I confini non devono dividerci ma farci incontrare

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Il Parlamento Mondiale possiamo chiamarlo il Parlamento delle genti? La parola “gente” è ancora una parola sacra, fatta di nomi e cognomi che hanno tutti i diritti di vivere dignitosamente e di persone, perché il mondo non è fatto di utenti, di consumatori, di poveri e di ricchi, ma di gente?

È possibile che possa aver ragione Nietzsche quando nella Genealogia della Morale ci presenta la trasformazione dei concetti “buono e cattivo” nei concetti di “buono e malvagio”, come risultato del sottile e complesso affermarsi della “morale del gregge”?

Se invece di gregge parlassimo della straordinaria energia che ha ciascuno di noi non per diventare gregge, razza debole e diseredata che fa passare gli indegni e impotenti per valorosi, ma nel momento che da gregge passa a voglia di interpretare le storie che hanno fatto la storia e non la falsa politica?

Non dobbiamo rassegnarci. I tempi non sono i migliori, ma gli uomini, se vogliono, già domani, possono trasformarli in migliori di quelli di oggi. I confini e i continenti non dovrebbero esistere per dividerci ma per capirsi meglio, proprio perché diversi.

E le diversità non dovrebbero essere solo economiche, ma politiche sociali culturali, capaci di capirsi, di accogliersi, di integrarsi e pian piano fare i grandi passi, ricchi di diversità, ma capaci di creare uguaglianze.

Le disuguaglianze sono state solo teoricamente alterate (soprattutto dalle grandi centrali inventate dalle politiche degli stati “imperanti”) con il progredire dell’evoluzione socio-culturale.
Il bisogno di emancipazione, di uguaglianza e autonomia delle “genti” è tornato a farsi sentire con più forza. Vorrei avere il coraggio di dire che “unire il mondo” non è più un’utopia, ma è l’unica cosa che ci può salvare.

Potrà il Parlamento Mondiale da noi pensato, essere meno Parlamento delle ipotesi e più Parlamento delle scelte? Per troppo tempo certe parti del mondo si sono sedute ai tavoli da gioco, dove si giocava solo con carte truccate.

I giovani che stanno ereditando questi svantaggi strutturali hanno il diritto non solo di capire, ma di scoprire le carte ed esigere che a loro non resti solo dover pagare il razzismo onnicomprensivo.
Forse la parola razzismo è parziale e poco lungimirante (intolleranza?). Non dobbiamo fermarci al solo razzismo.

Urge far riemergere le radici del vivere, dello stare insieme. Possiamo tentare di inculcare nella testa dei nostri giovani che non devono aspettare e tanto meno chiamarsi fuori? Ripeto quanto ho già detto: la storia non l’hanno mai fatta i grandi., lasciatemi citare Cristo, uomo qualsiasi, anzi eretico e quasi criminale. Fatemi citare madre Teresa e Gandhi. Forse tra questi non sfigurerebbe neppure Dante e Cristoforo Colombo.

Vito Mancuso scrive: “alcuni sostengono che siamo entrati in una nuova era geologica detta antropocene, per il fatto che il principale attore delle sorti del pianeta è l’essere umano”. Facciamo il possibile che sia vero e che l’essere umano non sia più un utente a servizio dell’economia “comprata” da esseri poco umani, ma capace di fare di se stesso il capolavoro della storia, come altre volte è stato. Se pensare è dirigere, usiamo bene i due verbi.

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