‘Tatami’ il film della pace: sul ring la rivoluzione iraniana dei diritti è donna

RMAG news

Vale la pena ritornare su Tatami, il primo lungometraggio co-diretto da una regista iraniana, e un regista israeliano da un mese nelle sale.

Dopo l’accoglienza evento all’ultima mostra del cinema di Venezia dove, nonostante l’entusiasmo generale, la pellicola non era riuscita ad avere tutta l’attenzione che meritava, il film di Guy Nattiv e Zar Amir ha finalmente potuto raggiungere un pubblico più vasto.

Tatami è la storia di un duo imbattibile e virtuoso composto dalla judoka iraniana, Leila (Arienne Mandi) e la sua allenatrice Maryam (la regista Zar Amir) che nel pieno dei campionati mondiali di judo, ricevono un ultimatum da parte della Repubblica islamica che intima a Leila di fingere un infortunio e perdere la gara, pena l’essere bollata come traditrice dello Stato.

Leila e Maryam, minacciate nella propria libertà e quella delle loro famiglie, si trovano, in maniera diversa, a dover fare una scelta che inevitabilmente cambierà le loro vite. Scritto da Nattiv con Elham Erfani, Tatami purtroppo non è tratto da una sola storia vera ma da tante storie simili a questa.

Racconta il regista israeliano: “Io e Elham abbiamo scritto la sceneggiatura prima dello scoppio della rivoluzione delle donne. Ci siamo ispirati a tante atlete iraniane che hanno fatto cose impossibili. Sadaf Khadem, la prima pugile iraniana che si è rifugiata in Francia dove è diventata promotrice dei diritti delle donne, è stata una delle nostre fonti di ispirazione. Ha affrontato tantissimi ostacoli pur restando concentrata sulla sua pratica sportiva. Un’altra atleta iraniana eroica è l’arrampicatrice su roccia Elnaz Rekabi che ha gareggiato senza indossare l’hijab consapevole di rischiare la morte al suo ritorno a casa. Come pure Kimia Alizadeh, ragazza prodigio del taekwondo iraniano durante i giochi olimpici di Rio de Janeiro, che ha optato per la defezione insieme al marito a causa delle minacce governative. Zar e io abbiamo fatto questo film ispirandoci a persone reali, ma mai in un milione di anni avremmo immaginato che la rivoluzione delle donne sarebbe diventata così significativa”.

Lo sport, l’arte, il cinema, sono i mezzi migliori attraverso i quali le persone dimostrano di essere al di sopra dei loro ciechi sistemi di governo, dove la fratellanza o semplicemente le cose in comune sono di gran lunga più numerose di quelle che dividono.

Comprendere tutto ciò in Tatami è semplicissimo e naturalissimo, basta un dialogo tra Leila e la sua collega judoka israeliana nel riscaldamento pre-gara, in cui le due atlete si scambiano semplicemente un confronto sull’essere una giovane donna lavoratrice in questo momento storico, dal rapporto con gli uomini all’essere mamma.

Della sua straordinaria ma naturale collaborazione con Zar Amir, Guy Nattiv dice: “Quando ci siamo trovati sul set per la prima volta, ci siamo chiesti: “e ora come comunichiamo? come lo giriamo questo film?”. Ci sono voluti solo cinque minuti per capire che amiamo gli stessi film, lo stesso cibo, fondamentalmente siamo così vicini l’uno all’altra ma sono i nostri governi a separarci. E questo ci ha dimostrato che si parla di persone e non di governi, di capi di Stato e di regole”.

Insieme poi i due registi rafforzano il pensiero: “Riteniamo che l’arte sia la voce del discernimento che si fa strada in mezzo al chiasso. La storia che abbiamo deciso di raccontare in questo film è la storia di troppi artisti ed atleti costretti a rinunciare ai propri sogni e, in alcuni casi, obbligati a lasciare i propri paesi e i propri cari a causa del conflitto tra sistemi e governi. In definitiva, speriamo di aver fatto un film che mostri al mondo che l’umanità e la fratellanza vincono sempre”.

Non ci si distrae mai in Tatami ma grazie a dei flashback sul passato di Leila, ci permettiamo un’incursione nella sua vita fino a quel momento. Capiamo la donna che è, il rapporto solido e paritario che ha con un marito che la supporta e il suo essere mamma.

Per comprendere Maryam, il personaggio interpretato dalla regista Zar Amir bastano le sue rigidità ad incassare il colpo, la sua fatica nell’immaginare di prendere una decisione diversa di quella che le verrebbe automatica: obbedire all’ordine, subire la minaccia.

Delle differenze tra queste due donne, parlano i registi, partendo dalla visione di Zar Amir: “Sono salita a bordo del progetto dopo che la sceneggiatura era già stata scritta ma quello che ho rilevato, specialmente nel mio personaggio, in Maryam, è che mentre Leila è sempre stata la più decisa e coraggiosa perché una combattente di natura, lei non lo è, è sempre stata una perdente. Il modo in cui cambia idea e si unisce a Leila in questa battaglia per me è un processo molto profondo e per certi versi più interessante da osservare di quello più diretto e deciso della sua allieva”.

“C’è anche un un gap generazionale – interviene Nattiv – Maryam appartiene alla vecchia scuola mentre Leila rappresenta la nuova generazione”. Girato a Tbilisi in Georgia, a due ore di distanza da Tel Aviv e da Tehran, Tatami è un film dal ritmo serrato, in bianco e nero, che si svolge lungo le pochissime ma fondamentali ore che dividono le due donne dalla loro decisione definitiva, dal cambiamemto radicale.

A proposito di stile, Nattiv commenta: “La scelta di raccontare una sola notte nella vita delle due credo sia stata importante per noi perché ti mette in una sola situazione ed alla fine di questa notte devi decidere cosa fare. La sceneggiatura inizialmente era più lunga, c’era un prima e un dopo ma qui una delle decisioni importanti è stata tagliare tutto e ridurre il prima in brevi flashback. È stato molto importante per noi rendere un po’ l’idea del ticchettio dell’orologio, un po’ come in Omicidio in diretta con Nicolas Cage, dove tutto accadeva dentro e fuori un unico match di box, persino un omicidio”.

Tatami è un film politico? risponde Zar Amir:Le arti, lo sport e le persone fanno la differenza. Spesso mi sento molto fortunata ad essere una regista e un’attrice perché posso esprimere anche le mie idee politiche sulla vita attraverso la mia arte. Al tempo stesso però, questa è anche una cosa brutta perché vengo giudicata sulla base degli aspetti politici del mio lavoro e dei miei film nonostante io eviti di “fare” politica. Siamo registi e il fatto che abbiamo lavorato e collaborato bene insieme da iraniana e israeliano rende tutto molto umano più che politico. Lo sport, il cinema, l’arte hanno valore politico e dunque anche questo film è politico. È prima di tutto però un’opera d’arte e parla di pace e di amicizia”.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *