La cattiveria del Fatto Quotidiano: esulta perché il 90enne Longo ha perso il vitalizio…

RMAG news

C’è un bambino di due anni e mezzo che vive in una cella del carcere di Rebibbia. Sezione femminile. È indietro nello sviluppo, soprattutto del linguaggio. Sa dire solo “mamma”, “pappa”, “apri” e “chiudi”. Tre volte a settimana una volontaria lo va a prendere in prigione e lo accompagna a un asilo nido. Quando si avvicina al cancello di ferro piantonato dagli agenti, il bambino dice: “apri”. Al pomeriggio la volontaria lo riaccompagna a Rebibbia, e quando il bambino supera il cancello dice: “chiudi”. C’è un vecchio che vive senza pensione, anche se ha lavorato tutta la vita. Ha fatto il deputato e il ministro. Però alla fine degli anni ottanta un tribunale gli inflisse una condanna a due anni e qualche mese per via di una tangente con la quale finanziò il suo partito. Due anni e qualche mese, decise il tribunale, per evitare la condizionale. E infatti la persona della quale parliamo andò in prigione e ci restò diversi mesi. Prima ancora di Tangentopoli. Giorni fa il Parlamento ha confermato la decisione di togliergli la pensione perché ha subìto una condanna. Lui oggi ha 89 anni, non può lavorare, non è in grado, e non ha reddito.

Del bambino del quale vi ho parlato non conosco il nome. La sua storia è stata raccontata nei giorni scorsi in un bell’articolo di Repubblica. Il vecchio lo conosco bene. Si chiama Pietro Longo, è stato uno dei protagonisti della politica italiana dalla fine degli anni sessanta alla fine degli anni ottanta. Era figlio di una vecchia partigiana romana, collaboratrice stretta di Nenni. È stato per anni segretario del partito socialdemocratico. È l’erede di un gigante della Repubblica e dell’antifascismo, come Giuseppe Saragat. Nel 1971 presentò un disegno di legge che, se fosse passato, avrebbe istituito il salario minimo, e probabilmente oggi ci troveremmo a vivere in un paese diverso. Un po’ più giusto dal punto di vista sociale. Giorni fa il Fatto Quotidiano ha dedicato la copertina – una copertina esultante – alla decisione della Camera di non dare la pensione a Longo e al suo collega di partito Robinio Costi. Evviva, gioia.

È terribile vedere un giornale esultare perché un vecchio di quasi novant’anni viene messo sul lastrico. E anche assistere a una decisione che viola lo spirito e la lettera della nostra Costituzione, stabilendo che la pensione non è un diritto ma un privilegio che si concede solo ad alcuni. Pietro Longo è stato un gran politico. Ha dedicato alla politica tutta la sua vita. Se l’Italia oggi è un grande paese, in parte, in larga parte, lo deve a quella straordinaria classe politica di centro e di sinistra che ne ha guidato lo sviluppo – dal governo e dall’opposizione – dalla caduta di Mussolini fino alla caduta della Prima Repubblica per mano della magistratura. La notizia che un bambino sa dire solo “apri” e “chiudi” non interessa nessuno. A nessuno interessa la notizia che un vecchio è rimasto senza pensione. Nessuno, quasi nessuno, sa neppure chi fosse Pietro Longo. Personalmente, da vecchio comunista, non sono mai stato dalla sua parte quando era potente. Oggi posso solo abbracciarlo e rendergli onore.

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