Beniamino Zuncheddu risarcito con 30mila euro, prima rivalsa sullo Stato per i 32 anni da innocente in “celle strette”

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Un primo risarcimento, una prima rivalsa nei confronti dello Stato che ingiustamente lo ha costretto in una cella per 32 anni, ingiustamente. Beniamino Zuncheddu, ex allevatore sardo di 59 anni che per 32 anni è stato in carcere da innocente dopo essere stato condannato per un triplice omicidio del 1991, verrà risarcito dallo Stato con circa 30mila euro per aver trascorso anni in celle piccole e sovraffollate.

A rivelare la vicenda del risarcimento è l’Unione Sarda, notizia confermata all’Ansa dal legale di Zuncheddu, Mauro Trogu.

Il risarcimento per Zuncheddu

Inizialmente il ministero della Giustizia, ricorda l’Ansa, si era opposto al provvedimento del giudice di primo grado nel 2023 ma ora il collegio presieduto da Cristina Ornano ha dato ragione a Zuncheddu che aveva presentato la richiesta di risarcimento nel 2016.

L’avvocato inoltre attende le motivazioni della sentenza per chiedere un ulteriore risarcimento per ingiusta detenzione. Quello da 30mila euro, insomma, sarà molto probabilmente solo un primo risarcimento che l’ex allevatore avrà dallo Stato italiano.

Devono passare i 90 giorni per il deposito delle motivazioni della sentenza di assoluzione, il giorno massimo è il 26 aprile. A quel punto ci saranno i 45 giorni in cui potrebbe scattare l’impugnazione della sentenza, ad oggi improbabile. Dopo questo periodo di tempo, quindi in totale dai primi giorni di giugno, Zuncheddu con i propri legali ha due anni di tempo per presentare una seconda richiesta di risarcimento allo Stato, considerando i 32 anni di carcere passati da innocente.

La strage e la detenzione ingiusta per 32 anni

Zuncheddu è rimasto per 32 anni in carcere, ingiustamente accusato di essere l’autore della strage del Sinnai dove morirono tre pastori e una quarta persona rimase gravemente ferita. Il fatto di sangue risale all’8 gennaio del 1991: nella zona montagnosa di Sinnai, centro in provincia di Cagliari, in un ovile furono uccisi a colpi di fucile Gesuino Fadda, 56 anni, il figlio Giuseppe, di 24 anni e Ignazio Pusceddu, 55enne, che lavorava alle dipendenze dei due.

Nell’agguato rimase gravemente ferito anche Luigi Pinna, all’epoca dei fatti 29enne, genero di Fadda. L’attività degli inquirenti puntò dal primo momento su dissidi tra gli allevatori della zona e in particolare tra la famiglia Fadda e quella degli Zuncheddu che gestivano un altro ovile. La polizia imboccò questa pista alla luce di alcuni episodi che si erano verificati prima della strage e in particolare l’uccisione di alcuni capi di bestiame e cani nonché le liti da ciò scaturite tra gli allevatori.

L’indagine e la condanna

Secondo quanto accertato dagli investigatori, l’autore della strage arrivò a bordo di uno scooter, con il volto travisato da una calza, e sparò prima a Gesuino Fassa, che si trovava nella strada di accesso all’ovile, per poi risalire in direzione del recinto di bestiame per fare fuoco in direzione del figlio Giuseppe. Pusceddu fu invece ucciso mentre si trovava all’interno di una baracca assieme a Pinna. Beniamino Zuncheddu venne fermato dopo pochi giorni dalle forze dell’ordine ma le indagini arrivarono ad una svolta nel febbraio di quell’anno dopo che Pinna indicò Zuncheddu, all’epoca dei fatti 27enne, come l’autore del raid.

In base alle affermazioni del supertestimone, l’indagato, che si è sempre dichiarato innocente, è stato condannato all’ergastolo e solo dopo molti anni ha ottenuto la semilibertà. Nel 2020 il suo difensore, Mauro Trogu, alla luce di nuove prove, ha chiesto ed ottenuto il processo di revisione a Roma. Nel corso del procedimento Pinna, oggi 62enne, ha sostanzialmente modificato la sua versione affermando che all’epoca dei fatti “prima di effettuare il riconoscimento dei sospettati, l’agente di polizia che conduceva le indagini mostrò la foto di Zuncheddu e mi disse che il colpevole della strage era lui“.

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