Carceri: l’isolamento va cancellato, ha effetti devastanti sui detenuti

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Sono 35 le persone che si sono tolte la vita dall’inizio del 2024. Almeno 5 di loro si trovavano in una cella di isolamento. L’isolamento è una pratica ampiamente utilizzata nelle carceri italiane.

L’articolo 72 del Codice Penale prevede l’isolamento diurno da sei mesi a tre anni come pena vera e propria nel caso dei pluri-ergastolani. Inoltre, secondo l’articolo 33 della Legge sull’Ordinamento penitenziario, l’isolamento può essere applicato per ragioni disciplinari, sanitarie o giudiziarie.

La sanzione disciplinare di isolamento viene imposta alla persona detenuta che si sia resa responsabile di una infrazione disciplinare ed ha una durata massima di 15 giorni. Questo limite temporale è stato individuato dalla letteratura medica internazionale, poiché dopo due settimane i danni prodotti dall’isolamento -che potenzialmente si verificano sin dal primo giorno di collocamento in tale regime- potrebbero essere addirittura irreversibili.

È per tale ragione che le Mandela Rules delle Nazioni Unite e anche il report prodotto nel 2011 dall’ex Special Rapporteur sulla tortura delle Nazioni Unite, il Professor Juan Méndez, vietano espressamente l’isolamento che si estende per più di due settimane. Juan Méndez è uno dei principali relatori che interverranno al convegno organizzato da Antigone il prossimo lunedì 13 maggio presso l’Università Roma Tre dal titolo “Contro l’isolamento”.

Nella convinzione per cui sia estremamente urgente superare questa pratica, Antigone ha deciso di dedicare un’intera giornata di studi ad un tema poco conosciuto, ma che è fonte di preoccupazione per le principali organizzazioni che si dedicano alla protezione dei diritti delle persone detenute a livello mondiale.

I protagonisti della sessione mattutina del convegno sono esperti di fama internazionale che ragioneranno sul documento prodotto da Antigone e Physicians for Human Rights Israel dal titolo “Linee Guida Internazionali sulle Alternative all’Isolamento Penitenziario”.

Nonostante l’isolamento sia una delle pratiche penitenziarie più antiche, negli ultimi decenni la funzione dell’isolamento nel contesto carcerario è andata modificandosi, differenziandosi e moltiplicandosi.

Si tratta di uno strumento di gestione dell’ordine interno e, in particolare, di quegli individui che difficilmente si adattano alla logica penitenziaria, spesso perché affetti da disagio psichico, doppia diagnosi o da plurimi fattori di marginalità.

Davanti a questi soggetti, le amministrazioni penitenziarie a livello globale affermano di non avere a disposizione alternative valide all’isolamento, ricorrendo anche a situazioni di isolamento di fatto, ovvero non esplicitamente previste dall’ordinamento penitenziario.

Si tratta soprattutto di persone che presentano fragilità psichiche e che necessiterebbero di attenzioni e cure particolari, che invece spesso vengono isolate, poiché il sistema penitenziario non è in grado di prenderle in carico e di gestirle. Ebbene, le Linee Guida che saranno oggetto di presentazione il 13 maggio, mirano proprio a fornire indicazioni concrete al fine di superare l’utilizzo dell’isolamento penitenziario.

Oltre a Juan Méndez, tra gli altri relatori troviamo anche il Professor Mauro Palma, Nuno Pontes, un ricercatore con una lunga storia di isolamento penitenziario alle spalle che ci offrirà quindi una testimonianza diretta e Rick Raemisch, direttore delle carceri del Colorado, il quale decise di non applicare l’isolamento nelle carceri di sua competenza.

Nella sessione pomeridiana del convegno, invece, vi sarà una tavola rotonda in cui ci focalizzeremo sull’isolamento nel contesto italiano. Parteciperanno al dibattito Grazia Zuffa, presidente de La Società della Ragione e membro del Comitato Nazionale di Bioetica, Simone Spina, magistrato che ci racconterà di come spesso l’isolamento sia lo spazio delle violenze e delle torture, Giuseppe Nese (psichiatra) e molti altri.

L’intento è quello di ragionare sul tema dell’isolamento da molteplici prospettive e punti di vista, nella convinzione condivisa che, davanti agli effetti estremamente gravi che può produrre sia dal punto di vista fisico che psichico sulle persone detenute, è necessario adoperarsi affinché questa pratica così dannosa venga al più presto superata.

*Ricercatrice Associazione Antigone

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