Frana disastrosa in Papua Nuova Guinea, si scava con le mani nella corsa contro il tempo: “2mila persone sepolte vive”

RMAG news

Possibile che le vittime della disastrosa frana che si è verificata in Papua Nuova Guinea siano più di duemila. A ipotizzare il dato mostruoso l’agenzia per le emergenze del Paese in una lettera inviata alle Nazioni Unite. Finora i dispersi erano stimati a 670, circa 1.250 gli sfollati. Ancora in corso i soccorsi, complicati dalla terra ancora instabile e dalle strade bloccate dalla stessa che non permetto un accesso agevole ai villaggi colpiti. Superiore ai 200 chilometri quadrati l’area danneggiata. Per le autorità è un “disastro senza precedenti”. L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) delle Nazioni Unite sta assistendo i soccorsi.

La frana è partita venerdì scorso, ha travolto diversi villaggi nella provincia di Enga, a circa 600 chilometri dalla capitale Port Moresby. La montagna è venuta giù in pochi attimi, un bilancio ancora parziale riporta di 150 case travolte, divise in sei villaggi, abitati da almeno quattromila persone. Detriti accumulati fino a otto metri di altezza, un perimetro pari a quello di quattro campi da calcio. A causare la frana, secondo media locali, potrebbero essere state le abbondanti e forti piogge che nelle ultime settimane si sono abbattute sul Paese. La Papua Nuova Guinea ha uno dei climi più piovosi al mondo.

I soccorsi difficili in Papua Nuova Guinea

Ancora non sono arrivati mezzi di scavo pesanti nella zona della frana. Oltre mille uomini sono arrivati dall’Australia. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato aiuti per la Papua Nuova Guinea. Washington ha stretto rapporti sempre più fitti con il Paese soprattutto dopo l’accordo della Cina con le Isole Salomone del 2022 che permetteva il dispiegamento di forze dell’ordine e militari di Pechino nel Paese. I primi aiuti sono arrivati per via aerea mentre a terra si scavava a mani nude, con le vanghe o altri strumenti.

Gli scontri tribali

La strada che porta a Yambali era stata completamente ostruita dalla frana. È una corsa contro il tempo, considerando anche che la terra di altre montagne continua a muoversi e a scivolare. A complicare ulteriormente le operazioni di soccorso gli scontri tra i gruppi tribali che da mesi imperversano nella zona. Lo scorso febbraio 54 persone erano state uccise in uno scontro tra la tribù dei Saa Walep e degli Ambulyn e quelle dei Kaekin, Palinau e Sikin. Anche l’OIM ha avvertito che i convogli con gli aiuti umanitari potrebbero essere presi di mira dalle tribù in saccheggi.

“Ci sono molti sopravvissuti, donne, bambini, mamme che allattano, una scuola elementare è stata completamente sepolta. Avevamo case, autobus, veicoli, alberghi, pensioni: è tutto scomparso, tutto svanito. Adesso questa è un’area ad alto rischio”, una testimonianza ripresa da media internazionali. La Papua Nuova Guinea fa parte del Commonwealth, era stata una colonia amministrata dall’Impero tedesco e dall’Impero britannico, nel 1975 era diventata indipendente dall’Australia. È abitata da dieci milioni di abitanti, appartenenti a diverse etnie e quasi tutti cristiani.