Genocidio a Gaza, insorgono le università americane: centinaia di studenti arrestati

RMAG news

Ieri il Vietnam, oggi la Palestina. Oggi come ieri, il movimento di protesta nasce nei campus universitari. E si estende dalle più prestigiose università a quelle periferiche. Una protesta che coinvolge anche il corpo docente. E scatta la repressione.

Lunedì la polizia statunitense ha arrestato decine di persone che da tre giorni stavano manifestando in favore del popolo palestinese all’università di Yale, nel Connecticut, una delle più prestigiose degli Stati Uniti.

Il giornale studentesco Yale Daily News ha scritto che gli agenti hanno bloccato gli ingressi dell’università verso le 6:45 di lunedì (le 12:45 in Italia) e un portavoce di Yale ha detto che tra i manifestanti non c’erano soltanto studenti e laureati, ma anche persone non iscritte all’ateneo.

L’università ha scritto in una nota che tra le persone arrestate ci sono anche 47 studenti, e che prenderà provvedimenti disciplinari nei loro confronti. Nello stesso giorno sono state arrestate decine di persone che avevano partecipato a una manifestazione in favore della Palestina davanti alla New York University (NYU), a Manhattan.

Centinaia di docenti della Columbia University hanno partecipato ad una protesta contro la decisione della rettrice del prestigioso ateneo newyorkese Nemat Minouche Shafik di chiamare la polizia e far arrestare oltre 100 studenti che stavano da giorni accampati per protestare contro la guerra a Gaza. Tra loro Isra Hirsi, 21 anni, figlia della deputata democratica Ilhan Omar.

Poi rilasciati, sono stati sospesi e informati via e-mail che avevano 15 minuti per liberare i dormitori di Columbia e Barnard College, a poche settimane dalla fine del semestre. La manifestazione di solidarietà degli insegnanti è avvenuta mentre gli studenti sono tornati a montare le tende nel piazzale principale del campus.

L’accampamento è stato organizzato da una coalizione di gruppi guidata da studenti, tra cui la Columbia University Apartheid Divest, Students for Justice in Palestine e Jewish Voice for Peace. Un professore della Columbia citato da al-Jazeera ha detto che la comunità dei docenti è “rimasta scioccata dal fatto che i nostri funzionari universitari si siano arresi alle pressioni politiche esercitate dai partiti estremisti di destra”.

L’emittente con sede a Doha ha tramesso alcune interviste di studenti “espulsi” con l’accusa di aver “manifestato per fermare la guerra e il genocidio contro il popolo palestinese a Gaza”. I docenti contestano anche il fatto che gli studenti arrestati siano stati sospesi.

Le sezioni di Columbia e Barnard dell’American Association of University Professors hanno già condannato la scorsa settimana il pugno di ferro di Shafik, dicendosi «scioccati dal suo fallimento nel difendere la libera discussione centrale nella missione educativa di un’università».

Helen Benedic, docente di giornalismo che era presente al momento dello sgombro da parte della polizia, ha definito, secondo quanto riporta il Guardian, inviare «polizia antisommossa con armi in un campus» è stata «una reazione esagerata».

Giovedì scorso, circa 500 manifestanti hanno marciato presso l’Università della California del Sud a sostegno di Asna Tabassum, una studentessa musulmana il cui discorso di commiato è stato annullato dall’università, per motivi di sicurezza.

A Boston una protesta è stata organizzata dalla Boston University Students for Justice in Palestine mentre a Harvard il Comitato di Solidarietà per la Palestina ha annunciato l’uscita in massa dei suoi affiliati dalle lezioni.

La tensione è altissima. Ieri a New York la polizia in assetto antisommossa ha cominciato a fare arresti per disperdere una protesta di studenti della New York University in solidarietà con i compagni della Columbia.

Furgoni usati per trasportare i fermati sono allineati ai margini della manifestazione, i cui partecipanti gridano slogan invitando a “tenere le linee” e a ritirare i fondi dell’ateneo a favore di Israele. Alcuni slogan equiparano le azioni della polizia di New York a quelle del Ku Klux Klan. Quattro ore prima, la New York University aveva fatto appello ai manifestanti di sciogliere la protesta.

Proteste sono state programmate anche alla Ohio State University e alla University of North Carolina. il movimento pro Palestina ha coinvolto anche il Massachusetts Institute of Technology (MIT), la Tufts University e l’Emerson College, tre università di Boston, in Massachusetts, dove da domenica decine di studenti si sono accampati in tenda davanti agli ingressi dei rispettivi atenei.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha criticato le proteste, specialmente quella della Columbia, dicendo che durante il suo svolgimento si sono verificati episodi di antisemitismo contro alcuni studenti ebrei.

Gli studenti organizzatori della protesta alla Columbia hanno risposto a Biden dicendo che alcuni degli organizzatori erano ebrei e che fra i manifestanti arrestati c’erano 15 studenti ebrei. All’Università della California, a Berkeley, gli studenti si sono accampati sui gradini della Sproul Hall, nel centro del campus.

Gli studenti della Cal Poly di Humboldt, nel nord della California, hanno occupato la Siemens Hall e sono stati affrontati dalla polizia in tenuta antisommossa. Dai campus universitari alle aule del Congresso. Il Senato americano ha iniziato ieri a votare il pacchetto di aiuti militari all’Ucraina, Israele, Taiwan, insieme alla legge per il bando a Tik Tok.

Bernie Sanders, il senatore indipendente per due volte arrivato vicino alla nomination democratica alla Casa Bianca grazie al sostegno della sinistra americana, ha già annunciato che intende presentare un emendamento per togliere dal pacchetto i quasi 13 miliardi destinati agli aiuti militari ad Israele – 4,4 per l’invio nuove armi e munizioni Usa, 3,5 per aiutare Israele ad acquistarne altre e 5 miliardi per i sistemi di difesa aerea – e che in questo caso, sottolinea Sanders, finiranno per finanziare la sua «offensiva militare» a Gaza.

«Sondaggio dopo sondaggio, gli americani hanno mostrato il loro crescente disgusto per la macchina da guerra di Netanyahu e per il disastro umanitario che ha provocato a Gaza. Quando è troppo è troppo, non possiamo continuare a finanziare questa orribile guerra», ha dichiarato l’anziano senatore, che nelle sue campagne presidenziali ha sempre sottolineato l’importanza della sua identità ebraica e negli anni ‘60 ha vissuto un periodo in kibbutz israeliano. Secondo Sanders, «il Senato dove avere la possibilità di dibattere e votare componenti chiave di questo consistente pacchetto».

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