Pd, candida Marco Tarquinio alle Europee: senza pacifismo la sinistra è perduta

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Credo che nel Pd si sia aperta una discussione sull’opportunità o meno di candidare Marco Tarquinio alle elezioni europee. Capisco perfettamente le divisioni che attraversano il partito principale del centrosinistra sui temi della guerra e della pace. È una vecchia questione.

Non capisco però come potrebbe essere concepibile un veto nei confronti di una personalità prestigiosa come quella di Marco Tarquinio, ex direttore dell’Avvenire, col semplice argomento che il suo dichiarato e limpido pacifismo sarebbe di ostacolo all’unità del partito.

Il Pd sicuramente è un partito pluralista. Erede della sinistra storica ma anche di partiti o pezzi di partito di centro. È logico che al suo interno convivano idee diverse, e oggi uno dei temi sui quali è più facile dividersi è quello dell’alternativa tra interventismo e pacifismo.

È una discussione molto seria e tra le tante questioni che dividono i partiti è una delle poche ad essere in gran parte una pura questione di principi. I pacifisti – tra i quali negli ultimi anni si sono schierati alcuni papi, compreso Bergoglio, e alcune personalità politiche anche della destra, ad esempio, negli ultimi anni, persino Berlusconi – ritengono che il valore più alto di tutti gli altri valori etici sia la vita umana.

Qualunque vita umana. E che questo valore sovrasti e sottometta tutti gli altri. Gli interventisti ritengono che ci siano dei valori superiori alla stessa vita umana. L’indipendenza, la libertà. Ho riassunto in modo un po’ brusco il problema, ma più o meno le cose stanno così.

Nella sinistra molto spesso, negli anni passati, si sono verificate divisioni aspre su questo terreno. Penso allo scontro tra il Pci e il Psi sui missili a Comiso, negli anni 80, che fu drammatico. Penso anche al dibattito interno al Pci, che contrapponeva una parte riformista e filoatlantica alla sinistra, assolutamente pacifista, e che portò persino il suo leader, Pietro Ingrao, a votare in Parlamento in dissenso col suo partito. Penso alla guerra del Kosovo, coi Ds di D’Alema e Veltroni e i pacifisti su fronti opposti.

Non è facile ricomporre queste divisioni. Sarebbe però un suicidio amputare il partito privandolo della forza ideale e politica, dirompente, della sua componente pacifista. Sarebbe un atto di arroganza, e di rinuncia a una parte essenziale del patrimonio ideale.

Vi ricordo qualche nome da affiancare a quello di Ingrao. Dossetti, Mazzolari, Capitini, Lombardo Radice, Terracini, La Pira, Balducci. Li cancelliamo?

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