Pierbattista Pizzaballa: chi è il primo cardinale ad essere andato nella Striscia di Gaza

RMAG news

Un gesto di coraggio. Di umana solidarietà. Un atto simbolico dalla grande valenza politica. A compierlo non è un capo di governo o di stato. È un cardinale. Per la prima volta dall’inizio della guerra il patriarca di Gerusalemme dei latini Pierbattista Pizzaballa è entrato ieri mattina nella Striscia di Gaza. Il cardinale francescano, rende noto lo stesso patriarcato, “ha raggiunto la parrocchia della Sacra Famiglia per una visita pastorale”.

Si tratta della parrocchia che ospita molti sfollati cristiani e musulmani, che papa Francesco chiama tutti i giorni al telefono dall’inizio dell’offensiva militare israeliana. Per la prima volta dall’inizio della guerra il patriarca di Gerusalemme dei latini Pierbattista Pizzaballa è entrato nella Striscia di Gaza.

Insieme a Pizzaballa, prosegue la nota, “erano presenti Sua Eccellenza Fra’ Alessandro de Franciscis, Grande Ospedaliere del Sovrano Ordine di Malta, padre Gabriele Romanelli, parroco di Gaza e una piccola delegazione. Hanno incontrato la popolazione sofferente per incoraggiarla e per trasmettere un messaggio di speranza, solidarietà e sostegno”.

Padre Romanelli, religioso argentino, è il parroco della Sacra famiglia ma anch’egli è rimasto fuori dalla Striscia fino ad ora perché nel giorno del massacro di Hamas, il 7 ottobre, si trovava in Cisgiordania di ritorno da Roma, dove aveva preso parte al Concistoro con il quale il Papa ha elevato proprio Pizzaballa alla dignità cardinalizia.

La parrocchia, in tutti questi mesi, è stata gestita dal viceparroco, padre Yusuf Asad, con il sostegno di alcune suore. “Sua Beatitudine – prosegue la nota del patriarcato latino – ha presieduto la messa nella chiesa parrocchiale con la comunità locale. Durante il suo soggiorno, Sua Beatitudine ha effettuato una visita di cortesia alla parrocchia ortodossa di San Porfirio. La visita – conclude la nota – è anche la prima tappa di una missione umanitaria congiunta del Patriarcato Latino e del Sovrano Ordine di Malta, in collaborazione con il Malteser International e altri partner, mirata alla consegna di cibo salvavita e assistenza medica alla popolazione di Gaza”.

Nella Striscia, prima della guerra, a fronte di circa un migliaio di cristiani, per lo più ortodossi, circa 130 erano cattolici. Anche tra questi ci sono state vittime. Emblematici i casi di mamma e figlia che sono state uccise da un cecchino in un’area del cortile del complesso della Chiesa e una adolescente è morta di caldo attendendo il permesso per poter uscire.

Un gesto di conforto, una goccia di speranza in un mare di sofferenza. Che non ha fine. «Altre truppe» entreranno a Rafah. Lo ha annunciato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant aggiungendo che «l’operazione si intensificherà». «Il risultato – ha affermato – è che stiamo indebolendo Hamas».

L’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso dei rifugiati palestinesi (Unrwa) ha dichiarato che circa 450.000 persone sono state costrette a lasciare i loro rifugi a Rafah dal 6 di maggio. L’Unrwa ha aggiunto che i residenti di Rafah affrontano una situazione sempre più precaria, di stanchezza e fame, e l’unica speranza è un cessate il fuoco.

“Le strade a Rafah sono vuote e le famiglie fuggono in cerca di sicurezza. Le persone affrontano una costante stanchezza, fame e paura”, si legge nella nota dell’agenzia Onu. “Nessun posto è sicuro. Un cessate il fuoco immediato è l’unica speranza”.

La città nell’estremo Sud della Striscia di Gaza, dove Israele sta intensificando la sua offensiva, fino a una settimana fa ospitava 1,4 milioni di persone. «In termini di velocità e di portata, la guerra a Gaza è il conflitto più mortale del mio mandato da segretario generale delle Nazioni Unite, per civili, operatori umanitari, giornalisti e personale Onu».

È quanto dichiara il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, in un post su X, in cui aggiunge che «il bilancio delle vittime civili continua ad aumentare». «Qualsiasi attacco a Rafah è inaccettabile – dice ancora – provocherebbe un’altra ondata di miseria quando avremmo bisogno di un’ondata di aiuti salvavita».