La scuola rappresenta la democrazia, un Paese civile deve impedire che beghe politiche la corrompano

RMAG news

Jean Paul Sartre scrisse che “ogni parola ha conseguenze, ogni silenzio anche“, e sebbene molti di noi, davanti alle inevitabili beghe quotidiane, siano costretti alla penosa scelta del dire o del tacere, ci sono giorni in cui il silenzio suona talmente assordante da non trovare altro rimedio che la parola. In questi giorni nelle nostre scuole, già chiuse per i lunghi ponti del 25 aprile e del primo maggio, si susseguono incessantemente assemblee sindacali del personale ATA e docente che stanno intaccando in maniera massiccia la continuità scolastica.

Per dare la misura di quanto scrivo, nella scuola dei miei figli, un famoso circolo didattico di Napoli, ogni giorno di questa settimana bambini e bambine sono stati costretti ad entrate in ritardo e uscite anticipate ed è previsto che le assemblee proseguano anche nei prossimi giorni. I giornali di queste ultime settimane raccontano – pur blandamente – della paradossale vicenda degli incarichi temporanei dei collaboratori scolastici, che le scuole hanno potuto attivare grazie ai fondi PNRR e Agenda Sud, scaduti il 15 aprile senza che fosse approvata dal Governo, saggiamente in anticipo, una proroga fino alla fine della scuola.

Un dramma occupazionale annunciato, seimila collaboratori scolastici a casa senza contratto, da un giorno all’altro, lasciando nel caos molte scuole. Ma il numero è più alto ancora se si guarda alle famiglie che da questa mobilitazione sono toccate, la cui organizzazione, di tempo ed economica, dipende anche dalle ore in cui il sistema scolastico si fa carico dei figli. In questa situazione di disordine e di subbuglio il pericolo più grande e il tranello più pericoloso sono di veder perpetuare una insensata “guerra dei pezzenti“, famiglie da una parte e comparto scuola dall’altra. Ed è per questo che è importantissimo, fondamentale che la voce di oggi sia un coro comune di tutta la comunità educante affinché la scuola pubblica trovi nella politica nazionale il riconoscimento che le è dovuto, e nel contempo le dirigenze lavorino affinché i diritti di alcuni non diventino privilegi agli occhi degli altri.

La scuola è un esercizio per il futuro, non solo per chi la frequenta da discente, ma per le persone che giorno dopo giorno la costruiscono e la mantengono in vita. La scuola è la prima sede della democrazia e un Paese che si dica civile deve impedire che le beghe politiche ne corrompano il senso e lo spirito. L’unico vero privilegio vero cui tendere, tutte e tutti, deve essere quello di crescere insieme i cittadini e le cittadine di domani.

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