Diamo un ambasciatore a Maysoon e Marjan

Diamo un ambasciatore a Maysoon e Marjan

Il Quotidiano del Sud
Diamo un ambasciatore a Maysoon e Marjan

Ci sono due donne prigioniere nelle carceri calabresi. Una è a Castrovillari dal 31 dicembre 2023, ha 27 anni, si chiama Maysoon Majidi, è un’attrice e regista iraniana. Maysoon è fuggita dal suo paese perché rischiava di essere nuovamente arrestata dalla “polizia morale” per aver preso parte alle proteste per l’uccisione di Mahsa Amini, la ventiduenne rea di non aver indossato correttamente l’hijab. L’altra è Marjan Jamali, 29 anni, iraniana, madre di un bambino di 8 anni da cui è stata separata. Sta in carcere a Reggio Calabria dal 27 ottobre 2023, ha tentato il suicidio. Entrambe sono accusate di essere delle scafiste: sarebbero state, cioè, al comando delle imbarcazioni che le hanno portate in Italia. Chiunque le abbia incontrate, tende a non crederci.

Il loro avvocato è Giancarlo Liberati. Come legale, deve difendere chiunque glielo chiede. Con gli scafisti ha adottato una tattica precisa: indaga come se fosse lui il Pm e, se arriva alla conclusione che sono colpevoli, chiede il patteggiamento per ottenere la riduzione della pena. Se si fa la convinzione che sono innocenti, si batte per far uscire (arresti domiciliari) le persone coinvolte, per portarle in aula col rito ordinario e puntare all’assoluzione. Sulle due donne prigioniere dice, lapidario: “Casi così non ne avevo mai visti”.
Chissà perché un’attrice e regista politicamente impegnata che si batte contro la discriminazione delle donne e in favore dei diritti dei curdi, dovrebbe assumere il ruolo di scafista su una barca di migranti.

E perché una madre con un bambino di otto anni dovrebbe mettersi al comando di un’imbarcazione dopo aver pagato 14mila dollari il passaggio (9mila per lei e 5mila per il ragazzino) sborsati dal padre che ha esibito tanto di ricevuta? E come se non bastasse, a sostegno delle accuse ci sarebbero le testimonianze di tre tipi loschi che, durante il viaggio, hanno cercato di violentarla e all’arrivo l’hanno accusata di “scafismo” per poi fuggire all’estero da dove sarà molto difficile farli estradare.

L’avvocato Liberati si è limitato a chiedere una misura cautelare più blanda come gli arresti domiciliari, che permetterebbero a Marjan di riunirsi al suo bambino finora ospitato da una famiglia afgana, ma che, adesso, dovrà andarsene in una casa-famiglia. Stessa richiesta per Maysoon che, durante la detenzione ha perso tredici chili: sarebbe un modo per riprendersi un pezzetto di vita e di speranza in attesa del processo. I magistrati hanno risposto fino ad oggi negativamente: se danno i domiciliari ci sarebbe il pericolo di fuga. Verrebbe da chiedere ai giudici quanti cittadini italiani e stranieri vengono messi quotidianamente ai domiciliari con un rischio di fuga pari se non superiore a quello delle due donne.

Ma non c’è solo questo nelle storie parallele di Maysoon e Marjan. In questa vicenda pesa, infatti, anche il ruolo degli interpreti e delle difficoltà linguistiche. Marjan, ad esempio, è stata interrogata con un interprete curdo iracheno mentre lei parla il farsi. E tutti gli atti le sono stati notificati in lingua araba che non conosce. Anche la religione e le questioni di genere hanno avuto un peso perché tra sciti (Marjan è scita) e sunniti non corre buon sangue e perché, comunque, una donna che cerca la libertà per sé e per suo figlio, che veste “occidentale” e si ribella alle imposizioni della polizia morale iraniana, non è certo un esempio di virtù. E se questa donna denuncia tre uomini perché hanno tentato di violentarla, è facile che la cosa si ritorca contro di lei.

L’avvocato Liberati è abbastanza ottimista sull’esito del processo, ma intanto le due donne devono stare in galera e, forse, non riescono neanche a capire bene perché. Per questo, all’inizio, abbiamo parlato di due “prigioniere”. Prigioniere nostre, dello Stato italiano, di un sistema processuale che, almeno in questo caso, si sta dimostrando poco umano. E’ giusto fare la battaglia per Ilaria Salis prigioniera di un sistema giudiziario durissimo e molto diverso dal nostro. Ma non dimentichiamoci di Maysoon e Marjan: è probabile che se venissero da paesi democratici e ricchi, i loro ambasciatori avrebbero già bussato al nostro governo chiedendo conto di questa incredibile situazione. Maysoon e Marjan non hanno ambasciatore. Indegnamente proviamo a sopperire.

Il Quotidiano del Sud.
Diamo un ambasciatore a Maysoon e Marjan

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *