Intervista a Graziano Delrio: “Rendiamo la guerra impossibile”

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Parlamentare, già sindaco di Reggio Emilia, ministro per gli Affari regionali e le autonomie nel governo Letta, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti prima nel governo Renzi e poi riconfermato nel governo Gentiloni, è stato anche capogruppo Pd alla Camera dei deputati. La parola a Graziano Delrio.

Il mondo è sempre più dentro una terza guerra mondiale a pezzi, per usare le parole di Papa Francesco. Tra meno di due mesi si vota per le europee, ma il dibattito in Italia si concentra su alleanze, candidature, colpi bassi
Dobbiamo avere più coscienza del fatto che la guerra non è la continuazione della politica con altri mezzi ma è la cancellazione ed il fallimento della politica. La politica è costruzione di relazioni e difesa del bene comune: la guerra è in grado di cancellare la cooperazione e l’incontro tra le persone trasformandole in nemici con giustificazioni morali, storiche o addirittura castali. Se la politica è l’affermazione dell’uguaglianza tra le persone e fra i popoli, la guerra è la negazione dell’uguaglianza. Quindi il ritorno della guerra cambierà radicalmente il futuro dell’Europa, cioè l’Europa rischia di morire sotto questa guerra. L’Europa si fece perché osò, con uno sforzo creativo, superare il contrasto secolare tra Francia e Germania. Se non avremo lo stesso coraggio, la stessa lungimiranza, e la stessa visione l’Europa si ridurrà all’irrilevanza e si perderà in una logica di nuovo bellicista di cui il riarmo della Germania è un sintomo preoccupante. Abbiamo necessità ed urgenza di un’Europa federale, con una politica estera comune e una difesa comune al servizio di questa politica estera. Alternativa allo scatto in avanti è la vittoria dei nazionalismi che, diversamente dal patriottismo, non è l’amore verso i vicini ma è l’odio, verso i diversi. Come disse il ministro francese Schuman nella sua famosa dichiarazione del 1950 “bisogna fare in modo che la guerra non sia solo impensabile ma materialmente impossibile”. Questo è il modo migliore per onorare la Resistenza e il 25 Aprile.

La mattanza di Gaza ha raggiunto dimensioni apocalittiche: 10mila donne uccise in sei mesi, oltre 13.800 bambini morti per i bombardamenti, la fame e le malattie legate alla guerra. Ma chi osa criticare Israele viene manganellato o tacciato di antisemitismo.
Netanyahu ha detto che il voto del Parlamento americano sul supporto militare è la difesa della civiltà occidentale ma la civiltà occidentale in cui mi riconosco non fa strage di civili. Questo è il punto. Israele è una grande democrazia, io ci ho lavorato, non è in discussione il diritto all’esistenza dello stato israeliano e non è in discussione che la ferita del 7 ottobre, il massacro di Hamas che è il peggior nemico del popolo palestinese, abbia provocato un dolore enorme legato anche ai ricordi del passato. Ma va detto con grande chiarezza che nulla giustifica i crimini di guerra che si stanno consumando a Gaza. Il governo israeliano è ostaggio di un nazionalismo doppio: politico e religioso, è stato incapace di proteggere il proprio popolo, e cadendo nella trappola della vendetta e dell’odio si è isolato dalla comunità internazionale anche occidentale. Comunità occidentale che deve guardarsi da due pericoli: in primis il virus dell’antisemitismo che è una mala pianta sempre radicata in Europa e in secondo luogo la incapacità a comprendere il sentimento profondo di diffidenza e sfiducia che anima i popoli emergenti e che si è manifestato con i voti alle Nazioni Unite sulla Russia e Israele. Pericoli che non si risolvono con i veti o il riarmo ma ridando forza al diritto internazionale e agli organismi multilaterali che oggi sono svuotati di significato per l’arroganza delle principali potenze

Armi all’Ucraina ma per la Palestina non c’è posto alle Nazioni Unite. Due pesi e due misure?
Proprio questo sto cercando di dire: è necessario mettere in campo un altro pensiero, più marcatamente europeo in particolare. Perché non è più possibile valutare in maniera “interessata” i diritti dei popoli e degli individui: “non vi sono più popoli che fanno la storia e altri che la subiscono” disse Aldo Moro in un famoso discorso.
L’Europa ha caratterizzato il suo essere Europa esattamente perché ha messo in campo il primato della politica, dei diritti e della dignità di ogni popolo da riconoscere e non da concedere. L’Europa ha detto al mondo una verità fondamentale, cioè che con la politica non c’è nessuna ferita che non possa essere sanata, non c’è nessun futuro che non possa essere ricostruito. Il diritto all’autodifesa dell’Ucraina va sostenuto così come il diritto all’esistenza dello Stato palestinese e anche se oggi sembra tutto molto difficile e doloroso dobbiamo continuare a lavorare e a dire con chiarezza che vi saranno sicurezza e pace solo se accompagnate da giustizia e verità

Il Mediterraneo e le stragi di migranti. Tema caro a l’Unità. Tema che sembra scomparso dal dibattito politico e dall’attenzione della sinistra. Sarà perché i migranti non votano?
No, i migranti non sono scomparsi dall’orizzonte della sinistra che è l’unica forza, purtroppo, ad occuparsi costantemente dei diritti degli ultimi e che non usa gli immigrati o l’immigrazione come una clava politica per aumentare divisioni nel paese e odio verso i diversi. Saremo un grande paese quando insieme potremmo ragionare, convergere verso una difesa dei diritti individuali di ogni persona insieme all’impegno perché l’immigrazione sia regolata in maniera semplice e trasparente. Il governo ha fatto cinque decreti sull’immigrazione semplicemente aumentando gli slogan e i manifesti elettorali: nel frattempo il paese che produce e che lavora invoca maggiori ingressi pena la perdita del benessere conquistato con fatica nei decenni precedenti. L’unico modo per combattere in maniera stabile l’immigrazione irregolare non è sbraitare in piazza di blocchi navali o di portare in altri paesi le persone che richiedono asilo, l’unico modo serio è favorire l’immigrazione regolare, con modalità trasparenti, programmata con accordi bilaterali e senza isterie tipiche di una destra xenofoba. Abbiamo preparato in questi mesi una nuova proposta di riforma della Bossi Fini che mira a semplificare e a rendere più semplice l’ingresso legale su base nominativa e sull’incrocio fra la domanda e l’offerta dei territori. Vedremo se, come avvenne positivamente su altre riforme strutturali come quella dell’assegno unico per le famiglie, la destra darà disponibilità, se vi sarà la capacità di superare l’ideologia e l’uso elettorale dell’immigrazione e di discutere serenamente

Pace e lavoro sembrano slogan d’altri tempi. Ma una sinistra che cerca di riconnettersi con mondi vitali non dovrebbe ripartire da qui?
Pace, lavoro e sicurezza per la propria famiglia sono le aspirazioni dell’uomo comune che è dedito al proprio dovere, spesso silenzioso e a cui la politica purtroppo guarda troppo poco rincorrendo agende di minoranze rumorose. Questo uomo comune richiede una politica alta che sappia costruire le condizioni per una vita dignitosa, per uno sviluppo innanzitutto umano e sociale e quindi anche economico. Esattamente quello che ha garantito la politica nel secondo dopoguerra, italiana ed europea. Il più grande fatto di costruzione di pace e progresso dopo la fondazione della Comunità Europea è stato l’allargamento ai paesi dell’est. Questo è stato un grande atto di costruzione di pace e di opportunità, di progresso materiale e civile per milioni di persone. È stato un fatto politico, non militare! Questo è il nostro europeismo, la strada di una nuova sinistra: costruire istituzioni forti, cooperazione rafforzata, cittadinanza europea. Purtroppo, il nostro governo è prigioniero di una cultura in cui si pensa di conservare la sovranità riducendo il ruolo dell’Europa mentre la storia insegna appunto esattamente il contrario. Sarebbe utile secondo me che, insieme agli altri paesi europei, o almeno con i paesi a guida socialista, questa direzione vada riaffermata con forza e coraggio nuovi.

 

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