Legge 194 sull’aborto, regolamentare l’obiezione di coscienza e garantire l’accesso

RMAG news

All’indomani del clamore suscitato dall’emendamento al decreto Pnrr, la domanda che mi pongo è: per applicare una legge in vigore da 46 anni, era davvero è necessario un “nuovo” emendamento?

Anche a rischio di essere un po’ noiosi, rileggiamo l’articolo 2 della legge 194, che quest’anno compie 46 anni, che recita: “I consultori familiari assistono la donna in stato di gravidanza: a) informandola sui diritti a lei spettanti […] e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio; b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante; d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza. I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita”.

I legislatori del 1978, in una storica “seduta -fiume”, avevano varato una legge “compromesso” per scongiurare il rischio del referendum proposto dal Partito radicale che chiedeva l’abrogazione delle norme del codice penale che sanzionavano l’interruzione volontaria della gravidanza.

Poiché l’articolo 2 della legge in vigore già prevede il coinvolgimento del volontariato, quale sarebbe la necessità dell’emendamento odierno? Lo stesso portavoce di Pro vita & famiglia, Jacopo Coghe, precisa che “l’emendamento al Pnrr ricalca quanto è previsto dall’articolo 2 della legge 194”.

Allora non è chiaro perché sia stato necessario presentarlo, se non con l’unico scopo di far applicare una parte della legge. Se questo fosse il vero intento dell’operazione, ben troppi emendamenti ci vorrebbero per far applicare molte altre parti della legge!

Prima fra tutte quella prevista dall’articolo 9, che regolamenta l’obiezione di coscienza, in molti casi l’ostacolo maggiore all’accesso all’aborto nel nostro paese. Secondo il testo della legge gli ospedali sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza e la regione ne “controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale”.

Quale struttura, priva di un servizio di interruzione volontaria della gravidanza (IVG) si fa carico di assicurare in “ogni caso” l’effettuazione dell’intervento? Immaginiamo che una donna si rechi ad una struttura di ispirazione religiosa (ma anche no!) dove viene mandata via per il fatto che “qui non c’è il servizio IVG”. Si tratta di una vera e propria violazione dell’articolo 9 della legge 194. Facciamo un emendamento.

Stessa violazione accade per l’articolo 15, che prevede con ammirevole lungimiranza, ben prima che la RU486 la cosiddetta “pillola abortiva” nascesse, che “le regioni, d’intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del personale sanitario sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza.”

Incredibilmente, a distanza di 35 anni dall’introduzione del metodo farmacologico, alternativo a quello chirurgico, in molte regioni italiane questo metodo non è ancora applicato, e la legge ancora una volta, è disapplicata.

Serve un altro emendamento? E intanto si continua ad evocare il dogma dell’intoccabilità della legge 194, ancora una volta sbandierato nelle parole di Fabio Rampelli: “Nessuno vuole riformare o abrogare la 194. Ma applicarla nella sua interezza”.

L’Associazione Luca Coscioni si batte oltre che per migliorare l’applicazione della legge anche per rivederne le parti che creano le maggiori criticità, senza l’ipocrisia che quella che abbiamo è il meglio che possiamo avere.

Dopo tanti anni è doveroso sottoporre la legge ad un “tagliando” e in questa direzione vanno le nostre proposte, che, con la costituzione di un intergruppo parlamentare ha presentato alcune proposte di modifica delle parti della legge che mostrano le più evidenti ed urgenti criticità, sulla base dell’esperienza applicativa.

*Ginecologa, Vice segretaria Associazione Luca Coscioni

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