Gratteri: «Tajani andrebbe studiato a scuola»

Gratteri: «Tajani andrebbe studiato a scuola»

Il Quotidiano del Sud
Gratteri: «Tajani andrebbe studiato a scuola»

VIETRI SUL MARE – «Diego Tajani andrebbe studiato a scuola, sarebbe necessario un capitolo su di lui, all’interno dei libri di testo»: parola di Nicola Gratteri, procuratore di Napoli e fino a poco tempo fa alla guida della Dda di Catanzaro. A margine del convegno organizzato dal Centro studi e ricerche Diego Tajani, che ha promosso un convegno sul magistrato e statista nato a Cutro ma di origini vietresi, Gratteri ha voglia di parlare a tutto campo, dopo aver concluso i lavori.

Il suo arrivo ha spiazzato alcuni cittadini di Vietri sul Mare, che l’hanno notata alla guida. L’edicolante diceva: “Ma è davvero lui che porta l’auto”?

«Non è una novità. È dall’89, da quando ho la scorta, che guido io la macchina, perché mi piace, perché quando guidano gli altri sto più in tensione, perché risparmiamo un autista».

La figura di Diego Tajani è stata accostata da illustri relatori del convegno proprio a Gratteri e al suo esempio di magistrato dalla schiena dritta e che combatte le collusioni tra mafia e potere politico…

«Mi è parsa un’esagerazione. Tajani è stato un grande statista e un magistrato di rigore in un momento storico in cui le regole non erano così precise e c’era tanta discrezionalità. Il potere politico interferiva in modo pesante sulla giurisdizione. Tajani è stato un grande eroe, per la sua dirittura morale e l’osservanza ortodossa delle regole. Intervenne più volte sugli abusi della giustizia sommaria, anche in Calabria. Fu un magistrato che, scontrandosi contro tutto e tutti, e in particolare contro i benpensanti che volevano liberarsi dei criminali con la giustizia sommaria, tentava di applicare la giustizia con la G maiuscola».

Gratteri, cosa può insegnarci Diego Tajani oggi?

«Per me è attualissimo, innanzitutto per la sua coerenza. Non faceva il saltimbanco e non si muoveva in base a circostanze e opportunismi, ciò che si fa spesso oggi anche ad alti livelli anche all’interno delle istituzioni. Penso che sia da studiare per la sua etica, penso che dovrebbe essere dedicato un capitolo nei libri di scuola a questo grande meridionalista, che ha avuto una visione unitaria del diritto».

Dopo aver combattuto la ‘ndrangheta per oltre trent’anni approda in terra di camorra. Saldature criminali tra queste due mafie ci sono sempre state, ma quali sono le reali differenze?

«Dopo alcuni mesi che sono a Napoli, posso dire che ho conferma che l’asciuttezza della ‘ndrangheta l’ha portata ad avere una leadership criminale sul piano internazionale. Mentre ho visto qui tre livelli di camorra. Il livello più basso è quello che si conquista spazi con le “stese”, che quando sono arrivato non capivo cosa fossero. Due ragazzini entrano in una piazza su un motorino e iniziano a sparare tutt’intorno con l’effetto di costringere le persone a stendersi per terra: è la terza generazione di camorristi che sono al 41 bis. Sarebbe inimmaginabile trasferire in Calabria questa tecnica, il giorno dopo quei ragazzini non ci sarebbero più. Poi ho visto una camorra molto forte sul piano dell’imprenditoria. La terza camorra è quella più tecnologica, che si muove nel dark web ed è in grado di comprare tonnellate di cocaina oppure gestisce una banca che aveva seimila clienti e utilizzava un software israeliano che costa cinque milioni. Questa è quella più affine alla ‘ndrangheta, che oggi assolda hacker ed estrae criptovalute».

Lei ha una grande esperienza nello smascherare i falsi collaboratori di giustizia. Cosa può dirci Sandokan, il boss dei Casalesi che si è pentito 26 anni dopo il suo arresto?

«Mi riservo la valutazione, non voglio fare errori, i miei colleghi hanno le competenze per capire e hanno ricevuto le istruzioni del caso. Per ora sospendiamo il giudizio».

Il Quotidiano del Sud.
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