Morto O.J. Simpson, l’ex giocatore di football malato di cancro: il suo caso giudiziario divise l’America

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Orenthal James Simpson, comunemente noto come O.J. Simpson, è morto oggi all’età di 76 anni. L’ex giocatore di football americano, come comunicato dalla famiglia, si è spento dopo una lunga battaglia contro il cancro.

La carriera nel football

Nella sua folgorante carriera sportiva, è considerato tra i migliori giocatori di football americano ed è stato per questo inserito nella Pro Football Hall of Fame, ha giocato per undici nella National Football League (Nfl) con i Buffalo Bills dal 1969 al 1977 e con i San Francisco 49ers dal 1978 al 1979, vincendo anche un premio di Mvp (il miglior giocatore dell’anno, ndr) della Nfl.

Nel 1973 superò il muro delle duemila yard corse nella stagione regolare, 2003 per la precisione: ancora oggi è il solo giocatore di football ad averle corse in quattordici partite.

Il cinema

Dopo lo sport si dedicò al cinema, raggiungendo ancora una volta la fama in particolare grazie al suo ruolo dell’agente Nordberg nella trilogia de “Una pallottola spuntata”, i film comici interpretati dall’iconico Leslie Nielsen nella parte del maldestro poliziotto Frank Drebin.

Le vicende giudiziarie di O.J. Simpson

Ma le vicende che hanno reso famoso a livello globale Simpson sono quelle giudiziarie. Nel 1994 fu accusato di aver ucciso l’ex moglie Nicole Brown e l’amico Ronald Goldman, venendo poi assolto dopo un processo controverso che divise fortemente l’opinione pubblica statunitense, e non solo. Il caso fu preceduto da un rocambolesco inseguimento a Los Angeles trasmesso in diretta tv che culminò con il suo arresto.

Venne poi condannato nel 2008 a 33 anni di carcere (di cui nove senza libertà vigilata) con l’accusa di rapina a mano armata e sequestro di persona: fu liberato ad ottobre 2017 per essere posto in libertà vigilata.

Il caso O.J. Simpson

O.J. Simpson sposò Nicole Brown nel 1984, i due ebbero due figli dal loro matrimonio durato sette anni: una unione che finì col divorzio nel 1992 per “differenze inconciliabili”, ma l’ex giocatore di football già nel 1999 era stato accusato di violenze coniugali.

L’omicidio dell’ex moglie

È questo il “contesto” in cui il 13 giugno 1994 Nicole Brown Simpson e il venticinquenne Ronald Lyle Goldman furono trovati uccisi di fronte al condominio dove la Brown risiedeva: lei aveva ricevuto 12 coltellate, la testa quasi mozzata, mentre sul giovane c’erano segni di 20 coltellate. Nessuno assistette all’omicidio, neanche i figli di Nicole Brown, che stavano dormendo in casa al momento del crimine.

La polizia sospettò immediatamente di O.J. Simpson, sia per le prove raccolte (macchie di sangue nel giardino compatibili) che per i precedenti di violenza contro l’ex coniuge: Simpson fu arrestato e rilasciato dopo poche ore. Alcuni giorni dopo l’accusa di duplice omicidio di primo grado fu formalmente esplicitata nei confronti di Simpson, difeso dall’avvocato Robert Shapiro, al quale la polizia telefonò chiedendo di far consegnare spontaneamente l’ex atleta.

La fuga di Simpson in diretta tv

Quando la polizia si recò a casa di Robert Kardashian, amico dove Simpson aveva trascorso la notte, quest’ultimo scappò dalla porta sul retro insieme all’amico ed ex compagno di squadra Al Cowlings. La polizia si mise sulle loro tracce e li intercettò su una Ford Bronco bianca di proprietà di Cowlings: l’inseguimento fu trasmesso in diretta tv e venne seguito da circa 75 milioni di telespettatori. Simpson, che aveva con sé una pistola, minacciò più volte di suicidarsi e la fuga terminò quando lo stesso Simpson decise di tornare a casa sua, dove si arrese e fu arrestato.

Il processo Simpson

Il processo contro Simpson divise profondamente l’opinione pubblica americana. Se da una parte l’accusa tentava di dimostrare il carattere violento dell’ex atleta, vista anche la denuncia di maltrattamenti della moglie, la difesa puntò sulla tesi della discriminazione razziale. Per i difensori di Simpson, un team legale di altissimo livello, il loro assistito era nero, ricco e famoso e per questo indicato come colpevole dai poliziotti, prevalentemente bianchi.

A smontare il caso e le accuse fu in particolare la questione dei guanti insanguinati: gli avvocati di Simpson insinuarono il sospetto che Mark Fuhrman, il poliziotto che li trovò e che in alcuni nastri registrati si si scagliava verbalmente contro i neri con epiteti pesanti, li avesse posti deliberatamente sulla scena del crimine. I guanti inoltre si rivelarono troppo stretti per le mani di Simpson. Il 3 ottobre 1995, dopo 253 giorni di processo, la giuria emise il verdetto in meno di quattro ore, sentenziando l’innocenza di O.J. Simpson sostanzialmente per insufficienza di prove.

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