Caso Salis, Gabriele Marchesi torna libero e non verrà estradato in Ungheria: “Rischio reale di trattamento inumano”

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Non solo non andrà in Ungheria, come richiesto dalla autorità di Budapest, ma torna libero. Gabriele Marchesi, il 23enne co-indagato assieme a Ilaria Salis con l’accusa di aver aggredito alcuni militanti neonazisti nel febbraio dello scorso anno in occasione della “Giornata dell’onore”, si è visto revocare ogni misura cautelare nei suoi confronti.

È questa la decisione presa dalla Corte d’Appello di Milano, che oggi ha respinto le richieste di Budapest di consegnare alla giustizia ungherese il 23enne, che si trovava agli arresti domiciliari da fine novembre scorso in esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso dalla magistratura ungherese per gli stessi capi d’imputazione di cui è accusata Ilaria Salis.

Una decisione che arriva nel giorno in cui la 39enne insegnante milanese, apparsa nuovamente in tribunale a Budapest con le manette ai polsi e i ceppi alle caviglie, si è vista respingere la richiesta di arresti domiciliari in Ungheria, tornando nuovamente in cella dove è reclusa da 13 mesi.

Perché Marchesi non sarà estradato in Ungheria

Come spiegato dal procuratore generale Cuno Tarfusser opponendosi alla consegna dell’attivista italiano, il 23enne Marchesi in Ungheria rischia una condanna tra i due e i 24 anni, una “forbice ampia” per delle lesioni “che da noi sarebbero considerate lievissime”. Non solo: i giudici nel respingere la richiesta ungherese parlano di “fondatezza dei timori di reali rischi di privazione dei diritti fondamentali” e di “rischio reale di trattamento inumano e degradante” per il sovraffollamento delle carceri ungheresi, che hanno “carenze nei servizi essenziali” tra cui “latrina non separata dalla cella, doccia una volta a settimana, cimici, carenze sistemiche”.

I giudici quindi ricordano che “nell’isolamento che si troverebbe a subire”, è necessario valutare il rischio della violazione dell’articolo 8 della Carta europea dei diritti fondamentali, perché l’Ungheria “non ha parlato di certezza dell’accesso a visite e colloqui familiari. La lontananza e la segregazione in un luogo distante, senza certezze di visite, potrebbe prospettare grave pregiudizio per vita privata e sviluppo personalità”. Dunque in una detenzione in Ungheria potrebbero essere lesi “uno o più suoi diritti fondamentali”.

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