Elezioni Europee, intervista a Cecilia Strada: “Diritti umani e migranti siano l’agenda del Pd”

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Se c’è una candidatura che segna la discontinuità del “nuovo Pd” di Elly Schlein dal passato, su temi cruciali e di stringente, drammatica attualità, come quelli legati all’impegno per i migranti e alla pace, è la candidatura di Cecilia Strada, capolista Pd alle elezioni europee dell’8-9 giugno nella Circoscrizione Nord-Ovest.

A sintetizzare il suo profilo, il senso di un impegno costante – è stata presidente di Emergency dal 2009 al 2017, dal 2021 è responsabile della comunicazione per la onlus italiana ResQ – People Saving People è la motivazione del Premio Nazionale Cultura della Pace, assegnatole nel 2018: “Per le molteplici attività svolte, per la sua opera sociale all’interno di un’associazione, così come per il lavoro di informazione, controinformazione e testimonianza riguardo ai teatri di guerra e alle possibili soluzioni da adottare. Tutto ciò ha permesso e permette a molti di conoscere realtà complesse, di aprire orizzonti diversi e di creare spazi di impegno decisivi per il progresso della società”.

Nel 2017 ha scritto La guerra tra noi. Sono andata lontano. Per capire quello che succede qui (Rizzoli), che si conclude così: “Se mi guardo indietro, vorrei solo aver dedicato più tempo, in mezzo alle macerie, a mettere via i mattoni delle cose belle e positive, delle alternative possibili, di chi anche in tempo di guerra, costruisce pezzi di pace”. Una costruzione che passa anche per Bruxelles.

Cecilia Strada, una vita dalla parte dei più indifesi tra gli indifesi: le popolazioni civili vittime delle guerre, 59 attualmente in corso, che devastano il mondo, i migranti respinti o lasciati morire in mare. Un impegno che oggi incontra il Pd. Lei è capolista dem alle elezioni europee nella Circoscrizione Nord-Ovest. Qual è il segno politico di questo incontro?
Ho passato gli ultimi trent’anni a occuparmi in diversi modi di diversi diritti umani. Dalla mia prima conferenza fino all’ultima missione in mare pochi mesi fa, il racconto del lavoro umanitario finiva sempre con una richiesta alla politica: fate la vostra parte, per favore, per farci diventare inutili. Quella parte, adesso, voglio farla io. Perché non è giusto che esseri umani saltino sulle mine antipersona o muoiano sotto le bombe, che i poveri non possano curarsi, che i bambini anneghino, che le disuguaglianze scavino le nostre società, eccetera eccetera. Quando Elly Schlein mi ha chiesto di candidarmi ho pensato che potessi continuare a fare la mia parte, ma aggiungendo un pezzo in più. Quindi ho accettato per farmi portatrice delle istanze che mi vedono impegnata da che ne ho memoria: contro ogni disuguaglianza, per la giustizia sociale e diritti umani. Le elezioni saranno un momento cruciale per scegliere l’Europa che vogliamo e di cui abbiamo bisogno, un’Europa giusta e solidale, più attenta alle persone, più protagonista negli scenari mondiali, che non si arrende all’inevitabilità della guerra globale, ma si impegna a costruire la pace.

In passato lei non ha lesinato critiche alla sinistra quando ha assunto responsabilità di governo, ad esempio, sulla “guerra alle Ong” in mare avviata da Marco Minniti, quando era ministro dell’Interno. Ministro Pd. Con Elly Schlein si svolta?
Anche la recente sentenza sul caso Iuventa ha dimostrato – ancora una volta – l’inconsistenza e la falsità di quelle accuse vergognose. In questo ultimo anno sul tema immigrazione da parte del Pd si è sicuramente accentuata una politica di attenzione e di presa di consapevolezza, sia a livello italiano che europeo, che considera quelle vite in mare bisognose di aiuto. L’Italia sotto il governo Letta, a seguito della strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013 con 368 morti accertati, aveva avviato l’operazione Mare Nostrum che doveva rendere possibile il salvataggio di tante persone. È durata poco. Gli accordi con la Libia del 2017, sotto il ministro Minniti, sono invece l’esempio di quello che la politica non deve mai fare: le tasse degli italiani utilizzate per finanziare i respingimenti e le violazioni dei diritti umani di uomini, donne e bambini. Schlein e il partito hanno cambiato rotta, e ci presentiamo alle elezioni chiedendo canali di accesso sicuri e legali, una missione di ricerca e soccorso europea, tutela dei diritti. In Europa continuerò a portare la mia esperienza, quanto ho visto, ascoltato e annusato nel Mediterraneo.

Il mondo è sempre più dentro una terza guerra mondiale a pezzi, per usare le parole di Papa Francesco. Tra meno di due mesi si vota per le europee, ma il dibattito in Italia si concentra su alleanze, candidature, colpi bassi.
Francesco è stato per anni l’unico a gridare a gran voce il rischio che il mondo stava correndo e che oggi più che mai è sotto gli occhi di tutti noi con la guerra in Ucraina e il massacro a Gaza, senza dimenticare tutte le altre tragedie in corso nel mondo. Dall’Europa, dalle istituzioni europee, nate dalle ceneri del secondo conflitto mondiale, deve venire anche una riflessione e soprattutto iniziative forti volte a favorire cammini comuni di pace e, come richiesto anche dal Pd, di cessate il fuoco dovunque, e la costruzione di una pace giusta. Mi auguro che in questo mese e poco più di campagna elettorale nel confrontarci sul futuro dell’Europa si parli di come rafforzarla politicamente tralasciando discussioni di bassa lega.

La mattanza di Gaza ha raggiunto dimensioni apocalittiche: 10mila donne uccise in sei mesi, oltre 13.800 bambini morti per i bombardamenti, la fame e le malattie legate alla guerra. “La guerra a Gaza sta avendo un impatto inimmaginabile sui bambini. A Rafah, una città di bambini, le conseguenze di un’ulteriore escalation potrebbero essere devastanti. Le vite dei bambini devono essere protette. Tutti gli ostaggi devono essere liberati”. È l’accorato appello lanciato ieri dalla la Direttrice generale dell’Unicef Catherine Russell. Ma chi osa criticare Israele viene manganellato o tacciato di antisemitismo.
L’immane tragedia che ha colpito tanti israeliani inermi lo scorso 7 ottobre nell’attacco di Hamas è qualcosa di inaccettabile. Punto. Non c’è discussione. Penso però sia sotto gli occhi di tutti la sproporzione, per usare un eufemismo, di morti causati dall’azione dell’esercito israeliano a Gaza. Un’operazione che, e sono in primis i familiari degli ostaggi a dirlo, non ha portato neanche lontanamente al risultato sperato. Criticare il governo israeliano non è antisemitismo. Criticare pacificamente l’azione di un governo che tollera l’occupazione di 700mila coloni in Cisgiordania non è antisemitismo. Anche solo pensarlo è un’offesa verso la popolazione israeliana – ed è tanta – che critica l’azione del suo governo. Leggiamo, poco, ma leggiamo anche sui nostri media di iniziative di israeliani che criticano il governo di Netanyahu e i ministri che compongono il suo esecutivo. Penso si debba ritornare all’interno di un recinto di buonsenso. Muovere una critica verso un governo non è un’azione antisemita né intollerante.

Armi all’Ucraina ma per la Palestina non c’è posto alle Nazioni Unite. Due pesi e due misure?
Con queste due tragedie tocchiamo con mano quella che molti definiscono realpolitik ma che per altri, tra cui me, è semplicemente la rincorsa a degli interessi, piccoli o grandi che siano. Se si vuole veramente raggiungere il risultato di due popoli e due Stati, mai come ora il voto delle Nazioni Unite non deve essere più oggetto di veto. Riguardo l’Ucraina, la vedo come il Cardinale Zuppi: “Si vis pacem, para pacem”, se vuoi la pace prepara la pace. L’Europa deve tornare ad avere una voce e una politica che spinga affinché si creino le condizioni per le trattative di pace.

Il Mediterraneo e le stragi di migranti. Tema caro a l’Unità. Tema che sembra scomparso dal dibattito politico e dall’attenzione della sinistra. Sarà perché i migranti non votano?
I migranti, come tanti altri, sono gli ultimi che vengono buoni solo quando ci sono delle stragi: Lampedusa, Cutro, il piccolo Alan Kurdi. Tutti pronti a piangere, dichiarare e dimenticare due giorni dopo, anche nell’ambito della sinistra ovviamente. Questa battaglia riguardo i migranti deve essere portata avanti con ancora più forza e vigore nel corso della prossima legislatura, perché l’Europa è la culla dei diritti e non può permettersi politiche di basso cabotaggio e di opportunismi politici. L’Europa conclude la legislatura votando il Patto Ue migrazioni e asilo – il Partito Democratico non l’ha approvato – che è stato definito una “svolta storica”, ma che è un grande passo indietro sui diritti umani, e nemmeno tutela i Paesi di primo approdo come l’Italia. Bisogna fare molti passi avanti, su questo tema, ma stavolta nella direzione giusta. Sarà uno degli impegni dei prossimi anni.

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