Così politici e militari vigliacchi permisero la strage di Cutro

RMAG news

La legge cambiata con un messaggino di posta elettronica. Un capitano di vascello ordina via email a tutte le capitanerie di porto italiane di disattendere le leggi che regolano il soccorso in mare e descrive nel dettaglio, sempre via email, come la legge va violata. I sottoposti obbediscono.

Ed è questo il dettaglio mostruoso: i sottoposti – tutti, centinaia e centinaia di persone, il grande corpo fatto da uomini e donne della gloriosa Guardia costiera italiana – obbediscono. E tacciono pure. Non uno che denunci, neanche anonimamente, che gli è stato ordinato di non soccorrere persone in difficoltà. Non uno che si preoccupi di rendere pubblica l’email. Per quasi due anni.

La prova dell’esistenza dell’ordine di non intervenire in mare come la legge impone, la prova di quell’ordine infame di cui a mezza bocca si sente parlare tra marinai da subito dopo il 26 febbraio del 2023, dal giorno dello schianto di un caicco pieno di bambini a pochi metri dalla costa di Steccato di Cutro, l’ha trovata e mostrata in tv la redazione di Il cavallo e la torre di Damilano.

Eccola la email. È datata 27 giugno 2022. La firma il capitano di vascello D’Agostino, allora capo dell’Mrcc di Roma, il Centro di comando delle capitanerie di porto, quello che dovrebbe coordinare i soccorsi in mare.

E che chiede ai suoi uomini di smettere di intervenire, tranne nel caso sia burocraticamente dichiarata l’imminenza di un rischio naufragio, ossia quando ormai è spesso troppo tardi. E di lasciar fare, nel resto dei casi, la Guardia di finanza che per i soccorsi in mare non ha né le adeguate capacità, né gli adeguati mezzi.

C’è scritto nella email del capitano di vascello D’Agostino:A seguito di tavoli tecnici interministeriali sono state impartite dal livello politico alcune disposizioni tattiche per gli assetti della Guardia di finanza che, di fatto, in parte impongono alcune riflessioni sul nostro modus operandi. A far data dalla presente, le attività di intervento delle unità navali della Guardia costiera, in caso di eventi connessi al fenomeno migratorio, si dovranno sviluppare nel rispetto dei seguenti parametri”.

Si noti quel “nel caso di eventi connessi al fenomeno migratorio” perché, nel caso di eventi connessi al libero turismo di bianchi e pasciuti velisti in difficoltà, continuano a valere le leggi in vigore.
D’Agostino scrive che la Guardia costiera dentro le acque territoriali e dentro le acque internazionali considerate di competenza italiana nei soccorsi (ossia quelle in cui il comando del soccorso spetta in primis all’Italia) “potrà essere eseguito solo dichiarando evento Sar”.

Ciò vuol dire che se, ad esempio come accaduto a Cutro, nelle ore precedenti una tempesta annunciata da tutti i meteo, non viene classificato come caso Sar, ossia come rischio naufragio, il caso di un natante che da due giorni naviga ‘senza giubbotti salvataggio visibili’con una barca con la linea di galleggiamento bassa e una forte riposta termica dalla stiva ai termosensori’ (informazione traducibile, in rotte battute da migranti, soltanto con ‘stiva carica di persone’), la Guardia costiera se ne deve restare a piedi asciutti in porto e lasciare che, se vuole e quando vuole, esca la Guardia di finanza a fare un’operazione di polizia. Ossia di contrasto all’immigrazione clandestina. Ossia di difesa dei confini.

Nel caso di Cutro i confini italiani erano da difendere da un carico di bambini e dei loro peluche, poi affiorati e nemmeno tutti, tra le onde sotto costa e sui piedi di un povero pescatore lasciato da solo a raccattare i morti perché nemmeno uno straccio di soccorso a terra sono riusciti a allestire quella notte. Un sabato notte.

Soltanto una solitaria pattuglia di carabinieri s’è presentata in spiaggia, allertata a naufragio avvenuto, nonostante l’allarme fosse arrivato molte ore prima. E non alle 4 come raccontato dal ministro dell’Interno Piantedosi in Parlamento.

Un cenno esplicito a quell’ordine ricevuto, cui non seguì la denuncia della email letta da centinaia di persone perché inviata a tutti i centri operativi periferici della Guardia costiera, lo diede l’allora comandante della Capitaneria di Crotone, Aloi, che sbottò: “Abbiamo operato secondo le nostre regole di ingaggio che non promanano neanche dal nostro ministero (Trasporti) ma da quello dell’Interno. Ci sarebbe bisogno di specificare molte cose, dovreste conoscere le regole che ci sono a livello interministeriale”.

Non disse una parola di più il comandante Aloi e dopo qualche tempo fu trasferito. Non ha detto niente nemmeno dopo. Non era l’unico ad aver visto quella email. In due anni nessuno dei marinai della nostra Guardia costiera ha sentito la necessità di denunciare, mettendo magari a repentaglio la propria carriera? Noooo, sono pur sempre dei militari.

Ma sono militari della Repubblica italiana, non della Cina, non dell’Iran. Non è previsto il taglio delle mani in Italia a chi disobbedisce. Nemmeno un sussulto di coscienza sufficiente a inviare in forma anonima copia della email? Per due anni?

Erano gli sgoccioli del governo Draghi quando fu inviata quella email. Al ministero degli Interni c’era Lamorgese, sottesegretario Molteni (Lega). Ai Trasporti e Infrastrutture, Enrico Giovannini, indipendente vicino al Pd, era lui a capo del ministero che comanda sulla Guardia costiera. Niente da dire neppure loro?

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