Filippo Mosca, confermata in Appello la condanna a 8 anni per l’italiano arrestato in Romania: da un anno è in carcere

RMAG news

Otto anni e tre mesi di reclusione, confermando così la sentenza di primo grado del 22 dicembre scorso. La Corte d’Appello romena ha ribadito la condanna di Filippo Mosca e Luca Cammalleri, i giovani di Caltanissetta rinchiusi nel carcere di Porta Alba, a Costanza, in Romania, da oltre un anno.

La condanna in Romania di Filippo Mosca

I due sono accusati di traffico internazionale di stupefacenti. Stessa condanna anche per una ragazza italiana, della quale non si conosce la identità. Sul sito dello stesso tribunale di Costanza si legge che i giudici “respingono, poiché infondati, i ricorsi contro la sentenza penale”.

I giudici romeni per i giovani italiani hanno sempre respinto la richiesta di arresti domiciliari, presentata più volte dai legali. Filippo aveva deciso con alcuni amici di recarsi ad un festival che ogni anno all’inizio di maggio si svolge a Costanza, in Romania, al Teatro estivo: il 3 maggio dello scorso anno era stato fermato e arrestato per traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

L’arresto di Filippo Mosca e la detenzione brutale

La vicenda di Filippo era finita anche in Parlamento, grazie ad una interrogazione indirizzata al ministro degli Esteri Antonio Tajani da parte di Roberto Giachetti, deputato di Italia Viva che per primo si era interessato al caso del nostro connazionale recluso in Romania.

Mosca è recluso nel carcere di Porta Alba a Costanza, “uno dei peggiori carceri europei, più volte oggetto di condanna da parte della Corte Edu per trattamenti inumani e degradanti”, aveva ricordato Giachetti.

Appena fatto l’ingresso in istituto, Filippo è stato messo in isolamento Covid per 21 giorni “in una stanza invasa dai topi e zeppa di escrementi anche sui materassi, vecchi e maleodoranti”. Successivamente “è stato spostato in una cella di circa 35 metri quadri dove alloggiano 24 detenuti, in condizioni igienico-sanitarie immonde, con un buco per terra per fare i bisogni, sporco e nauseabondo, e con la possibilità di lavarsi una volta a settimana, raramente con l’acqua calda, in docce che consistono in tubi che fuoriescono dalle pareti senza separazioni per preservare un minimo di privacy; anche i riscaldamenti non funzionano mentre fuori ci sono temperature che in inverno raggiungono i 10 gradi sotto zero”.

Gli appelli vani della madre Ornella

Giovedì, alla vigilia della sentenza, la madre di Filippo Ornella Matraxia aveva raccontato ai microfoni di Newzgen, trasmissione prodotta da Alanews, della “speranza che le cose possano cambiare, però, razionalmente, cerchiamo di essere pronti al peggio, così da non ricevere una delusione troppo cocente e continuare ad aver forza”.

Ornella ha poi descritto i tentativi, vani, di coinvolgere le istituzioni politiche, soprattutto dopo la denuncia delle condizioni disumane cui il figlio è sottoposto nelle carceri rumene: “Ho scritto al presidente Mattarella, senza ottenere risposta, mentre l’atteggiamento del ministro Tajani, che ha allargato le braccia dicendo di non poter fare nulla, non mi è sembrato propositivo. La risposta del mondo politico è sempre stata che di cittadini italiani detenuti all’estero ce ne sono 2.400, ma il mio pensiero è che sia dovere del nostro Paese dare assistenza e supporto a tutti e 2400 i casi, verificando quali siano le condizioni di detenzione e se vi siano stati giusti processi: e in caso contrario, come accaduto a Filippo, battere maggiormente i pugni sul tavolo con gli omologhi degli altri Paesi, battendosi per i propri cittadini. Io non mi aspetto che le cose cambino proprio perché mi sono sentita tanto abbandonata dalle istituzioni“.

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