Lana e Sana, in fuga da Gaza e venute a Napoli per salvare i loro figli: “Le bombe hanno distrutto tutto, abbiamo perso la speranza”

Rmag Breaking News

Sono arrivate lo scorso 10 marzo dalla Striscia di Gaza. Due mamme, LanaSana, sono atterrate a Napoli con i loro 7 bambini, tra cui  due bimbe rispettivamente di 4 mesi e 5 anni. Dopo qualche giorno trascorso presso l’ospedale Santobono-Pausilipon, dove i sanitari hanno provveduto ad assisterli clinicamente, sono stati tutti trasferiti presso gli alloggi dell’omonima Fondazione. L’operazione umanitaria è stata possibile grazie all’apertura di un corridoio da parte dell’Aeronautica Militare e della Croce Rossa che hanno collaborato a stretto contatto con la Regione Campania, la Protezione civile, la Prefettura, la Comunità palestinese locale e la direzione del nosocomio, guidato dal Direttore generale Rodolfo Conenna.

La storia e il dramma di Lana e Sana

Un’operazione di solidarietà che ne ha generata altrettanto, così come confermato a l’Unità da Flavia Matrisciano, Direttrice Fondazione Santobono Pausilipon: “Si tratta di storie complesse. Noi cerchiamo di fornire loro tutto il supporto possibile. Una delle mamme ha due figli, uno di 4 anni è morto sotto le macerie di Gaza, l’altra ha invece 5 bambini. Quest’accoglienza ha generato molte emozioni contrastanti. L’orrore della guerra con l’amore dell’accoglienza. Tante persone comuni, molti membri del nostro staff amministrativo e sanitario hanno provveduto a portare qui beni di prima necessità e giocattoli. All’inizio c’era un po’ di timore da parte di queste donne e dei loro figli, per il nuovo contesto, poi la catena di solidarietà si è manifestata in modo meraviglioso. Ciò ha dimostrato che c’è ancora chi è sensibile rispetto a determinate tragedie e si preoccupa di chi soffre ed è fragile“.

Il viaggio delle mamme coraggio: da Gaza a Napoli per i loro bambini

Abbiamo avuto una grande accoglienza, i bambini hanno ricevuto tanti doni – hanno confermato Lana e Sana Tutti si sono stretti intorno a noi e questo ci ha resi felici. Quello che ci ha fatto più piacere è sapere che i nostri figli sarebbero stati curati da medici specialisti, tra i più bravi“. Le due donne hanno dovuto abbandonare le loro case, così dal Nord della Striscia sono giunte al Sud, nella città di Khan Yunis. Poi l’arrivo in Egitto e la notizia, data dall’Ambasciata italiana, di un imminente viaggio umanitario nel Belpaese. “Siamo da sei mesi in guerra e nessuno riesce a fermare questa aggressione – ha raccontato Sana – Ormai ho perso la speranza. Le persone vivono nelle tende. Non c’è cibo, non ci sono acqua e luce. Non arrivano gli aiuti umanitari“. “Quello che viviamo è inimmaginabile – ha aggiunto Lana – La situazione è tragica. Ci sono case distrutte, morti ovunque. Mio figlio non poteva curarsi perché mancano le medicine. Quando Israele ci ha bombardati, la nostra casa è andata distrutta. Ho perso mio figlio e altri 15 membri della nostra famiglia“.

Lana e Sana: testimoni dell’orrore di Gaza

La principale preoccupazione di queste due donne è stata sempre una soltanto: proteggere i propri figli. Vivere costantemente sotto la minaccia dei raid, il continuo rumore dei droni che sorvolano i cieli della Striscia, il caldo insopportabile di giorno e il freddo gelido di notte, il ‘miracolo’ di poter accendere un fuoco per cucinare, scaldarsi o scaldare l’acqua. Una situazione difficile anche da descrivere. La mediatrice culturale Souzan Fatayer, membro della Comunità palestinese della Campania, ha affermato: “Prima del 7 ottobre non c’era alcuna normalità. Almeno per quello che intendiamo noi per vita normale. Gaza è da sempre un ghetto a cielo aperto. Gli attacchi sulla Striscia ci sono stati anche in passato. Libertà vuol dire fare ciò che si vuole senza alcuna paura. Adesso, qui in Italia, loro si stanno rendendo conto di cosa voglia dire vivere in modo normale“. Sia Lana che Sana si augurano un domani migliore per i loro bambini. E poi l’auspicio che possa realizzarsi un desiderio: che i rispettivi mariti possano presto raggiungerli. Per cercare di ricominciare a vivere, uniti e senza il terrore causato dal conflitto.

La video intervista di Rossella Grasso

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *