Intervista a Marco Bellocchio: “Falsificazione e manipolazione come negli anni ’70, ma con strumenti diversi”

RMAG news

C’è una sola certezza ad unire l’Italia e il Festival di Cannes: non c’è edizione senza il Maestro Marco Bellocchio. Che sia in concorso, fuori concorso o in una sezione speciale, il regista di Bobbio rappresenta il rifugio del cinefilo sulla Croisette.

La 77esima edizione vede tornare il cineasta reduce del successo ottenuto da Rapito l’anno scorso con il restauro in 4K della Cineteca di Bologna e da lui supervisionato di Sbatti il mostro in prima pagina, del 1972.

Fu il primo progetto commissionato a Bellocchio che lo scrisse insieme a Goffredo Fofi. Interpretato da Gian Maria Volonté nel ruolo del redattore capo Giancarlo Bizanti, per citare Gian Piero Brunetta e la sua Storia del cinema italiano la pellicola “racconta una storia che attraversa una serie di eventi reali che hanno scosso in quegli anni la coscienza del paese. Si va dai riferimenti a primi episodi terroristici, come le bombe alla Fiera campionaria di Milano del 1969, o di cronaca nera (la morte di Milena Sutter) a episodi di guerriglia urbana o a eventi traumatici come la strage di Piazza Fontana, la morte dell’anarchico Pinelli, o quella dell’editore Giangiacomo Feltrinelli”.

Applausi a scena aperta e grande coinvolgimento da parte del pubblico nella sala Buñuel del Palais de Festival per la proiezione del 22 sera, con un riscontro incredibile da parte dei più giovani. In un incontro con la stampa italiana, il regista de I Pugni in Tasca torna con la mente al passato e a quel periodo di riprese, per sottolineare la triste contemporaneità del film.

Come spiega il successo di un film del 1972 tra i più giovani?
Ne sono molto felice. Il tema della manipolazione della verità è modernissimo, il film peraltro usa delle tecniche non dico arcaiche ma sicuramente artigianali, del passato. Evidentemente, nella sua forma il film è piuttosto semplice, dovuta a quello schematismo che a me allora non piaceva che però è capace di comunicare in modo diretto. Immagino sia stato apprezzato per questo, proprio per il suo linguaggio semplice in cui ci sono una serie di sfumature ma ci sono il buono, il cattivo, la pazza. Queste distinzioni nette oggi non si riesce neanche più bene a decifrarle però appartengono un po’ alla tradizione di un certo cinema civile non solo europeo ma anche americano. Ci sono quei personaggi buoni, positivi che vengono disprezzati e attaccati dal personaggio di Gian Maria Volontè come Roveda, interpretato da Fabio Garriba, un non attore che dà una dimensionalità, una verità al giornalista che crede al proprio lavoro e la propria missione e non può tollerare questa manipolazione così brutale da parte del caporedattore.

Cosa ci dice della serie Portobello che dedicherà a Enzo Tortora?
La serie sul caso Tortora spero che si farà, ci sono ancora dei tasselli non composti. Io volevo fare un film però la storia di Enzo Tortora non è contenibile per me in una sola pellicola e allora ci siamo orientati sulla serialità.

Lavorando al restauro, ha pensato all’epoca delle riprese e cosa magari avrebbe fatto diversamente?
Il discorso della falsificazione e la manipolazione, l’influenzare in maniera scorretta vale assolutamente anche oggi ma i mezzi con cui si fa sono totalmente diversi. L’unico dettaglio è che allora – ma questa fu una scelta giusta – noi inserimmo tutta una serie di fatti che accadevano in quel momento. I funerali di Feltrinelli non li abbiamo certo predisposti ma avvenivano in quei giorni. È interessante notare come allora la sua morte fosse considerata un delitto di stato ma poi venne fuori che Feltrinelli stesso aveva partecipato a questo attentato e per imperizia era saltato in aria. Fino a quel momento era per noi palesemente stato ucciso dei servizi segreti.

Tra questi avvenimenti reali che avete filmato, vediamo anche il comizio di un giovane La Russa. Che effetto fa vederlo oggi seconda carica dello Stato?
Il tempo passa, non è uno scandalo, nella storia umana non soltanto quelli che sono nati terroristi finiscono per diventare dei pompieri. Se noi pensiamo al Risorgimento tanti garibaldini divennero non dico reazionari, ma conservatori. Lui era un esponente del MSI giovanile e già allora disse ‘superiamo fascismo e antifascismo’ in una funzione chiaramente anticomunista. Il fatto che lui abbia questi busti del Duce, come tutti sanno, è una cosa nostalgica. Non credo però che oggi ci sia il pericolo che quest’uomo possa sovvertire le istituzioni, loro cercano di difendere questa stabilità però governata da loro.

Qual è la sua opinione su due temi portanti che affliggono il mondo della stampa oggi: le fake news senza controllo ed i recenti tentativi del governo di mettere un bavaglio alla stampa?
Io non ho competenze per parlarne, sono un cittadino. Le fake news mi colpiscono, io sono uno che ha il cellulare ma non ne utilizzo i servizi. Mi sembra che ci sia chi si sfoga solo, dice cose orribili e non dimostrate e tutto questo avviene impunemente. So che c’è un progetto di bavaglio alla stampa sul tema delle intercettazioni, con la scusa della privacy, ma non sono sufficientemente preparato per dire se sia un attacco alla libertà di stampa. Non che io tema un incidente con la destra, già ne ho avuti vari, ma l’età mi suggerisce di parlare solo quando conosco bene le cose.

Come mai il suo interesse negli ultimi anni è andato sempre a biografie di uomini?
In realtà ho fatto anche un film come Vincere con Giovanna Mezzogiorno sull’amante di Mussolini, Ida Dalser, ma è stato ingiustamente non premiato. Mia figlia lesse un mio soggetto e mi disse: “ma qui non c’è nessuna donna”. Non voglio giustificarmi ma avevo un progetto su Madame Curie, solo che ci sta già lavorando qualcun altro. Ho pensato tanto ad un altro progetto che mi affascina molto su Maria Josè di Savoia, regina di maggio, lei era una ribelle ma anche obbediente.

Che ci dice della notizia del remake del suo film di debutto, I Pugni in Tasca, con Kristen Stewart e Josh O’Connor, diretto dal brasiliano Karim Aïnouz, qui a Cannes in concorso con Motel Destino?
Mi ha stupito ma moderatamente. A 84 anni uno deve pensare al presente, a quello che può fare ancora. Mi ha fatto piacere leggere il copione, non potrà avere Lou Castel, farà un’altra cosa.