“E la festa continua!”, un film agit- prop per dire alla sinistra: “Svegliati, c’è ancora speranza”

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Non è storico, né giornalistico, ma metaforico e persino poetico, E la Festa continua!, il nuovo film del regista marsigliese Robert Guédiguian con protagonista la famosa attrice (anche lei di Marsiglia) e sua compagna Ariane Ascaride, in uscita nelle sale italiane l’11 aprile con Lucky Red.

Dopo un’anteprima all’ultima Festa del Cinema di Roma, i due artisti approdano con la pellicola alla 14esima edizione del Rendez-Vous, Festival del Nuovo Cinema Francese. Ambientato proprio a Marsiglia, E la Festa continua! parte dalle immagini di cronaca del crollo di due palazzi in Rue d’Aubagne il 5 novembre del 2018 per poi raccontare il percorso di Rosa, vedova sessantenne, devota mamma, affettuosa nonna ma soprattutto instancabile attivista politica, di sinistra ovviamente.

Il personaggio di Rosa, che insieme al fratello Antonio (come Gramsci), di sé dice che “morirà firmando un’altra petizione”, si basa su Michèle Rubirola che nel 2020 fu “costretta” ad accettare di guidare la lista di sinistra per le elezioni municipali di Marsiglia e diventare addirittura Sindaco perché era l’unica che metteva tutti d’accordo.

Con il guizzo appassionato di Ascaride, Rosa è una donna che scopre di potersi innamorare a 60 anni e il film di Guédiguian, ottimista, racconta sia la speranza politica che quella di una sempre nuova rinascita sentimentale. Incontrati al Rendez-Vous, Guédiguian e Ascaride parlano di politica, di sinistra, d’amore, femminismo e della loro Marsiglia.

Aprite con il crollo nella piazza che oggi si chiama 5 novembre, simbolo del crollo del nostro modo di fare politica?
Robert Guédiguian: Sì, perché io credo che questa maniera tradizionale di fare politica e anche di fare azione sindacale, attraverso tutte le rappresentanze e i partiti politici, non sia più sufficiente per l’esigenza dell’oggi. È un sistema che va sicuramente conservato ma deve essere accompagnato da organizzazioni che siano più trasversali.

È però un film ottimista, fin dal suo titolo.
Sì, e poi il titolo finisce con il punto esclamativo ed è una cosa alla quale io tengo molto perché c’è proprio un’azione fortemente volontaria: è necessario continuare ad essere ottimisti, non in maniera beota ma tenendo conto di come sta andando la realtà. Oggi purtroppo quando si usa il termine “politico” gli si dà sempre accezione negativa, perché pensiamo subito alla corruzione, agli eletti che non fanno quello che gli elettori gli chiedono di fare, al non rispetto della democrazia, mentre la politica è una parola bellissima, è la storia. L’ottimismo è legato a una volontà molto forte di azione collettiva, bisogna essere ottimisti tutti insieme.

E la festa continua! è anche un film di donne che si spogliano del ruolo che la società impone loro, si innamorano e fanno l’amore anche a 60 anni.
Ariane Ascaride: Lo spero. Tutti i film di Robert hanno sempre visto rappresentate delle donne che sono rispettose delle loro controparti maschili ma che al tempo stesso sono molto attive all’interno della società e che fanno spesso cose che non ci si aspetta da loro come nel caso di questo film. Il mio personaggio, Rosa, non si aspetta di innamorarsi all’età che ha, avendo fatto proprie delle ideologie sbagliate che pensano che una donna, a sessant’anni, non abbia più diritto alla vita amorosa. Si pensa che a 60 anni si è mamme, si è nonne e non si è più oggetto del desiderio. Invece lei nel film scopre di esserlo, scopre che tutte le donne hanno diritto ad esserlo e questo cambia veramente quella che è, la sua visione del mondo e il suo rapporto non soltanto con quest’uomo entrato nella sua vita ma anche con tutto il resto.

Questo film è un’ode a Marsiglia. Rosa rappresenta un po’ questa città?
Ariane Ascaride: Marsiglia è una città molto particolare. I marsigliesi non sono soltanto francesi, sono un mondo a parte. Se sei di Marsiglia sei un cittadino francese però prima ancora di esserlo, sei marsigliese. Questa è una cosa che va capita perché è abbastanza particolare. È innanzitutto una città che è fatta di immigrazione, strati su strati, culture su culture che si sono sedimentate nel corso dei secoli: greci, armeni, italiani, spagnoli, algerini e marocchini. Sono venuti da ogni parte e questo ha fatto sì che la città sia diventata una sommatoria di culture, di strati e ciò rende complicata la situazione dell’oggi perché chi è arrivato tanti anni fa da migrante, oggi magari non è disposto ad accettare i nuovi che arrivano. La grande apertura di questa città si riflette anche nel personaggio di Rosa. Lei stessa si batte per assicurarsi che il mito di questa città resti quello che è, da lì anche il riferimento ad Omero.

E la festa continua! è un buon esempio di come si possa ancora fare un cinema popolare ma anche d’autore. Come si combinano questi due approcci?
Robert Guédiguian: io credo che si possa e si debba continuare anche a fare cinema e film che siano molto personali, molto intimi senza mai dimenticare però che stiamo facendo spettacolo. Ci devono essere le risate, le lacrime , le svolte, gli eventi, le sorprese. Abbiamo il diritto di non annoiarci e questo riguarda sia il cinema che il teatro. Anche se si racconta una storia tristissima, deprimente, dobbiamo cercare di raccontarla in modo da coinvolgere il pubblico e per farlo c’è bisogno di un lavoro sullo stile. Molière diceva “l’arte di piacere”. È quello che nel film il padre spiega alla figlia che prepara il discorso per la commemorazione delle vittime del crollo del 5 novembre: “È un discorso noiosissimo, dici cose molto importanti ma a metà discorso se ne saranno andati tutti, nessuno ti ascolterà, devi trovare un espediente narrativo, una maniera per raccontare delle cose importanti che possa coinvolgere”. Credo che tutti gli autori, in questo caso di cinema, debbano preoccuparsi di piacere al proprio pubblico.

Nelle note di regia lei dice che questo è un film “agitprop”, ci spiega meglio?
Agitprop è un termine di origine russo perché risale al tempo della rivoluzione e descrive una maniera un po’ dialettica di raccontare delle cose, un modo di comunicare con estrema libertà formale senza essere legati a degli schemi narrativi o dei vincoli. Io ho poi una passione per Uccellacci e uccellini, un meraviglioso film agitprop di Pasolini.

Il personaggio di Rosa si ispira soltanto a Michèle Rubirola, Come le avete dato vita?
Ariane Ascaride: Con questa banda di attori con cui lavoriamo insieme da tantissimi anni, abbiamo messo a punto una maniera di lavorare che si basa su una forma di immedesimazione. I personaggi che noi interpretiamo alla fine sono molto vicini a noi ed al pubblico, che finisce per volergli bene. C’è una tendenza degli attori francesi a mostrare di essere molto intelligenti. È un atteggiamento molto borghese, molto francese, che noi invece nella nostra nostra compagnia cerchiamo di tenere lontano. Per prepararmi, è come se spostassi tutta la casa di Rosa dentro il mio cervello. A monte c’è un lavoro intellettuale e di riflessione ma dopodiché quando si passa poi all’azione è tutto cuore, passione, pelle, carne e nessun approccio intellettuale. Nella mia Rosa c’è mia madre, ci sono le persone che ho conosciuto, le donne che incontro per strada. Noi attori siamo dei ladri, adesso guardo te, come ti muovi e metto da parte questa immagine per poi tirarla fuori se mi servirà per interpretare un personaggio.

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