Festival delle culture mediterranee, serve una coalizione per fermare il razzismo di Stato

RMAG news

Il 3 ottobre del 2013, 368 cadaveri affiorarono dal mare nei pressi della spiaggia più bella dell’isola di Lampedusa, quella dell’isola dei Conigli. Una strage che risvegliò, per qualche giorno, la coscienza di chi aveva responsabilità istituzionali e politiche, portando alla realizzazione del primo e unico programma pubblico di ricerca e salvataggio “Mare Nostrum” che consentì di salvare più di 150 mila persone.

Purtroppo quel programma venne chiuso troppo presto, perché prevalse l’elemento che ha caratterizzato gli orientamenti delle forze democratiche negli ultimi 20 anni: la paura, il timore di apparire troppo pro immigrati e perdere consenso.

Una scelta miope e controproducente, che ha progressivamente alimentato le argomentazioni delle destre xenofobe, che hanno visto aumentare i loro consensi, investendo sul razzismo e sulla criminalizzazione dell’immigrazione.

Da allora abbiamo assistito ad altre stragi e registrato almeno altri 30 mila morti. Di fronte a quelle morti, come associazioni impegnate da sempre per la tutela e la promozione dei diritti delle persone di origine straniera, pensammo di assumerci in prima persona l’onere di promuovere uno spazio pubblico per costruire un’idea di Mediterraneo alternativa a quella alimentata dai governi e dai parlamenti.

Ci venne in soccorso un grande poeta e scrittore mediterraneo, Jean Claude Izzo, che nella sua trilogia marsigliese parla della lingua che unifica le città del Mediterraneo, la lingua franca Sabir.
L’idea di ricostruire un linguaggio comune, a partire dalla società civile delle città che si affacciano sul Mediterraneo o che comunque affondano le loro radici nel mare di mezzo tra i due continenti, l’Africa e l’Europa.

Un linguaggio comune per chi, come noi, non vuole arrendersi all’idea di un Mediterraneo come cimitero a cielo aperto, un mare nel quale scompaiono migliaia di vita umane nell’indifferenza di gran parte delle opinioni pubbliche.

Così ad un anno dalla strage di Lampedusa, proprio sull’isola delle Pelagie, abbiamo promosso la prima edizione di Sabir. Un Festival che fin dall’inizio aveva l’ambizione di rappresentare uno spazio di iniziativa del mondo dell’associazionismo, partendo dall’idea che servisse una opportunità di socializzazione, confronto e dibattito internazionale per le società civili del Mediterraneo.

Dopo il successo della prima edizione, da Lampedusa ci siamo spostati in altre città per realizzare un Festival itinerante. Pozzallo, Siracusa, Palermo, Lecce (due volte), una edizione online durante la pandemia, poi Matera e, l’anno scorso, Trieste. Quest’anno, per il decimo anniversario, abbiamo deciso di raddoppiare il Festival.

La prima parte, più centrata sul lavoro, la cittadinanza e le questioni che riguardano il nostro Paese si è aperta ieri a Prato, in Toscana, dove si concluderà il 20 aprile, mentre la seconda parte del Festival la realizzeremo con il coinvolgimento di reti internazionali ad ottobre a Roma, alla Città dell’Altraeconomia, concentrando i temi dei seminari e dei dibattiti sull’Europa e il suo futuro.

La scelta di Prato si basa sul fatto che, nonostante non sia ai confini né sul mare, è da tanti anni oramai un luogo di frontiera. La presenza di tante famiglie di origine straniera, quasi il 25% dei 200 mila residenti, ha rappresentato in questi anni una sfida per l’amministrazione locale, per la società civile, per tutta la comunità e, nonostante le difficoltà e le contraddizioni, a Prato sono stati sperimentati percorsi e messe in campo attività ed interventi volti a ridurre le criticità e a promuovere il senso di comunità.

Il lavoro, che è la prima ragione della mobilità umana, è l’argomento principale che vogliamo affrontare in questi tre giorni, in relazione alla presenza di lavoratori e lavoratrici di origine straniera, agli ostacoli che incontrano e alle discriminazioni che sono costretti ad affrontare quotidianamente. Parleremo di decreto flussi, di regolarizzazione e di come le procedure connesse a questi strumenti legislativi generino quasi sempre ricattabilità, precarietà, sfruttamento e ingiustizie.

Il Festival, promosso dall’ARCI insieme a Caritas Italiana, ACLI e CGIL, con la partecipazione di ASGI, Carta di Roma, A Buon Diritto e, per la prima volta, con la rete delle organizzazioni di esuli e rifugiati UNIRE, sarà animato, come nelle altre edizioni, da seminari, incontri di formazione, ed eventi culturali.

I primi due porteranno a Prato centinaia di persone provenienti da tutta Italia, soprattutto operatori e operatrici che sono impegnati nel campo dell’immigrazione. Gli eventi culturali, la presentazione di libri, musica, cinema e mostre, saranno lo strumento con il quale proveremo a coinvolgere i cittadini e le cittadine di Prato.

Trenta gli incontri programmati ai quali parteciperanno più di 80 relatori e relatrici. Quattro le mostre visitabili. Quattro i libri che verranno presentati. Tre concerti e due proiezioni di film.
Grande spazio, come sempre, al protagonismo delle persone di origine straniera, senza il quale nessun cambiamento culturale, prima che politico, potrà mai aver luogo nel nostro Paese.

Come sempre però proveremo ad affrontare anche questioni che attengono all’attualità e alle principali criticità del mondo dell’immigrazione. Discuteremo della crisi del sistema d’accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati e di come il governo si continui ad occupare di questioni che nulla hanno a che fare con la realtà, ma che servono solo alla propaganda, abbandonando le amministrazioni periferiche dello Stato e producendo, oltre alle tante ingiustizie e discriminazioni, un grande spreco di risorse pubbliche

Dell’attualità della guerra a Gaza ci occuperemo con un incontro con chi è stato al valico di Rafah nelle scorse settimane per portare aiuti umanitari, verificando con i propri occhi la crudeltà di un conflitto che sta causando una catastrofe umanitaria senza precedenti e non consente, se non con un disumano contagocce, di aiutare i palestinesi che rischiano di morire di fame, oltre che per le bombe.

Affronteremo anche il tema della detenzione amministrativa per gli stranieri, uno strumento che sta diventando sempre più presente nelle politiche italiane ed europee dell’immigrazione, che nega il principio di uguaglianza alla base di ogni democrazia e, soprattutto, viola l’art.13 della nostra Costituzione che afferma l’inviolabilità della libertà personale. Questo e tanto altro si può trovare sul sito del Festival Sabir.

Ma ciò che più di ogni altra cosa preme ai promotori e a gran parte di quella società civile che attraversa i tanti eventi del Festival, è la costruzione dal basso di una comunità per l’alternativa. Di fronte a un attacco senza precedenti al mondo dell’immigrazione, ai diritti di quei 5 milioni di persone che hanno scelto di vivere nel nostro Paese pur avendo un passaporto diverso da quello italiano, la nostra responsabilità è quella di costruire un’ampia e motivata coalizione che possa promuovere concretamente un’alternativa, dare spazio alla speranza, fermare il razzismo di stato. Con nessun governo precedente c’erano stati tanti interventi legislativi volti a ridurre i diritti dei migranti.

L’attacco alle ONG che praticano la ricerca e il salvataggio nel Mediterraneo, la criminalizzazione dell’immigrazione, la riduzione del diritto d’asilo e l’ennesimo attacco al sistema d’accoglienza, sono elementi che spingono tutte e tutti noi a costruire quel soggetto sociale capace di contrastare la deriva sovranista italiana ed europea.

Un soggetto che deve promuovere, dare voce ad una leadership del mondo dell’immigrazione e che deve richiamare i partiti del centro sinistra a investire sui diritti, capovolgendo l’approccio tenuto finora che ha favorito gli imprenditori politici del razzismo.

Siamo convinti che, anche in vista delle elezioni europee, una tornata elettorale che consegna come sempre una grande centralità al tema dell’immigrazione, l’appuntamento del Festival Sabir a Prato può essere una grande occasione per costruire l’alternativa alle destre sovraniste.

*Responsabile Immigrazione di Arci nazionale

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