Corte Costituzionale, prove di colpo di Stato: Meloni e l’esibizione dell’autoritarismo

RMAG news

La nomina di un giudice costituzionale si sta rivelando davvero lo specchio di una crisi istituzionale che rischia di essere contemporaneamente tragica e farsesca. Riuscirà oggi Giorgia Meloni a realizzare il programma annunciato con iattanza nella conferenza stampa di inizio anno circa il diritto della destra di eleggere tutti i giudici costituzionali di competenza del Parlamento?

Finora la maggioranza aveva trascurato il monito del Presidente della Repubblica e l’invito ripetuto del Presidente della Consulta Barbera di provvedere celermente alla nomina del sostituto/a della giudice Silvana Sciarra scaduta l’11 novembre dell’anno scorso e si sono svolte sette votazioni segnate dalla vergogna di una scarsa partecipazione al voto dei parlamentari e dalla pressoché totale mancanza di espressione di nomi, magari contrapposti. Tutti d’accordo (tranne rarissime eccezioni) nella scheda bianca, aspettando Godot. O meglio tutti colpevoli ad accettare il gioco dichiarato e spudorato di Giorgia Meloni di attendere la scadenza a dicembre di tre giudici (Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti) per dare vita a una grande abbuffata, magari scegliendo un rappresentante, gradito, dell’opposizione.

La logica del pacchetto è stata stigmatizzata da Mattarella perché contraria allo spirito della Costituzione che attraverso un quorum altissimo nelle prime tre votazioni e uno comunque significativo nelle successive, dovrebbe spingere alla ricerca di nomi di prestigio, con significativo spessore professionale e di studi, con caratteristiche di indipendenza. Di colpo la manfrina è stata messa da parte e a Palazzo Chigi si è deciso il blitz cercando di raggiungere il quorum necessario con un nome fidato. Il motivo va rintracciato forse nella esigenza di dare una risposta alla accelerazione da parte della Corte di esaminare i ricorsi delle regioni sulla autonomia differenziata.

Si potrebbe essere contenti dell’abbandono della pratica ostruzionistica e finalmente del confronto per assicurare il plenum alla Consulta, se non fosse una mossa strumentale e addirittura se non fosse stata compiuta attraverso un ordine di scuderia (mai termine più appropriato) ai parlamentari di essere presenti per il voto, eliminando assenze e impegni. Un vero insulto al Parlamento, tanto per far capire chi comanda e che cosa potrebbe accadere con il premierato. La sostanza della democrazia è legata alle forme; in questo caso l’invito alla presenza alla seduta comune del parlamento poteva essere fatta dai capigruppo, invece si è scelta la strada della usurpazione delle funzioni e delle competenze. Riuscirà Giorgia Meloni a raccattare i 363 voti necessari per eleggere il figlio di Annibale Marini, già presidente della Corte Costituzionale?

Nonostante la distorsione nella distribuzione dei seggi prodotta dalla legge elettorale truffaldina, il cosiddetto Rosatellum, sotto esame della Corte europea dei diritti umani, la Cedu, per patente e manifesta violazione di diritti di una scelta libera dei cittadini, il quorum non è appannaggio sicuro della maggioranza. Ma i cambi di casacca e gli scambi di favori possono fare il miracolo di regime. Se non dovesse accadere sarebbe ora che si imponesse una convenzione per garantire il rispetto di una rappresentanza di aree culturali e politiche senza la ricerca di un monopolio per cambiare la natura della Corte Costituzionale e incidere sul pluralismo indispensabile. Per prima cosa sarebbe importante garantire l’equilibrio di genere faticosamente tentato, infatti ora sono presenti solo tre donne.

Le forze dell’opposizione dovrebbero mettere in campo una rosa di nomi di giuristi/e che per la loro storia personale siano un esempio di onestà intellettuale. Sarebbe anche ora che la rappresentanza del garantismo fosse assicurata nella sede dove si devono difendere i diritti contro le prevaricazioni del potere. Questa vicenda conferma che è in atto una lotta per cambiare i caratteri di una democrazia già malata, attaccando l’informazione e controllando la Rai, con l’occupazione delle istituzioni culturali con l’obiettivo dichiarato di riscrivere la storia. Il pericolo deve costringere a organizzare la resistenza con intransigenza gobettiana.

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