Cosa ha detto Raffaele Cantone all’Antimafia, iniziativa senza precedenti su indagini in corso…

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Su un caso di notevole rilievo istituzionale è sceso il silenzio. Mi riferisco all’episodio di cui è stato protagonista il procuratore della Repubblica di Perugia, Raffaele Cantone, che ha chiesto ed ottenuto di essere udito dalla commissione antimafia del Parlamento su un caso giudiziario di cui è titolare e su cui sta ancora svolgendo indagini, cioè quello degli accessi abusivi alla banca dati della Direzione nazionale antimafia. Nell’immediatezza dell’evento il procuratore generale di Perugia, Sergio Sottani, che istituzionalmente è preposto alla sorveglianza della Procura diretta da Cantone e che era stato tenuto all’oscuro dell’iniziativa, ha detto di aver avviato controlli “su eventuali anomalie” che si sarebbero verificate nella vicenda e ha inoltre definito “inusuale” l’iniziativa di Cantone “di riferire al Parlamento su una indagine in corso”.

Si tratta in effetti di un evento “inusuale” senza precedenti, non previsto né regolato dal nostro ordinamento giudiziario. Di un evento che solleva questioni di notevole rilievo istituzionale che riguardano sia il ruolo del pubblico ministero (quello che può fare e quello che non deve fare) sia i rapporti tra i poteri dello Stato, e nel caso specifico quello tra potere giudiziario e potere legislativo. Tuttavia né il ministro della Giustizia né il Csm, né esponenti del mondo accademico hanno espresso valutazioni critiche a riguardo di quella audizione. Se ne deve quindi dedurre che quanto accaduto sia a loro giudizio pienamente legittimo? Considerarlo tale ha tuttavia molteplici implicazioni di notevole rilievo. Vuol cioè dire che da ora in poi qualsiasi capo di una procura della Repubblica può richiedere di essere ascoltato dal Parlamento sulle indagini che sta svolgendo e che sta al Parlamento decidere se ascoltarlo o no? Il procuratore lo può fare in ogni caso o solo quando il caso ha una grave valenza politica come nel caso delle indagini che Cantone sta conducendo sulla fuga di notizie dalle banche dati della Direzione nazionale antimafia? Lo può fare solo il pm o anche un giudice con riferimento ad un caso giudiziario che sta giudicando? Se così non fosse quali sono le ragioni per cui il pm lo può fare ed il giudice no?

In passato il nostro Csm si è già occupato di valutare l’opportunità delle audizioni di magistrati da parte di commissioni parlamentari in circostanze del tutto simili a quelle di cui ci stiamo qui occupando. Infatti il 14 febbraio 2006 il nostro Csm (sfidando il senso del ridicolo) ha censurato duramente il Parlamento della Francia che aveva convocato un magistrato di quel paese perché riferisse su un caso giudiziario di sua competenza che aveva suscitato scalpore anche a livello politico (affaire d’Outreau). In quel caso il nostro Consiglio ha affermato che il Parlamento francese aveva determinato “uno stravolgimento della separazione dei poteri” e violato l’indipendenza della magistratura. Sul caso del procuratore Cantone, che al pari del magistrato francese ha riferito in parlamento su un caso di sua competenza, il Csm ha taciuto. Vuol forse dire che uno stravolgimento della separazione dei poteri si verifica solo quando è il Parlamento che convoca il magistrato ma non lo è quando è il magistrato che chiede al Parlamento di voler riferire su un caso giudiziario di sua competenza e su cui sta indagando? Finora tutte queste domande sono rimaste senza risposta. Sembra che tutti vogliano evitare di esprimersi sulla vicenda e sulle implicazioni istituzionali ad essa connesse. Sembra chiara la volontà di stendere un velo pietoso sulla vicenda.

Anche le iniziative per fare chiarezza che erano state annunciate sono state subitaneamente e definitivamente interrotte. Contrariamente a quanto annunziato, il Procuratore generale di Perugia sembra aver rinunciato a indagare sulla “inusuale” iniziativa del Procuratore Cantone “di riferire al Parlamento su una indagine in corso”. Il Procuratore Cantone, che aveva chiesto di essere ascoltato non solo dal Parlamento ma anche dal Csm ha rinunciato a questa seconda opzione. Il Csm, che da tempo non perde occasione per auto-attribuirsi (ed esercitare) il compito di “vertice organizzativo della magistratura”, in questo caso sembra aver gradito la decisione di Cantone di riferire solo al Parlamento. Ha così evitato l’imbarazzo di dire se Cantone ha abusato dei suoi poteri ed eventualmente sanzionarlo, oppure, in alternativa, se sia legittimo che i capi delle Procure (o anche i giudici) possano rivolgersi al Parlamento per riferire sui casi giudiziari di cui si stanno occupando.

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