Gaza: fragole e sangue, come mezzo secolo fa

RMAG news

L’America è in subbuglio. I ragazzi dopo tanti anni sono tornati per le strade e hanno occupato le università. L’ultima notizia riguarda la Columbia, ateneo simbolo, situato nel cuore di Uptown,

Manhattan, nel quartiere che storicamente era il luogo dove viveva la sinistra ebraica. Il quartiere dei Rosenberg, scienziati comunisti uccisi sulla sedia elettrica per volontà di Eisenhower che respinse la richiesta di grazia avanzata da Picasso, Einstein, Russel e centinaia di intellettuali di tutto il mondo.

Columbia è occupata. In centinaia di altre università la polizia è intervenuta ripetutamente e brutalmente per manganellare gli studenti. Ne ha arrestati a migliaia. Ma non mi pare che li abbia piegati. La mobilitazione è cresciuta.

Il tema di questa mobilitazione è la guerra in Medioriente. Cioè l’assalto di Israele alla Palestina. A Gaza, alla Cisgiordania. Sta provocando un vero massacro con pochi precedenti nel mondo occidentale. L’unico precedente forse è la guerra americana in Vietnam.

E infatti le scene che vediamo in questi giorni in Tv ricordano proprio le scene di più di mezzo secolo fa. torna in mente il film “Fragole e Sangue” del regista Stuart Hagman, bellissimo, struggente, del 1970: si conclude con gli studenti “matati” dalla polizia della California, che reagiscono immobili, seduti a terra sotto i colpi dei manganelli, cantando in coro “give peace a chance”, la celeberrima canzone pacifista di John Lennon.

Qui in Italia i mass media si occupano poco della questione. E quando se ne occupano la trattano con lo snobismo dei benpensanti. Accusano i ragazzi di voler solo fare la moda, di essere ignoranti, di non sapere di politica.

Non capiscono – le persone perbene – che sta succedendo una cosa molto importante in America, e forse non sanno che l’America, in politica (e non solo), anticipa sempre il resto del mondo.

Non vedono l’analogia tra questa rivolta e la ribellione che alla fine degli anni sessanta stravolse il volto dell’America e il suo spirito pubblico. Creò figure come quelle di Eugene McCarthy, Bob Kennedy, Abbie Hoffman, che misero a soqquadro i salotti della borghesia.

È dura per il nostro establishment misurarsi con questi fenomeni. Del resto anche alla fine degli anni sessanta gran parte della borghesia borghese sapeva solo indignarsi per i capelli lunghi dei ragazzi. Oltre non andava.

È complicato uscire dal metro di giudizio fondato essenzialmente o esclusivamente sull’ordine pubblico. I più istruiti richiamano addirittura Pasolini (che però non credo conoscano molto bene) per dire: noi stiamo coi poliziotti.

Non vedono che la lotta non è tra poliziotti e studenti. La lotta è tra una generazione in rivolta e un’idea gerarchica e guerresca del mondo, e più precisamente un’idea che vede nel diritto alla supremazia dell’Occidente la chiave della modernità.

Beh, se mi dovessero chiedere: secondo te è più moderno Abbie Hoffman o Biden, o Macron, o Meloni, o Scholtz – non cito nemmeno Netanyahu e Putin e Zelensky – risponderei senza esitazione: Hoffman, amici miei. Di gran lunga.

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