provvisionali di 20 e 50 mila euro nei confronti della madre Maria Assandri e della sorella Viviana, entrambe parti civili nel processo.

La scontro sulle perizie

Nella sentenza i giudici milanesi hanno escluso la premeditazione. Decisiva per la condanna anche la perizia psichiatrica superpartes richiesta dalla Corte d’Assise, eseguita durante il processo dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo, che aveva stabilito come al momento dei fatti la donna fosse capace di intendere e volere, mentre se la difesa ha sempre sostenuto che Alessia fosse affetta da un “grave deficit cognitivo”.

Diverso infatti il risultato dei test psicologici eseguiti in carcere sull’imputata, poi finiti al centro di un’indagine che vede coinvolte due psicologhe del carcere di San Vittore e l’avvocato di Pifferi, indagate per falso e favoreggiamento: avrebbero aiutato Alessia Pifferi a ottenere la perizia psichiatrica falsificando un test psicodiagonistico sostenendo che la donna soffrisse di un deficit cognitivo.