Suicidi in carcere, strage silenziosa arrivata a “quota 31” nel 2024: appello dei Garanti per “azioni urgenti”

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Giorno dopo giorno i numeri assumono i contorni di una strage. È quella che da inizio anno avviene nelle carceri italiane dove, come riferiscono gli 86 garanti territoriali delle persone private della libertà personale, che domani terranno in tutta Italia iniziative di sensibilizzazione sul tema, sono morti per suicidio 31 detenuti nel 2024.

Le iniziative dei garanti dei detenuti

A lanciare l’iniziativa sono stati Stefano Anastasia, garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale del Lazio e Valentina Calderone, garante di Roma.

A fornire i numeri della strage silenziosa è stata Calderone: “In 32 anni sono morti suicidi 1.754 detenuti. Negli stessi anni per malattia, overdose, omicidio, cause da accertare ne sono morti 2.912. Il totale è un numero impressionante, si parla di 4.686 persone detenute morte”.

L’appuntamento è dunque per giovedì 18 aprile davanti alle carceri italiani. I garanti territoriali italiani delle persone private della libertà personale scandiranno ad alta voce i nomi dei 31 suicidi avvenuti nel 2024 e delle morti per altre cause, come malattia, overdose, omicidio e cause da accertare, oltre i nomi degli agenti penitenziari che si sono tolti la vita

Le condizioni delle carceri e l’appello alla politica

Nel loro appello i garanti fanno riferimento alle parole pronunciate lo scorso 18 marzo dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricevendo la Polizia Penitenziaria. Il capo dello Stato ricordò in quella occasione che “sui suicidi in carcere servono interventi urgenti”.

Ad oggi però il governo Meloni è rimasto inerte, nonostante la presenza come Guardasigilli di un ministro come Carlo Nordio, noto per le sue posizioni garantiste prima di occupare il posto a via Arenula.

I garanti ricordano nel loro appello che “la maggioranza dei detenuti vive, per oltre 20 ore al giorno, in celle sovraffollate, dalle quali esce solo nelle ‘ore d’aria’. Questa è una violazione dei principi della Carta costituzionale e dell’ordinamento penitenziario. Tale situazione non è insuperabile”. È dunque necessario “riempire di senso il tempo della detenzione, offrendo più attività culturali, lavorative, sportive e ricreative. Le relazioni familiari e col volontariato devono essere potenziate anche più colloqui, telefonate, videochiamate”, oltre a “personale specializzato (psicologi, educatori, psichiatri, pedagogisti, assistenti sociali, mediatori linguistici) che dia ascolto ai detenuti e ne riesca a cogliere le ragioni di intollerabile sofferenza“.

Alla politica il compito di fornire “un maggior numero di misure alternative alla detenzione”, ricordando come sono “diverse migliaia i detenuti con una condanna definitiva inferiore o pari a tre anni di reclusione”.

Dunque ai parlamentari i garanti chiedono “norme specifiche e urgenti”, al ministro Nordio “provvedimenti concreti in tempi rapidi, in aderenza con le parole del Presidente della Repubblica”.

L’iniziativa a Napoli

Il Campania il garante campano Samuele Ciambriello insieme al Garante comunale don Tonino Palmese danno appuntamento davanti al Palazzo di Giustizia, Piazzale Cenni Napoli alle ore 12.

In contemporanea ci sarà un presidio ad Avellino con il garante provinciale Carlo Mele davanti al carcere di Bellizzi Irpino, e la garante provinciale di Benevento Patrizia Sannino in Piazza Risorgimento,Benevento.

Il garante campano Samuele Ciambriello, portavoce della Conferenza Nazionale dei Garanti dei reclusi, sottolinea: “Il 18 Aprile, alle ore 12, in tantissime città, sarà l’occasione per accendere i riflettori sulle grandi carenze del sistema penitenziario attuale, per fare il focus sul sovraffollamento carcerario, sulle mancanze sanitarie e trattamentali, sulla necessità di una maggiore applicazione delle misure alternative al carcere, sull’approvazione della legge sulla liberazione anticipata speciale. La lettura dei nomi  morti suicida in carcere servirà a prendere coscienza di questa grande tragedia esistenziale, che giace nel silenzio delle istituzioni. Troppo spesso i luoghi detentivi sono considerati una discarica di essere umani, anziché luoghi di riabilitazione”.

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