Olmert contro Netanyahu: “Va processato, non vuole che gli ostaggi tornino a casa vivi”

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Ehud Olmert è un politico di centrodestra. Un politico perbene. Tra i leader storici del Likud, agli antipodi di colui che negli anni ha trasformato il partito che fu di Shamir, Sharon, Rivlin, dello stesso Olmert, il proprio feudo: Benjamin Netanyahu. Ehud Olmert è stato primo ministro in tempi di guerra. Nella seconda guerra in Libano. Ha preso decisioni gravi, ma non si è mai spinto fino al punto di perseguire e proseguire una guerra per proprio tornaconto personale. La guerra come assicurazione per la propria vita politica. E ora, dalle colonne di Haaretz, lancia un possente, articolato, j’accuse.

“Accuso Netanyahu di tradimento Accuso il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, di aver agito deliberatamente per prolungare la guerra tra Israele e le organizzazioni omicide palestinesi. Il desiderio di trascinare i combattimenti senza specificare una data di fine è il motivo per cui non sono stati fissati obiettivi precisi per le forze di combattimento. Accuso il primo ministro di Israele di aver intrapreso azioni deliberate volte a provocare una diffusa esplosione di violenza in Cisgiordania, sapendo che ciò avrebbe innescato l’espansione dei crimini di guerra contro i palestinesi che non sono in alcun modo coinvolti nel terrorismo. Tali crimini sono già commessi da molti israeliani; di solito non si tratta di militari di leva, ma di milizie private composte da teppisti che imbracciano armi che nella maggior parte dei casi sono state date loro – con un processo discutibile che richiede una revisione legale – per una iniziativa promossa dal Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir. Queste armi servono a molti di loro nelle loro rivolte e li proteggono quando brutalizzano i palestinesi: bruciando le loro proprietà e distruggendo i campi che sono fonte di vita e di sostentamento, oltre a uccidere direttamente persone innocenti”.

E ancora: “Accuso il Primo Ministro di Israele di aver deliberatamente abbandonato gli ostaggi israeliani ancora trattenuti dagli assassini di Hamas. Il suo rifiuto di raggiungere un accordo che permetta a tutti gli ostaggi di tornare in Israele si basa sull’argomento che impedirebbe una vittoria totale su Hamas. Ma la vittoria totale non è un’opzione ora e non lo è stata dal giorno in cui il Primo Ministro l’ha presentata per la prima volta. Doveva essere un obiettivo impossibile che avrebbe permesso al primo ministro, in qualsiasi momento, di dare la colpa del suo mancato raggiungimento all’esercito e alle forze combattenti in generale e alla persona che le guida, il tenente generale Herzl Halevi, in particolare. Il capo di stato maggiore delle Forze di Difesa israeliane ha una grande responsabilità per il terribile fallimento del 7 ottobre e, con il coraggio che ha caratterizzato tutte le sue azioni da quando ha indossato per la prima volta l’uniforme, ha guardato negli occhi la nazione di Israele e ha ammesso la sua responsabilità, così come il suo dovere di trarre conclusioni personali da questa responsabilità al momento opportuno. Il Primo ministro, che attraverso i suoi surrogati, i suoi familiari e i suoi portavoce nei vari media conduce sistematicamente una campagna contro i vertici militari, di sicurezza e politici che non scattano sull’attenti a ogni sua parola, non fa la cosa più ovvia e naturale che ci si aspetta da chi per molti anni è stato la forza dominante nel definire le priorità militari, di sicurezza e diplomatiche di Israele. Diffonde veleno, incitamento, disprezzo e un tentativo di minare la fiducia del popolo d’Israele nei comandanti che guidano le forze combattenti, in tempo di guerra”.

Olmert affonda il colpo con una durezza che dà conto del momento drammatico, forse il più drammatico, che attraverso Israele. “Accuso il Primo ministro di Israele di mettere deliberatamente in pericolo la vita dei soldati con la chiara intenzione di esporli a rischi che si concludono con la perdita di vite umane quasi ogni giorno. Questo, a causa del suo rifiuto di definire gli obiettivi dei combattimenti e di fissare i tempi per il loro raggiungimento, o di discutere come la Striscia di Gaza e la Cisgiordania saranno governate quando le battaglie finiranno. Accuso il Primo ministro di aver formato un gabinetto di sicurezza composto da un raro assortimento di persone prive di competenze, esperienza o comprensione del complesso sistema che dovrebbe fornire innumerevoli servizi e gestire infiniti problemi. Questo governo favorisce chiaramente gli interessi personali dei ministri e dei partiti che rappresentano e gli interessi dei gruppi di popolazione che notoriamente sostengono il governo, ignorando l’equa distribuzione degli oneri – uno dei principi fondamentali di qualsiasi Stato democratico, soprattutto in un momento in cui una parte significativa della popolazione sta crollando sotto il giogo e le difficoltà create dalla guerra, mentre un’altra parte si rifiuta di sostenere qualsiasi onere. E tutto questo insieme alla gestione manipolativa e corrotta delle risorse e dei beni dello Stato. La conseguenza di questa misera accozzaglia di membri del gabinetto è un crollo senza precedenti di tutti i servizi di cui il pubblico ha bisogno in circostanze normali, e soprattutto nelle circostanze eccezionali in cui ci troviamo dall’ottobre 2023. L’economia sta crollando, i servizi pubblici stanno crollando, intere aree del Paese sono deserte e il governo non ha un piano e non ha fatto alcuno sforzo per creare una risposta che possa migliorare la situazione e accendere un barlume di speranza”.

I disastri del governo peggiore nella storia d’Israele si proiettano fuori dai confini nazionali. Incalza Olmert:Accuso il Primo ministro di Israele di un tentativo deliberato di distruggere il delicato tessuto di relazioni, vitale per la sicurezza di Israele, con i Paesi arabi che sono legati a Israele da accordi di pace, principalmente Egitto e Giordania. Lo Stato mostra pubblico disprezzo per la sensibilità dell’Egitto in materia di sicurezza nell’area di Rafah e sulla rotta di Filadelfia, pur sapendo che il Cairo potrebbe reagire danneggiando il tessuto di relazioni che esiste da decenni tra i due Paesi. Queste relazioni sono un’infrastruttura essenziale per la salvaguardia degli interessi di sicurezza di Israele. La mancanza di rispetto per l’Autorità Palestinese e le violenze perpetrate sui residenti palestinesi della Cisgiordania mentre le forze di sicurezza chiudono gli occhi – in particolare quelle direttamente subordinate ai ministri Ben-Gvir e Bezalel Smotrich – potrebbero innescare una crisi drammatica nelle relazioni con la Giordania. Tale crisi era già imminente. Il governo lo sa, il primo ministro lo sa, ma si rifiuta di prendere le misure necessarie per contrastare una mossa che mira a sconvolgere la vita dei residenti palestinesi della Cisgiordania, ad avanzare la possibilità di deportarli e a consentire l’annessione dei territori a Israele, sotto l’ispirazione di Ben-Gvir, Smotrich e dei loro sostenitori. Accuso il Primo ministro di Israele di aver deliberatamente ostacolato la possibilità di stabilire un nuovo asse regionale basato su una partnership tra Stati arabi moderati come Egitto, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Arabia Saudita, e possibilmente altri Paesi musulmani al di fuori del Medio Oriente. Una proposta di normalizzazione delle relazioni, di pace e di cooperazione militare e politica tra questi Stati e Israele è all’ordine del giorno sin dagli eventi di ottobre. Lo Stato di Israele, sotto l’ispirazione, la guida e il comando del Primo Ministro, ha sventato ogni possibilità di raggiungere un tale accordo, nonostante la sua importanza strategica di vasta portata per la sicurezza del Paese e la sua capacità di far fronte alla minaccia iraniana. Accuso il Primo ministro di Israele di un tentativo deliberato di distruggere l’alleanza politico-militare di sicurezza tra Israele e gli Stati Uniti. L’aspetto strategico delle relazioni tra Israele e Stati Uniti non è iniziato con la creazione dello Stato. È stato costruito in un processo lungo e prolungato che ha avuto una svolta dopo la Guerra dei Sei Giorni. Da allora, gli Stati Uniti sono diventati partner, alleati e sostenitori di Israele, fornendo aiuti ed equipaggiamenti di una portata e di un’intensità che non hanno precedenti nella nostra breve storia e che sono anche un’eccezione allo schema delle relazioni dell’America con altri Stati nelle ultime generazioni.

Per molti anni, la stabilità politica di Israele sulla scena internazionale si è basata sul sostegno assoluto degli Stati Uniti. Nel 1973, al culmine della guerra dello Yom Kippur, fu l’America a inviarci aiuti con un ponte aereo che, secondo molti, permise di porre fine alla guerra con quella che Israele definì all’epoca una vittoria schiacciante. Da allora, gli Stati Uniti forniscono a Israele miliardi di dollari di aiuti ogni anno. L’intera Forza Aerea di Israele si affida completamente agli aerei americani: caccia, aerei da trasporto, aerei da rifornimento ed elicotteri. Tutta la potenza aerea di Israele si basa sull’impegno americano a difendere Israele. Non abbiamo altre fonti affidabili per le forniture essenziali di attrezzature, munizioni e armi avanzate che Israele non può produrre da solo. Negli ultimi mesi, centinaia di aerei da trasporto americani sono atterrati nelle basi dell’IAF trasportando migliaia di tonnellate di attrezzature militari avanzate e vitali e munizioni. Le accuse che il Primo Ministro ha rivolto agli americani, secondo cui essi starebbero ritardando la consegna delle forniture militari e quindi la vittoria totale di Israele sarebbe ritardata, non sono altro che provocazioni irresponsabili. Durante tutta questa guerra, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dimostrato il suo impegno illimitato nei confronti di Israele e della sua sicurezza. Anche per quanto riguarda gli ostaggi si può notare l’enorme differenza tra il primo ministro israeliano e il presidente americano. Mentre il primo usa tattiche di incitamento, provocazione, disprezzo e rifiuto nei confronti dei familiari degli ostaggi e delle vittime che non sono d’accordo con le sue decisioni – anche se si tratta di membri del suo stesso popolo, della cui situazione è responsabile – Biden li ha abbracciati tutti con amore, dimostrando la dedizione e l’emozione di un vero amico come nessun altro. Ai tempi in cui Israele affrontava il pericolo concreto dell’Iran, le portaerei americane solcavano le acque del Medio Oriente. Quando i missili iraniani sono stati lanciati dalla zona dello Yemen, sono stati neutralizzati dalle forze americane. Quando l’Iran ha deciso di rispondere all’assassinio in Siria di un membro delle Guardie Rivoluzionarie (anche se Israele non ha mai rivendicato la responsabilità dell’azione), l’America e, di conseguenza, anche la Gran Bretagna, la Francia e gli Stati arabi sono stati in prima linea nella difesa di Israele. Il Congresso ha approvato un pacchetto di aiuti multimiliardari per Israele, oltre ad aiuti annuali che sfiorano i 4 miliardi di dollari. Non ci sono precedenti di questa portata, forza e impatto sul campo di battaglia dalla creazione dello Stato. Netanyahu sta ora cercando di mandare in frantumi questo complesso sistema. Le sue manifestazioni di spavalderia e arroganza in televisione, in cui rimprovera il Presidente degli Stati Uniti e le sue azioni, sono un’esibizione magistrale di irresponsabilità, di perdita della calma e di disprezzo per i bisogni più elementari di Israele, nonché un tentativo calcolato di sabotare la campagna di rielezione di Biden”.

Le conclusioni a cui giunge Olmert sono in sintonia con le ragioni che sono alla base della manifestazione del 1°luglio. “Per ognuna di queste accuse – afferma Olmert – Netanyahu deve essere processato dal popolo di Israele. Questo non deve essere rimandato. Ogni giorno in più in cui quest’uomo maledetto continua a portare la responsabilità nominale della gestione dello Stato, è un pericolo concreto per il suo futuro e la sua esistenza. Netanyahu non vuole che la guerra finisca, non vuole che gli ostaggi tornino a casa vivi e non vuole un accordo nel nord che riporti i residenti nelle loro case. Non vuole fermare i maltrattamenti e le uccisioni dei residenti palestinesi in Giudea e Samaria. Netanyahu vuole una guerra che non finisca mai, indebolendo le relazioni di Israele con i suoi vicini e con gli Stati Uniti. Netanyahu vuole distruggere Israele, niente di meno. È giunto il momento di espellerlo”.