Premio Strega: e così l’amichettismo è diventato scienza esatta, la letteratura è altrove

Rmag Breaking News

La cosa più illuminante sui criteri di selezione dei romanzi ammessi a partecipare all’“ambito” Premio Strega l’ha pronunciata, commentando sui social la rassegna in corso, la 78esima, il pittore siciliano Alfonso Leto: “… e fu così che, con questa edizione dello Strega, l’amichettismo, da metodo sperimentale, divenne scienza esatta”.

Ma forse, per non annoiare il lettore estraneo alle ordinarie miserie che raccontano la cooptazione in ambito di narrativa e varie ed eventuali editoriali, trattandosi di letteratura, di materia dunque romanzesca, cappa e spada dell’ambizione non meno editoriale, proviamo a immaginare più semplicemente in che modo possa essersi svolta la discussione tra i membri del comitato organizzatore.

S’intende in presenza degli 82 libri da selezionare, incredibilmente lì impilati come ziggurat in attesa di responso: questo sì, questo no, questo ‘sticazzi, questo ci dispiace molto e bisognerà pur scusarsi con l’autore, questa e questo sono amici di Veltroni e pure a questi dovremo chiedere perdono, questa ci deve stare per forza, questa è amichetta nostra…

Tutti romanzi, presentati, si sappia, dai cosiddetti “Amici della domenica” in ossequio al regolamento del premio. Piccola necessaria premessa democratica: dobbiamo al ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e non si interpreti sarcasticamente il nostro suggerimento di liberalizzazione della non-lettura.

Ricorderete che lo scorso anno, intervistato durante la diretta di Raitre dal Ninfeo di Villa Giulia, proprio il Sangiuliano, benché tra i giurati, magari turbato dalla location etrusca, confessò di avere semplicemente sfogliato i volumi che componevano la “cinquina”. Ne seguì notevole e piccato scherno per l’inerme uomo di governo, accusato di lesa maestà letteraria.

A Sangiuliano va, sia detto senza ironia, la nostra complice vicinanza: pochi, pochissimi hanno cura di leggere per intero il blocco destinato alla selezione. Non è un caso che giorni fa, proprio in occasione della presentazione della “dozzina”, Stefano Petrocchi, garbato direttore del premio, abbia esplicitamente fatto presente dal palco che la lettura dei libri in gara in fondo non è tra gli obiettivi primari.

Alla luce dell’immagine mostruosa, totemica degli 82 volumi cui accostarsi per determinarne l’esito finale: se inclusi o piuttosto rispediti al mittente senza particolari spiegazioni ai diretti interessati, resta ora da domandarsi, appunto, quali criteri abbiano governato la scelta finale della “dozzina” che, in ordine sparso, comprende: Sonia Aggio con Nella stanza dell’imperatore (Fazi), Adrián N. Bravi con Adelaida (Nutrimenti), Paolo Di Paolo con Romanzo senza umani (Feltrinelli), Donatella Di Pietrantonio con L’età fragile (Einaudi), Tommaso Giartosio con Autobiogrammatica (minimum fax), Antonella Lattanzi con Cose che non si raccontano (Einaudi), Valentina Mira con Dalla stessa parte mi troverai (Sem), Melissa Panarello con Storia dei miei soldi (Bompiani), Daniele Rielli con Il fuoco invisibile. Storia umana di un disastro naturale (Rizzoli), Raffaella Romagnolo con Aggiustare l’universo (Mondadori), Chiara Valerio con Chi dice e chi tace (Sellerio), Dario Voltolini con Invernale (La nave di Teseo).

E qui, nonostante il vincitore, anzi, la vincitrice, meglio ancora, la vincitricƏ sia già ampiamente annunciatƏ, occorre lavorare d’immaginazione. C’è quasi modo di intravedere il Comitato raccolto nelle stanze di via Fratelli Ruspoli, cuore dei Parioli – stanze già vissute da Maria e Goffredo Bellonci, e in seguito residenza dell’indimenticabile Anna Maria Rimoaldi, erede dell’avventura letteraria annuale – guardarsi negli occhi, sbuffare al pensiero dell’incombenza – gli 82 tomi, sempre lì incombenti, destinati a una cernita amichettisticamente ragionata…

Replay: questo deve esserci, con quest’altro ci scuseremo, quest’altro ancora ‘sticazzi, questo pure, questa l’anno prossimo la facciamo vincere… Parla la vox populi incuriosita dalle faccende letterarie: come immaginavo, una scrematura necessariamente pilotata dalle esigenze del sistema.

Quanto alle previsioni, direi che se si afferma il potere personale oggi acquisito vincerà Chiara Valerio, se invece si prepone la politica di potenza – destinando la Valerio al Campiello, come è stato suggerito – avremo un titolo Einaudi (per non fare dimenticare chi comanda).

Ma sempre di “titoli” si parla, ovvero di scettri da impugnare, non di opere letterarie che concorrono. Dunque con lo Strega, a luglio tutti al Ninfeo con l’abito della prima comunione e le signore in lungo come a un matrimonio a Lido dei Pini, soddisfazioni proprie del generone romano. La letteratura altrove.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *