Chi era Gabriella Ferri: la cantautrice di Testaccio regina della povera gente

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«Di notte i tuoi occhi brillavano più forte della luce di giorno, il tuo amore riscaldava più del sole». (Seva Borzak)

Era bella Gabriella Ferri, talmente tanto affascinante da accecare e riscaldare più del sole. Bella, nella sua essenza romana e romanaccia, che sapeva di vita vera e vissuta. Era bella ed aveva appena vent’anni quando ha iniziato a diventare quella che poi sarebbe stata una regina, incontrastata, non solo di Roma.

Perché sì, Roma era sua, le apparteneva, ma Gabriella Ferri è stata l’interprete di un’amarezza comune ai più, priva di coordinate, di quell’amarezza che parte dalla capitale ma che abbraccia una penisola intera. Una regina con una voce talmente amara, sofferta, talmente presente, da far commuovere e strappare l’anima.

Gabriella Ferri aveva la voce che graffiava dentro. Sono passati esattamente vent’anni dalla sua morte, avvenuta quando aveva soli 61 anni, da quello che in tanti indicano come un volo verso chissà che cosa, e che invece la famiglia nella realtà delle cose, conferma essere stata una caduta dal balcone, un giramento di testa, un malore dovuto ai farmaci, chissà.

Gabriella Ferri vola via il 3 aprile del 2004, leggera, leggerissima, non appesantita dagli anni, forse appesantita dalle malinconie, dal passato, da un riconoscimento non sempre avvenuto e che forse le sarebbe spettato più che a molti altri. Gabriella Ferri vola leggera, come quella musica che ha sempre portato avanti.

Musica leggera ma con l’amaro in bocca, di chi vive la strada, di chi guarda in faccia il dolore e lo sorvola intonando uno stornello. La leggerezza della povertà, della lotta quotidiana, di chi si sveglia all’alba e regala dignità al proprio nome e ai propri figli.

La dignità negli occhi profondi di Gabriella, quasi a sembrare una mascherina, con quegli occhi truccati a fondo. Gabriella nasce e cresce nel cuore di Roma, a Testaccio, e di questa origine farà il suo marchio di fabbrica, la sua natura, la sua appartenenza, quel cuore testaccino che la renderà regina sì ma del popolo, popolare e popolana.

Inizia a fare i lavori più disparati, dapprima operaia e poi commessa, e sarà proprio in uno di questi negozi di abbigliamento che conoscerà la sua compagna futura di lavoro, Luisa De Santis, con la quale darà vita al duo che prende semplicemente il nome di “Luisa e Gabriella”.

Insieme portano avanti e cercano di riportare alla ribalta il repertorio della musica folk e popolare romana, di cui il papà (figura alla quale sarà molto legata nel bene e nel male) di Gabriella era molto appassionato. Ma non è Roma ad offrirle la possibilità di diventare qualcuno, bensì Milano.

Nella capitale lombarda Luisa e Gabriella iniziano ad esibirsi con i loro spettacoli, e in una di quelle serate all’Intra’s Club di Milano hanno la fortuna di essere notate da Walter Guertler, produttore discografico con il quale firmano nel 1964 il primo contratto per la casa discografica Jolly e pubblicano il primo 45 giri, primo 45 giri che riproponeva una versione del brano La società dei magnaccioni.

Iniziano così le prime apparizioni in tv, da Mike Bongiorno, quando allora presentava La fiera dei sogni. Poi nel 1965 le due firmano la colonna sonora di 008 operazione ritmo di Tullio Piacentini.

Poi si va avanti, la Jolly fa uscire sul mercato una serie di 45 giri, tutte rivisitazioni di Luisa e Gabriella, come Vitti na crozza e Ciuri ciuri, non solo Roma dunque, ma la tradizione musicale del nostro paese, e più avanti anche il brano È tutta roba mia, con le musiche del maestro Ennio Morricone.

Ma il duo ha vita breve, soprattutto per le insicurezze legate alla personalità di Luisa, che decide di abbandonare artisticamente Gabriella Ferri, che però ormai sa quello che vuole e sa che il palco è il suo posto nel mondo.

Inizia così la sua carriera da solista e nel 1966 è in tour con uno spettacolo teatrale di musica popolare insieme a Caterina Bueno, Otello Profazio e l’attore Lino Toffolo. Dopo la tournée e ormai dopo aver salutato gli anni a Milano, ritorna nella sua Roma ed entra a far parte del Bagaglino, divenendone la cantante ufficiale.

È proprio al Bagaglino che conosce Piero Pintucci con il quale inizierà una lunga e proficua collaborazione artistica. Il successo, la tv, il Bagaglino, ormai Gabriella Ferri è una cantante conosciutissima ed è entrata con tutta la sua voce disperata ma piena di vita nel cuore degli italiani.

Manca l’amore però, che in questo periodo trova nel diplomatico Giancarlo Riccio e con il quale si sposa nel 1967 e si trasferisce per lui in Congo. Ma Gabriella sente la mancanza di Roma, vuole tornare a casa, vuole tornare sul palco, non riesce a stare lontana dalla sua gente e dalla sua musica.

Così dopo un anno rientra nella capitale e nel 1970 rompe il matrimonio con Riccio. Frequenta il Folk studio, il Piper, dove conosce e stringe un forte legame d’amicizia con la Divina Patty Pravo. Addirittura, nel 1969 si presenta a Sanremo con il brano Se tu ragazzo mio, in coppia, pensate, con l’immenso Stevie Wonder ma la canzone viene subito eliminata e dopo quel Sanremo Gabriella Ferri non parteciperà più al festival.

Ma Gabriella Ferri è amata, tantissimo e la sua voce ormai è patrimonio di quell’Italia che sta cambiando e che nel bene e nel male subisce trasformazioni sociali e politiche. Lo stop di Sanremo non ferma il suo successo, anzi ne ha talmente tanto che la Rca pubblica alla fine del 1969 l’album Gabriella Ferri che conterrà canzoni che saranno emblematiche del repertorio della regina di Roma: da Ciccio Formaggio a Sinnò me moro (scritta da Pietro Germi con le musiche di Carlo Rustichelli) fino a Sor fregnone, scritta insieme a Vittorio Nocenzi del Banco del Mutuo Soccorso.

E poi scombina, rilancia, ricanta e si riappropria di un brano già famosissimo come Dove sta Zazà? Ma non solo cantante, Gabriella diventa presentatrice, e intrattenitrice di talento insieme a Enrico Montesano e Pippo Franco.

E poi nel 1972 conosce il suo futuro marito Seva Borzak, dal quale avrà il suo unico figlio. Nel 1976 è nel film Remo e Romolo, storia di due figli di una lupa e poi nel 1980 arriva una bellissima collaborazione con Paolo Conte, che segna e fa capire ancora di più quanto talento ci fosse in Gabriella Ferri, non solo in fatto di musica tradizionale ma per la musica tout court.

Gabriella Ferri dimostra al pubblico di avere mille sfaccettature, capace di conquistare la ribalta con il suo corpo sottile e slanciato ora sapeva domare il palco anche con il corpo un po’ appesantito, grazie a una voce che si imponeva su ogni cosa.

Nell’impasto vocale di Ferri c’è tutta l’anima di una donna che canta l’amarezza che ha vissuto, la tradizione popolare che sa parlare a tutti, le giornate vissute sotto le bombe e quelle vissute al mercato.

Gabriella canta degli italiani e dell’Italia, di gente furba e di gente ingannata, e canta soprattutto di vite spezzate, di disperazione e coraggio. Gabriella canta la gente comune, canta sé stessa, si fa carico della condizione di sofferenza delle persone, regala loro la sua voce, quella voce simile ad uno strappo, uno strappo dato con forza per uscire dal buio che diventa un appiglio per tutti quelli che lottano ogni giorno per risalire dall’abisso.

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