Confindustria Basilicata, le tre proposte che la politica deve ascoltare

Confindustria Basilicata, le tre proposte che la politica deve ascoltare

Il Quotidiano del Sud
Confindustria Basilicata, le tre proposte che la politica deve ascoltare

L’intervista al presidente di Confindustria Basilicata Francesco Somma; le tre proposte che la politica deve ascoltare: «Infrastrutture, politiche industriali (energia in particolare) e giovani»

Presidente Francesco Somma, non è stato un gran spettacolo finora questa campagna elettorale lucana…

Come di consueto, nella preparazione delle liste, i temi e i programmi latitano. Ma io credo che da questo momento in poi sia fondamentale lasciarci alle spalle questa lunga parentesi, per una valutazione serena sui contenuti delle proposte che ci auguriamo di conoscere al più presto. La Basilicata ha bisogno di una visione strategica matura e lungimirante che la traghetti verso i decenni a venire. Questo sottende reale convergenza di vedute e coesione, in alcuni casi anche sostegno politico bipartisan. Ci auguriamo che le sintesi raggiunte in queste settimane abbiano dato vita a coalizioni in grado di portare avanti con determinazione tali obiettivi e garantire un percorso di crescita stabile e duraturo.

Si è parlato di civismo, poi ha preso il sopravvento la logica dei marpioni delle candidature, non crede che la società civile lucana, gli imprenditori, il ceto produttivo, le donne siano ancora ai margini del sistema politico?

Sarebbe utile che i partiti si aprissero e rendessero davvero contendibili i ruoli di rappresentanza politica. Questo, ovviamente, non significa che tutti debbano sentirsi legittimati ad arruolarsi. Dovremmo riappropriarci dell’idea della politica come una vera professione e che, come tale, richiede abilità e preparazione. Non possiamo non porci il problema di come fare a intercettare le migliori energie del nostro territorio, favorendo la partecipazione delle donne, per fare crescere coscienze, creare competenze e formare una nuova classe politica da mettere al servizio delle istituzioni. Solo così potremo superare la crescente disaffezione dei cittadini ai processi democratici e ai partiti che se ne fanno principali interpreti.

I numeri economici del Paese sono buoni, quelli lucani come vanno?

Non ci discostiamo di molto rispetto al resto del Paese ma siamo in presenza di una crescita modesta dell’economia regionale. Le ricadute dei primi interventi del PNRR non sono ancora evidenti. Anche in regione hanno influito i numerosi fattori di contesto internazionali che hanno in parte ridimensionato il rialzo atteso. Più di tutto, hanno inciso il caro energia e le difficoltà di reperimento delle materie prime. La corsa al rialzo dei tassi di interesse è intervenuta a frenare gli investimenti. Alcune misure messe in campo dal Governo regionale, come il bando per l’efficientamento energetico delle imprese, hanno consentito di mitigare gli effetti. Ma c’è un dato di fatto che non possiamo nascondere: la Basilicata presenta sacche di arretratezza e deficit competitivi che arrivano da lontano e che continuano a non essere intaccati. Fino a quando non saremo in grado di incidere su di essi anche le dinamiche di crescita più virtuose continueranno a essere fragili e instabili. Il recente aggiornamento del “libro bianco” della Camera di Commercio ci consegna un quadro francamente desolante: siamo in coda alla classifica rispetto a tutti gli indici di performance territoriale per tutte le categorie di infrastrutture e logistica; occupiamo il penultimo posto rispetto alle propensioni dei territori alla diffusione e l’utilizzo delle tecnologie digitali. Fare impresa in Basilicata è un atto eroico. Rispetto al 2022, nel 2023 le imprese attive si sono ridotte dell’1,9 per cento. Eppure, vantiamo un’industria di tutto rispetto che non solo resiste, ma in tanti casi eccelle. Dovremmo ripartire da qui.

La situazione dell’automotive a Melfi è confusa e controversa, le 300mila auto all’anno al momento sembrano un miraggio, senza Stellantis che Basilicata sarà?

La situazione è grave, lo diciamo ormai da anni. Erroneamente si è detto per troppo tempo che la riduzione delle attività di Stellantis e dell’indotto di Melfi fosse legata al passaggio all’elettrico. Il vero problema è rappresentato invece dai volumi produttivi dei modelli che la multinazionale intende realizzare in Basilicata. Per questo riteniamo che i prossimi bandi per l’area di crisi complessa, sicuramente fondamentali ma non esaustivi, dovranno mirare non solo alla transizione ma alla riconversione delle attività produttive. Le strade possibili, a mio avviso, sono provare a intercettare l’interesse di altre case produttrici di auto, e cercare di attrarre grandi capifiliera anche di altri settori per compensare la perdita di produzioni e posti di lavoro. Investimenti che vanno accompagnati con un pacchetto localizzativo composto da misure strutturali e da incentivi. Noi abbiamo un doppio livello di emergenza su cui intervenire: portare finalmente a un livello quantitativo e qualitativo dignitoso i servizi alle imprese, in particolare nelle aree industriali, e al contempo mettere in campo adeguati interventi di politica industriale.

E la Zes? Ogni tanto spunta un dibattito, cosa può portare o rischia di essere un’ennesima occasione perduta?

Le Zone Economiche Speciali hanno già dimostrato nella pratica di essere carte straordinarie da giocare per il rilancio economico dei territori. Ma per stare al nostro caso, partiamo da quello che la Zes Jonica ha portato alla Basilicata fino a ora: il commissario straordinario Gallucci ha fatto un lavoro egregio e c’è stata il massimo impegno da parte di tutti i soggetti coinvolti, compresa Confindustria. Nonostante questo, i numeri non sono stati così esaltanti. E potrebbero esserlo ancora meno con il passaggio alla Zona Economica Speciale Unica. Pur essendo ispirata a una logica che condividiamo appieno, a nostro avviso potrà essere una reale occasione solo a determinate condizioni. Partiamo da un deficit infrastrutturale troppo profondo rispetto alle altre regioni per poter competere a parità di regime agevolativo. Vale la pena ricordare che investire nella nostra regione è già meno conveniente rispetto ai territori limitrofi, a causa della minore intensità di agevolazione prevista dalla Carta degli Aiuti di Stato a finalità regionale, calcolata in base a meccanismi e parametri che penalizzano economie come la nostra, in cui l’andamento dei pochi grandi operatori economici è in grado di influenzare in maniera abnorme e distorsiva dati medi come il Pil pro-capite. Per questo noi crediamo sia fondamentale prevedere agevolazioni aggiuntive per territori che, come la Basilicata, partono da una situazione di conclamato svantaggio competitivo.

Come giudica lo stato attuale dei lavori e dell’applicazione del Pnrr?

Come dicevamo, ci sono stati fattori oggettivi che hanno determinato un rallentamento dell’attuazione del Piano. Confindustria è stata favorevole alla sua rimodulazione che, tra le altre cose, ha consentito di spostare importanti risorse sul Piano Transizione 5.0. Ma in parallelo abbiamo chiesto di recuperare su altri canali di finanziamento, nell’ambito della politica di coesione, molte opere che sono state tagliate dal PNRR perché non completabili entro il 2026 e che riguardano anche i comuni lucani. Questo, ovviamente, non deve rappresentare un alibi per rimandarne sine die la realizzazione. Gli interventi più importanti del PNRR per la Basilicata sono quelli relativi alle grandi opere come la nuova linea ferroviaria Matera Ferrandina e l’alta velocità Potenza Taranto. Ci auguriamo che i lavori procedano senza intoppi nei tempi previsti. Ma si tratta comunque di interventi non risolutivi del grave deficit infrastrutturale lucano. Per quanto riguarda le nuove infrastrutture stradali strategiche, si registrano ritardi e incertezze di realizzazione. Abbiamo una situazione disastrosa su tutta la viabilità interna lucana che rappresenta l’80 per cento della nostra rete viaria. La rete transeuropea di trasporto si sviluppa intorno alla Basilicata, senza interessarla in maniera diretta.

Quali, a vostro avviso, le priorità?

Il sistema produttivo lucano ha individuato una lista di interventi a cui andrebbe garantita assoluta precedenza in occasione della redazione e l’aggiornamento del “Libro bianco”: la riqualificazione della Sicignano–Potenza e quella della Basentana, l’ampliamento a quattro corsie della Matera–Ferrandina, la messa in sicurezza della Potenza–Melfi, la velocizzazione del collegamento ferroviario Napoli-Potenza e la realizzazione della linea ferroviaria Ferrandina-Matera La Martella. C’è poi la Potenza-Bari per la quale va realizzato un collegamento più veloce e sicuro tra la zona industriale di Vaglio Basilicata con Gravina in Puglia, in modo da avvicinare il capoluogo all’aeroporto.

Lo spopolamento fa paura, cosa si può fare per invertire questa tendenza?

È tutto correlato. Le infrastrutture determinano anche la scelta di insediamento abitativo, dunque condizionano lo spopolamento. Questa è la maggiore minaccia per la nostra regione. Se è vero che il fenomeno riguarda tutte le aree interne, la Basilicata, per le sue caratteristiche orografiche, è ancora più penalizzata. Pochi residenti, meno servizi, sempre meno residenti: il meccanismo è infernale e complicato da invertire. Occorre molto intervento pubblico per creare tre condizioni di contesto, necessarie se pur non sufficienti, a iniziare a invertire la rotta: collegamenti rapidi ed efficienti, servizi adeguati, soprattutto digitali, e opportunità attrattive. Inoltre, proponiamo l’idea di promuovere nei piccoli comuni programmi di accoglienza e integrazione di migranti opportunamente formati. Ciò risponderebbe in parte anche alla domanda di lavoro delle imprese lucane. Dobbiamo avere più cura dei nostri borghi, anche attraverso gli interventi di mitigazione del rischio idrologico che, nonostante la disponibilità di risorse, sono ancora in ritardo e che potrebbero fare da ulteriore stimolo al settore edile. Mi lasci dire, però, che questa regione per guardare con maggiore fiducia al proprio futuro, ha bisogno soprattutto di più industria, vero motore di sviluppo, economico e sociale.

Si parla molto di desertificazione bancaria, la sensazione è che produrre e operare al Sud significa ancora avere tassi più alti e maggiori difficoltà per accedere al credito, come stanno le cose?

Pensi che al 31 dicembre 2023 erano 4.200 le imprese lucane con sede in comuni senza alcuna banca. Ben 535 in più rispetto all’anno precedente. E il dato in questi mesi sarà ulteriormente peggiorato. Sono i dati di un fenomeno che può seriamente pregiudicare l’accesso al credito per imprese e famiglie, contribuendo, ulteriormente allo spopolamento demografico. Molte imprese, in occasione di opportunità di investimento assistito da strumenti di finanza agevolata, non riescono a trovare le opportune risposte di cui hanno bisogno rispetto ai tempi dettati agli avvisi pubblici. Va considerato, però, che le banche sono imprese come le altre e devono pertanto essere attente al proprio bilancio e alla remunerazione degli azionisti.

L’autonomia differenziata è un’opportunità o un peso?

Non ho una posizione pregiudizialmente negativa e, secondo me, non dovrebbe averla nemmeno la Basilicata. Ma calando la riforma Calderoli nel contesto attuale emerge, a mio avviso, la mancanza di alcuni prerequisiti indispensabili alla sua attuazione. Qualsiasi ipotesi di riforma potrà avvenire solo dopo aver garantito a tutti i territori livelli omogenei di prestazioni e servizi. Questo richiederebbe un corposo stanziamento di risorse che al momento non sembra possibile, anche allo scopo di garantire meccanismi perequativi per compensare le minori entrate fiscali. È poi evidente che andrebbero riviste le materie oggetto del trasferimento delle competenze che attualmente non tengono conto dei mutamenti nel frattempo intervenuti rispetto al 2001. Materie come l’energia o il commercio internazionale oggi pretendono risposte addirittura comunitarie. È improponibile qualsiasi ipotesi di trasferimento di tali competenze alle regioni.

Non si trova personale, non si trovano medici, infermieri, artigiani, persino il bando del presidente della Corte d’appello non è andato a buon fine, non era mai accaduto prima, come ne usciamo?

Questo che ci mette brutalmente di fronte agli errori di un Paese che per troppo tempo non ha saputo guardare lontano. Per quello che riguarda le imprese, il problema c’è, è sempre più presente anche sul nostro territorio e penalizza soprattutto le realtà più propense all’innovazione. Ma ci sono anche gli strumenti che possono aiutarci a correggere la rotta. Confindustria è fortemente impegnata per contribuire a ridurre il gap tra domanda e offerta di competenze. Siamo entrati nelle governance degli ITS che mostrano numeri sempre più soddisfacenti, con percentuali di giovani occupati, a un anno dal conseguimento del titolo, che sfiorano il 90 per cento. Ma bisogna implementare sempre più l’offerta anche in Basilicata. Il vero salto di qualità è una corretta programmazione, che rafforzi la formazione nei settori chiave dell’economia lucana e che soprattutto sia anche orientata in un’ottica di genere. L’esclusione delle donne dal mercato del lavoro pesa in Basilicata più che altrove, nega diritti e sottrarre risorse preziose alla crescita economica.

Visto da fuori, che giudizio danno gli imprenditori della classe politica lucana in generale, quali sono pregi e difetti?

Non vorrei che le sembrasse retorica, ma il nostro unico metro di giudizio della classe politica è valutazione nel merito dei provvedimenti. C’è però un aspetto positivo che voglio evidenziare e che ritengo sia un punto di forza della nostra regione: nella maggior parte dei casi abbiamo sempre potuto contare su una disponibilità all’ascolto e alla collaborazione. Qualità, queste, che del resto caratterizzano anche i rapporti con i sindacati. Il riconoscimento e il rispetto dei reciproci ruoli è un fatto di assoluto valore.

Si è parlato molto di lei come possibile candidato alla presidenza della Regione, un progetto accantonato o solo spostato nel tempo?

La politica è stata già una parentesi del mio passato. Credo che in questo particolare momento della vita politica lucana qualcuno, anche in virtù di questo trascorso e in considerazione del ruolo che Confindustria svolge sul territorio, abbia pensato al mio nome. Ne sono stato onorato, ma questa ipotesi per me non è mai stata in campo per l’impegno che porto avanti con soddisfazione all’interno delle mie aziende e per la volontà di continuare a dedicarmi alla vita associativa al servizio dei miei colleghi imprenditori anche per il prossimo futuro.

Se dovesse dare una dritta ai candidati presidenti della giunta regionale, cosa suggerirebbe di annotare nelle loro agende e quali sono le tre priorità di cui ha bisogno la Basilicata?

Infrastrutture, politiche industriali, politiche per i giovani: per quel che ci riguarda, credo che siano questi i tre grandi ambiti su cui valga la pena focalizzarsi. Qualche parola in più, però, voglio dirla rispetto ad alcune specifiche proposte per le imprese che ci stanno a cuore. E in particolare una: la Basilicata si è dimostrata particolarmente virtuosa in Italia per il buon utilizzo dell’energia prodotta. La misura del bonus gas per le famiglie lucane è stata molto positiva. Oggi abbiamo la possibilità di vincere un’altra importantissima sfida. Il temporary Crisis Framework ci offre l’opportunità, fino a giugno, di provare a estendere il beneficio dello sconto nella bolletta energetica anche alle imprese. Andrebbe esperito ogni tentativo a livello negoziale con Governo e Commissione europea per portare a casa il risultato. Sarebbe veramente una straordinaria mossa per aiutare le imprese già presenti sul territorio e soprattutto per attrarre nuovi investimenti. Altre due questioni mi sembrano cruciali: rafforzare la capacità amministrativa della Regione ed esprimere nomi di elevata qualità nei ruoli apicali negli enti.

Guerre, canale di Suez minacciato, transizione energetica e tecnologica insidiose, dove va e che futuro prevede per il sistema economico Basilicata?

È evidente che questo clima di continua incertezza determinato da guerre e tensioni geopolitiche è fortemente destabilizzante per la nostra economia. Però, al netto dei suoi effetti più controversi, la transizione energetica rappresenta una straordinaria opportunità per la nostra regione. In piccolo rappresentiamo già quel modello di mix energetico verso il quale l’Europa si sta orientando. Siamo in assoluto tra le realtà più virtuose per produzione da fonti rinnovabili, oltre che a essere i primi produttori in Italia di energia da fonti classiche. Dobbiamo, però, continuare a crescere in questa direzione verificando ogni ipotesi giuridicamente percorribile che consenta una forte accelerazione delle fonti rinnovabili. L’idrogeno ci sta aprendo a nuove possibilità che vanno assecondate lungo tutti i settori della filiera. Al contempo bisognerà assolutamente evitare che la sottodotazione di infrastrutture digitali diventi un altro consolidato gap. Su questo aspetto siamo purtroppo in ritardo rispetto agli interventi del PNRR. I prossimi mesi dovranno essere decisivi. Nelle imprese si è fatto oggettivamente di più e altro ancora di farà grazie al Piano 5.0. Per concludere, ritengo che a determinare l’evoluzione della nostra regione sarà una corretta programmazione complessiva coerente con le potenzialità e le vocazioni del territorio. Riponiamo grandi attese sulla destinazione strategica delle ingenti risorse che arriveranno grazie all’accordo di coesione Governo-Regione. Io sono ottimista.

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