Perché Putin dice che c’è l’Ucraina dietro il raid dell’Isis: la fake del grande complotto

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È la narrazione del “Grande complotto” islamo-ucraino-americano-britannico. Dall’Isis-K alla Cia, passando per i “nazisti di Kiev” e gli 007 di Sua maestà Carlo III.

Quando la realtà – leggi disinformatia – supera la fiction. Il direttore dei servizi di sicurezza interni russi (Fsb), Alexander Bortnikov, ha detto che gli attentatori del Crocus City Hall (139 morti, 180 feriti il bilancio dell’attacco terroristico) sono stati «addestrati da Kiev in Medio Oriente».

Aggiungendo che l’Ucraina si preparava ad accoglierli «come eroi». Secondo i risultati preliminari dell’inchiesta — riferisce il capo dell’Fsb — risulta un coinvolgimento degli Usa e della Gran Bretagna nell’attacco a Mosca. Lo riferisce l’agenzia Ria Novosti. Bortnikov precisa che “la Russia risponderà con misure di rappresaglia all’attacco dei terroristi”.

Per questo motivo il capo dei servizi segreti militari ucraini, Kirylo Budanov, è un “obiettivo legittimo per le forze militari russe, così come ognuno che perpetra crimini contro la Russia”. Passano poche ore, e la “pista ucraina” si nutre di altre “rivelazioni”.

A fornirle è sempre il direttore dell’Fsb che, sempre a Ria Novosti, afferma che «le prime informazioni ricevute dalle persone detenute in merito all’attentato terroristico» avvenuto a Mosca «confermano la traccia ucraina».

“Pertanto – ha aggiunto Bortnikov – affineremo ulteriormente le informazioni che dovrebbero mostrarci se la presenza e la partecipazione della parte ucraina è reale o meno. In ogni caso, per ora c’è motivo di dire che è proprio così”.

Il capo del Consiglio di Sicurezza nazionale russo, Nikolai Patrushev, ha detto che l’Ucraina è responsabile della strage a Mosca. Lo riferisce l’agenzia Ria Novosti. A una domanda dei giornalisti Patrushev ha risposto: «Ovviamente è l’Ucraina».

La Russia condurrà le indagini sull’attacco terroristico al Crocus City Hall da sola, senza aiuti dall’Occidente. Lo ha detto nel corso di una conferenza stampa il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov. «Non ci serve un aiuto che sarà chiaramente una manifestazione di doppi standard, e, molto probabilmente, sarà diretto a promuovere una teoria conveniente per l’Occidente, secondo cui lo Stato Islamico (Is) è colpevole, e l’Ucraina non ha nulla a che fare con questo. Dirò di nuovo: ce la faremo da soli».

Secca è la risposta di Kiev. «Dopo la menzogna di Putin», ora «le menzogne vengono ufficialmente diffuse da Patrushev e poi dal capo dell’Fsb Bortnikov… Domanda: perché questa manifestazione dimostrativa di inadeguatezza collettiva?».

Lo scrive su X il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak, dopo le accuse dei servizi russi sul coinvolgimento di Kiev, Usa e Regno Unito nell’attacco a Mosca. «Ci sono fatti inconfutabili, comprensione comune (in diversi Paesi) delle cause e delle conseguenze e completa incredulità anche da parte dei Paesi neutrali riguardo alla “pista ucraina nell’attacco terroristico”».

«Le ipotesi della Russia di un legame con l’Ucraina per quanto riguarda l’attentato a Mosca sono ridicole». Lo dichiara una fonte diplomatica alleata all’Ansa. «Non è stata presentata alcuna prova: si tratta di un altro esempio della disinformazione del Cremlino», precisa.

A incrinare la narrazione complottista russa non serve neanche quanto dichiarato da uno dei più stretti alleati-sodali di Putin, Lukashenko. L’autocrate bielorusso ha affermato che i terroristi responsabili dell’attacco al teatro di Mosca in un primo momento avevano tentato di fuggire in Bielorussia. Lo riporta l’agenzia Belta.

Quanto ai mandanti “abbiamo dei sospetti, chiamerò Putin e glieli dirò”, ha aggiunto il presidente della Bielorussia. Insomma, gli attentatori tagiki volevano arrivare a Minsk, non a Kiev. Ma per la disinformatia russa è un dettaglio insignificante. Il “Grande complotto” si arricchisce di un altro capitolo. Retroattivo.

Un tribunale di Mosca ha spiccato un mandato di arresto nei confronti del direttore dei servizi di sicurezza ucraini (Sbu), Vasyl Malyuk, con l’accusa di terrorismo. Malyuk è stato subito aggiunto alla lista dei ricercati in Russia.

La notizia è stata diffusa dal quotidiano Kommersant poche ore dopo che il direttore dell’Fsb, Aleksandr Bortnikov, ha chiesto che lo Sbu sia considerato come una organizzazione terroristica e che il direttore dei servizi militari ucraini (Gur), Kyrylo Budanov, un bersaglio dalle forze militari russe “come chiunque commette crimini contro la Russia”.

Le accuse alla base del mandato di arresto scaturiscono, ha scritto il quotidiano russo, dall’ammissione, lo scorso anno da parte di Mayuk, del coinvolgimento dell’Sbu nell’attacco dell’ottobre del 2022 contro il Ponte di Crimea.

Non sembrano quindi esserci riferimenti, nell’atto giudiziario, al terribile attentato contro il Crocus City Hall, alle porte di Mosca, di venerdì in cui hanno perso la vita almeno 139 persone, anche se Bortnikov, come anche il segretario generale del Consiglio di sicurezza Patrushev, e nei giorni scorsi Vladimir Putin, hanno lasciato intendere un coinvolgimento dei servizi ucraini.

Alla base delle accuse fatte circolare dai vertici russi, l’uso ucraino a tali azioni. Insomma, il Ponte di Crimea, a loro dire, sullo stesso piano della Crocus City Hall. Le priorità di Kiev sono altre. “Dateci quei maledetti Patriots”: è la richiesta, senza mezzi termini, del ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba.

“Se avessimo abbastanza sistemi di difesa aerea, vale a dire i Patriots, saremmo in grado di proteggere non solo la vita della nostra gente, ma anche la nostra economia dalla distruzione”, ha aggiunto durante un’intervista a Politico.

Sebbene l’Ucraina non abbia mai chiesto “truppe da combattimento europee sul terreno”, i leader dell’Ue devono abituarsi all’idea che questo “giorno potrebbe arrivare”, afferma nell’intervista Kuleba. “Sono perfettamente consapevole che gli europei non sono abituati all’idea della guerra”, ha proseguito.

Il ministro degli Esteri ucraino. “Ma questa è una disattenzione che gli europei non possono permettersi, né per loro stessi né per i loro figli”, ha sottolineato Kuleba. “L’Ucraina può vincere. Ma se l’Ucraina perde, Putin non si fermerà”.

Intanto, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha effettuato un altro cambio all’interno dei vertici politici del Paese. Il leader di Kiev – si legge in una nota – ha rimosso Oleksiy Danilov dalla carica di segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina.

Al suo posto è stato nominato Oleksandr Lytvynenko. Oleksandr Lytvynenko – viene spiegato – ricopriva la carica di capo dei servizi segreti esteri. Questo ruolo sarà ricoperto da Oleg Ivashchenko che era in precedenza vicecapo della direzione principale dell’intelligence ucraina. Mentre si combatte, Zelensky fa le “pulizie di primavera” interne. Che sanno molto di regolamento di conti.

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