Il fascismo in Italia che non viene denunciato nell’indifferenza di giornali, politica e scrittori

RMAG news

Il mondo politico ha reagito con molta flemma alla notizia che in un istituto di detenzione, gestito dallo Stato italiano, le guardie torturavano i ragazzini. Il mondo dell’informazione ha reagito con eguale noncuranza.

Gli intellettuali, gli scrittori, gli opinionisti ieri erano tutti presi dal caso Bortone-Scurati e non si sono accorti che in un carcere minorile italiano avvenivano cose che ricordano le infamie avvenute nella prigione di Abu Ghraib, in Iraq, anno 2004, ad opera dei soldati occupanti americani (in quell’epoca l’occupazione di un territorio straniero era considerata non una sopraffazione, come è giustamente oggi, nel caso Ucraina, ma un atto di liberazione e di democrazia).

La differenza con Abu Ghraib è che i torturati, in Iraq, erano adulti: quelli dei quali stiamo parlando invece sono ragazzi. È terribile questo disinteresse della nostra società, e dell’establishment, per le cose più gravi che avvengono in Italia e che riguardano lo Stato.

Ieri abbiamo parlato del sequestro durato anni – dell’ingiusto sequestro – della nave Iuventa, che è costato la vita a molte centinaia di profughi, nell’indifferenza generale. Oggi parliamo di episodi che, francamente, fanno apparire l’Italia un paese che per certe cose assomiglia al Cile di Pinochet e all’Argentina di Videla.

Dico queste cose non solo perché sono sgomento di fronte alla cecità della politica che se ne infischia dell’orrore. Ma anche perché ho notato che in questi giorni, mentre ci avviciniamo al 25 aprile, si è acceso il dibattito sul fascismo.

Lo ha innescato lo scrittore Antonio Scurati, scrivendo un monologo, che gli è stato censurato, di feroce attacco alla Presidente del Consiglio e al governo. Ho molte riserve sul testo un po’ approssimativo, anche se appassionato, di quel monologo che addossa a Fratelli d’Italia l’eredità delle imprese di Kappler, di Priebke, di Reder, di Kesselring. È chiaro a chiunque sia in buonafede che questa eredità non esiste.

Anche io penso però che il fascismo sia ancora vivo in Italia, e che si esprima spesso in varie forme, soprattutto nelle forme della xenofobia, del giustizialismo, di quello che viene chiamato “securitarismo”, e dell’autoritarismo.

Poi penso anche che l’antifascismo sia vivo. Ma non vedo l’antifascismo come una specie di commissione d’esame. Come un museo. Come il ricordo ossessionante della passata lotta partigiana. Resto molto stupito quando mi accorgo che ci sono delle persone che sebbene abbiano cinquanta o sessant’anni sono convinte di avere partecipato alla Resistenza.

E ritengono che questa loro immaginaria partecipazione gli conceda un diritto in più, una posizione più elevata rispetto ai comuni cittadini. O addirittura una posizione da giudice supremo.
Per me l’antifascismo è il contrario del fascismo. Cioè è lotta contro la xenofobia, il giustizialismo, il securitarismo.

Che sono posizioni politiche e sentimenti molto diffusi nella destra e nei gruppi dirigenti del Movimento 5 Stelle. Ma che talvolta lambiscono anche la sinistra, e in particolare i suoi governi. Penso a come si sono comportati i governi di centrosinistra nei confronti dei migranti. Penso agli accordi sanguinosi con la Libia. Penso al disastro di Brindisi di tanti anni fa, era il 1997.

Sono convinto che l’antifascismo possa essere solo liberale e garantista. Poi, dentro questo recinto, ci possono essere posizioni politiche diversissime, da quelle dei conservatori a quelle dei socialisti più radicali. Ma fuori da lì non ci può essere antifascismo. Non riesco a capire come possa esistere un antifascismo giustizialista, per esempio.

Ma c’è un’altra cosa che non riesco a capire. Come possa essere concepito un “Antifascismo obbligatorio”. Cosa intendo? Beh, date uno sguardo ai giornali di questi giorni. Oppure leggete l’ormai celeberrimo monologo. Si chiede a Meloni, a La Russa, a Gasparri, a tutto il gruppo dirigente di Fratelli d’Italia e agli ex Msi di dichiararsi antifascisti.

Io trovo che questa richiesta – la richiesta di abiura, di autodafè, di pubblica umiliazione – sia una richiesta sostanzialmente fascista. Se a me qualcuno chiedesse di dichiararmi anticomunista lo liquiderei con un sorriso di compatimento o forse con un gestaccio.

Dicevo, però, che io penso che ci siano ancora, nel nostro paese, atti fascisti. E sono quelli, io credo, il vero rischio di ritorno fascista.
È fascista ogni legge che aumenta le pene.
È fascista ogni legge che aumenta i reati.
È fascista l’abolizione della prescrizione.
È fascista la pretesa di introdurre nel codice nuovi reati di opinione o nuovi reati associativi.
Sono fascisti i reati associativi (introdotti in Italia dalle leggi ante-fasciste chiamate leggi Pica, scritte dai piemontesi contro il Sud).
È fascista ogni misura che tende a scoraggiare o a complicare o a impedire i soccorsi in mare.
È fascista il sequestro delle navi dei soccorritori.
È fascista la difesa di una misura assolutamente illegale come il 41 bis.
È fascista l’ergastolo.
È fascista tenere in prigione migliaia e migliaia di persone che non sono state condannate.
È assolutamente fascista ogni Cpr, che esiste in violazione del diritto e dello stesso codice penale.
È fascista l’idea di costruire nuove carceri, invece di abbattere quelle che ci sono.
È fascista la struttura autoritaria e il potere sconfinato della magistratura.
E è fascista picchiare e torturare i ragazzini che un magistrato ha fatto rinchiudere in una struttura detentiva.

Queste cose qui sono fascismo vivente. Sono queste il pericolo concreto per la nostra democrazia debole e paurosa. Ed è ogni volta che una di queste cose avviene che la stampa democratica, i partiti, e gli intellettuali dovrebbero alzarsi in piedi e denunciare. Come denunciò Giacomo Matteotti nel suo ultimo discorso parlamentare.

Il fascismo fu un fenomeno tremendo non per la sua retorica, non per i cerchi di fuoco da saltare, o i fasci littori, o gli eja eja. Fu terribile per le cose che fece. Per le sopraffazioni. Per l’autoritarismo. Per il giustizialismo.

Io preferisco un signore che magari canta “faccetta nera” ma poi aiuta un ragazzino a evadere dal riformatorio, o salva un naufrago, rispetto a uno che canta “bella ciao” e poi chiede misure severissime per i giovani “teppisti”.

P.s. Onore, per una volta, a un magistrato. (Sapete quanto mi costa parlare bene di un magistrato…): Onore al procuratore di Milano Viola che l’altro giorno ha giustificato l’evasione di un ragazzo dal Beccaria. Bravo Viola. Sarebbe bello se il presidente Mattarella chiamasse quel ragazzo coraggioso e lo premiasse.

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