Ue verso il riconoscimento dello Stato di Palestina, ma l’Italia si sfila…

RMAG news

Diversi Stati membri europei riconosceranno entro maggio lo Stato palestinese: lo ha detto il capo della politica estera dell’Ue, Josep Borrell, a margine di una riunione speciale del Forum economico mondiale a Riad, come riporta il Guardian. Fonti diplomatiche accreditate a Bruxelles, confidano a l’Unità che al momento tra questi Stati non vi sarebbe l’Italia, mentre è certa la Spagna. “Il principio ‘Due Popoli Due Stati’ non può che passare attraverso il riconoscimento dello stato palestinese. Un passaggio obbligato per avviare anche un percorso di pace duratura e superare l’attuale conflitto. Chiediamo al governo, che dice di sostenere la soluzione ‘Due Popoli Due Stati’ di fare questo passo e riconoscere lo stato palestinese”, afferma Massimiliano Smeriglio, europarlamentare Avs. “Serve un atto di coerenza che, peraltro, restituirebbe all’Italia un ruolo importante in Medio Oriente. Molti paesi, anche dell’Unione Europea, hanno già provveduto a un riconoscimento formale. Altri, come ha ribadito l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’Ue Borrell proprio oggi (ieri per chi legge, ndr), stanno muovendosi in questa direzione e andranno ad aggiungersi ai 140 su 193 paesi membri dell’Onu che riconoscono lo Stato palestinese”.

VERSO L’INVASIONE DI RAFAH

Intanto, in attesa dell’operazione terrestre, a Rafah la morte viene dal cielo. Almeno 27 palestinesi sono stati uccisi, tra cui molti bambini e donne, negli attacchi israeliani dell’altra notte a Rafah e Gaza City. Lo riporta al- Jazeera. È salito a 34.488 morti e 77.643 feriti il bilancio delle vittime palestinesi dall’inizio delle operazioni delle Forze di difesa israeliane (Idf) nella Striscia di Gaza, il 7 ottobre 2023, dopo il sanguinoso attacco di Hamas. A Rafah si muore. Di bombe, di fame, di malattie che non possono essere curate in quell’inferno in terra. È quanto emerge dal rapporto di Medici senza frontiere (Msf) Morti silenziose di Gaza. La distruzione del sistema sanitario e la lotta per la sopravvivenza a Rafah, pubblicato ieri, il quale avverte sul gran numero di morti evitabili nella Striscia. “A più di sei mesi dall’inizio della guerra a Gaza – rimarca il Rapporto – la devastazione va ben oltre le vittime dei bombardamenti e degli attacchi aerei israeliani. Nel rapporto Msf descriviamo l’enorme sfida che i palestinesi di Gaza affrontano ogni giorno per accedere alle cure mediche”. “Quanti bambini sono già morti di polmonite negli ospedali sopraffatti? Quanti neonati sono morti a causa di malattie prevenibili? Quanti pazienti affetti da diabete non vengono curati? Per non parlare delle conseguenze mortali dovute alla chiusura delle unità di dialisi renale negli ospedali attaccati militarmente. Queste sono le vittime silenziose di Gaza, causate dal collasso del sistema sanitario nella Striscia”, dichiara Mari-Carmen Vinoles, responsabile dei programmo di emergenza Msf. L’équipe attualmente in azione a Rafah opera in un sistema sanitario decimato. Le condizioni di vita disumane aumentano anche il rischio di epidemie, malnutrizione, oltre all’impatto psicologico che tutto questo avrà a lungo termine.

IL RISCHIO EPIDEMIE E CARESTIA A GAZA

C’è una disperata carenza di acqua pulita per bere o lavarsi. Inoltre, rifiuti e liquami grezzi si accumulano nelle strade di questo minuscolo cuneo di terra che ora ospita più di un milione di persone sfollate con la forza dal Nord di Gaza. In due sole cliniche, nelle aree di Al-Shaboura e Al-Mawasi, forniamo in media 5.000 visite mediche alla settimana, molte delle quali legate alle pessime condizioni di vita. Oltre il 40% di queste consultazioni riguarda pazienti con infezioni alle vie respiratorie superiori. Inoltre, i nostri operatori hanno riscontrato un numero crescente di casi sospetti di epatite A. “Le attuali condizioni di vita aggravano i problemi di salute […] Anche la salute mentale – compresa quella del personale medico – è a pezzi. La maggior parte dei pazienti che arrivano alle nostre cliniche presenta sintomi legati all’ansia e allo stress. Tra cui condizioni psicosomatiche e depressive. Alcune persone che si occupano di familiari con gravi disturbi mentali sono ricorse a una sedazione eccessiva per tenerli al sicuro. Al fine di evitare che facessero del male a sé stessi o ad altri, a causa della mancanza di servizi specializzati a Gaza…”.

ISRAELE E I CRIMINI DI GUERRA E CONTRO L’UMANITÀ, L’ACCUSA DELLA CORTE PENALE DELL’AJA

Fosse comuni, distruzione delle strutture ospedaliere, punizioni collettive che si configurano, secondo il diritto internazionale, come crimini di guerra e contro l’umanità. La Corte Penale Internazionale (Cpi) dell’Aja potrebbe far spiccare a breve dei mandati d’arresto per i leader di Hamas e d’Israele direttamente implicati nelle violenze commesse a Gaza. A scriverlo è il New York Times dopo aver interpellato «funzionari israeliani e stranieri» secondo cui – si legge – la Corte penale internazionale «sta preparando» tali mandati.  «Se la Corte procederà – scrive il quotidiano – i funzionari israeliani potrebbero essere accusati di aver impedito la consegna di aiuti umanitari alla Striscia di Gaza e di aver dato una risposta troppo dura agli attacchi del 7 ottobre». La redazione del giornale ha consultato cinque funzionari che hanno parlato in condizione di anonimato. Di questi, due ritengono che le accuse potrebbero interessare anche alti funzionari israeliani che hanno impedito o ostacolato l’arrivo degli aiuti umanitari alla popolazione civile. Gli stessi hanno affermato anche di ritenere «che il primo ministro Benjamin Netanyahu sia tra coloro che potrebbero essere citati in un mandato», continua il Nyt precisando peraltro che «non è chiaro chi potrebbe essere accusato da Hamas o per quali crimini».

LE PROTESTE DEGLI STUDENTI USA CONTRO ISRAELE

Negli Usa, cresce la protesta nei campus. Una tendopoli è stata allestita dagli studenti pro-Palestina anche nel campus di Yale. I manifestanti, che chiedono all’ateneo di disinvestire da aziende militari che fanno affari con Israele, rischiano misure disciplinari, tra cui la sospensione e il potenziale arresto, ha minacciato l’ateneo ieri in tarda serata.  “Yale appoggia le proteste pacifiche e la libertà di parola ma non tollera che si rompano le sue regole, tra cui quella di mantenere l’università funzionante e di garantire la sicurezza per chi ci studia e ci lavora”. Le tende sono state montate davanti alla Sterling Memorial Library vicino ai dormitori dove gli studenti si stanno preparando per gli esami finali. Yale è l’ultima università in ordine di tempo in cui studenti hanno occupato il campus. Da quando la polizia è intervenuta alla Columbia University per sgomberare una tendopoli la notte del 17 aprile, oltre 800 persone sono state arrestate coast to coast. La protesta va oltre le università. Arrestata a Saint Louis la candidata dei Verdi alle presidenziali Stein. Protesta pro-Palestina anche alla cena dei corrispondenti della Casa Bianca.

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