Intervista a Livia Turco: “Con il M5s serve pazienza e fermezza, il Pd dialoghi con ceto medio e imprese”

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Livia Turco, una vita a sinistra. Più volte parlamentare, già ministra per la Solidarietà sociale (1996-201) e ministra della Salute (2006-2008), oggi fa parte della Direzione nazionale del PD.

Nel centrosinistra, e nel PD, torna centrale, se mai aveva smesso di essere tale, il tema delle alleanze. Al di là delle metafore agrarie – campo largo, giusto, accidentato etc. – il punto è: quello su cui insistere è l’asse Pd-5Stelle?
Le recenti elezioni regionali in Sardegna ed in Abruzzo consegnano un risultato positivo al PD. In entrambi i casi, seppure con risultati diversi, il PD si è presentato come un partito che sostiene convintamente personalità radicate nel territorio, dotate di capacità di relazione con la comunità, di competenza per ben governare, di integrità morale nel loro modo di vivere la politica e nella vita personale (dato questo che dovremmo valorizzare di più in raffronto alle sconcezze di molti e molte che ci governano) di spirito unitario. Un partito che fa lo sforzo di recuperare il rapporto con la società a partire dalle persone più fragili. E, non può non essere riconosciuto l’esempio che in tal senso, ci viene dalla segretaria Elly Schlein. Parto da qui, da un punto positivo per rispondere alle criticità che permangono. Innanzitutto, l’alto livello di astensionismo dal voto. Vogliamo rassegnarci a questo dato come ineluttabile o vogliamo considerarlo come il più importante e cruciale cimento su cui concentrare le nostre forze? Io credo che la priorità sia motivare le persone, offrire loro proposte credibili, sollecitarle nella partecipazione attiva. Allora discutiamo di questo, di come costruire “alleanze sociali” che uniscano i ceti più fragili, i giovani le donne, i lavoratori e le lavoratrici, il ceto medio che si è impoverito, le imprese che decidono di investire nella valorizzazione del capitale umano. Alleanze sociali attorno ad un progetto di sviluppo, di innovazione della partecipazione democratica, ad obiettivi chiari come il salario minimo, la sanità pubblica, una seria politica per le persone anziane non autosufficienti, per le persone diversamente abili, per uno sviluppo che difenda l’ambiente, per il diritto allo studio, per il diritto alla casa, per una politica dell’immigrazione che consenta gli ingressi regolari e costruisca la cittadinanza plurale e la società della Convivenza, per il diritto al lavoro delle donne, la centralità degli asili nido e del congedo paritario.. Se si punta a costruire forti alleanze sociali, oltre a favorire una crescita del PD, si rende anche più efficace il discorso sulle alleanze politiche. L’appello unitario diventa più comprensibile. Il rapporto con i 5 Stelle è prioritario, bisogna però avere presente la complessità e le contraddizioni di quel partito e del suo elettorato. Dunque, tale rapporto deve essere perseguito con la pazienza ma anche con la fermezza delle proprie proposte. Come ha fatto in questi mesi il PD a partire dalla sua Segretaria. Credo che ai 5Stelle vada chiaramente detto che bisogna uscire dalla tattica politica e compiere insieme una scelta strategica: per costruire una alternativa alla destra bisogna lavorare insieme, in dialogo con la società, a definire un progetto di sviluppo e di crescita democratica, europeo, plurale condiviso ed aperto alle diverse culture ed ai tanti luoghi sociali di elaborazione e di battaglia politica.

Non ritiene che in politica uno più uno non faccia sempre due? Fuor di metafora matematica, allargare la coalizione, come è avvenuto in Abruzzo, non porta ad una sottrazione piuttosto che ad una moltiplicazione dei voti?
Il rapporto con il ceto medio, con le forze imprenditoriali, con il mondo agricolo animati da orientamenti non di sinistra ma democratici deve essere perseguito. Tali ceti non trovano per ora una rappresentanza politica convincente, non lo sono né Renzi né Calenda. Deve essere il PD a dialogare con questi ceti e con questi orientamenti. In particolare, deve porre molta attenzione ed attivare un dialogo con le tante realtà Cattoliche e Cristiane impegnate in tantissimi ambiti. Mondi che pongono con radicalità il tema della lotta alle povertà, di una politica umana ed efficace dell’immigrazione, della pace. Ed anche questioni etiche impegnative come la promozione della dignità del fine vita, la lotta alla mercificazione dei corpi, a partire dalla maternità surrogata, il valore della maternità e paternità, delle famiglie. Molti di questi mondi si pongono oggi il problema di un dialogo efficace con la politica senza rinvangare l’obiettivo della costruzione di un partito cattolico.

Che fine ha fatto la discussione nel PD su identità, progetto, priorità programmatiche? Le europee bussano alla porta ma anche qui a dominare sono le candidature.
Il PD ha recentemente affrontato in modo efficace il progetto di quale Europa costruire, lo ha fatto nell’ambito del congresso del PSE svoltosi a Roma che ha visto un successo di partecipazione ed ha presentato una dettagliata piattaforma per costruire un Europa Democratica, Unita, Solidale, che punta sullo sviluppo sostenibile, sul lavoro, sulla protezione sociale. Una Europa costruttrice della pace a partire dal cessate il fuoco a Gaza, gli aiuti umanitari, la costruzione di due popoli e due Stati, la sicurezza dell’Ucraina contro la tirannide di Putin e come condizione per ricercare le vie del negoziato. Una Europa che si dia nuovi strumenti per rafforzare e rendere più efficace la sua unità e sia capace di garantire una sua sicurezza. Bisogna che questa piattaforma animi il dibattito in tutti i circoli del PD, sia aperta ai territori, ai tanti interlocutori sociali. Bisogna che in modo unitario e con spirito collaborativo e solidale si definiscano criteri e regole per le candidature e si decidano i candidati, le candidate per le prossime elezioni europee.

E tutto questo avviene mentre il mondo è dentro quella che Papa Francesco ha definito, da tempo, la “terza guerra mondiale a pezzi”. Dall’Ucraina al Medio Oriente, passando per la strage di Mosca rivendicata dall’Isis, con il rischio di un conflitto nucleare sempre più immanente. Ma la politica nel fu belpaese sembra pensare ad altro. Siamo fuori dal mondo?
La tragedia che venerdì scorso si è abbattuta su Mosca, con le tante persone uccise e ferite, un attentato terroristico rivendicato dall’Isis ci riporta alla constatazione che la lotta al terrorismo islamico non è stata vinta una volta per tutte nel 2015 con la larga Alleanza di tutti i paesi del mondo. Le ragioni di quell’estremismo islamico continuano a contaminare luoghi e persone. Dunque, non si può abbassare la guardia. Tale battaglia è diventata più difficile in questo momento in cui il mondo è attraversato da gravi conflitti. Più difficile costruire alleanze. La lotta contro il terrorismo islamico richiede che si risolvano i conflitti tra Russia ed Ucraina e quello tra Palestina ed Israele. Nel primo caso bisogna continuare a sostenere il diritto alla sicurezza del paese che è stato aggredito; dunque, è doverosa la solidarietà ed il sostegno all’Ucraina. Ma dopo due anni di conflitto questa sicurezza per essere efficace deve anche trovare la capacità di avviare un negoziato. Quali possono essere i termini di questo negoziato? Credo doveroso accompagnare il sostegno all’Ucraina con l’apertura esplicita di una ricerca su questo punto. Di fronte alla devastante tragedia umanitaria che colpisce Gaza, per colpa delle nefaste politiche di Netanyahu, bisogna che si realizzi il cessate il fuoco per consentire agli aiuti umanitari di salvare vite umane. Questa è una priorità assoluta, insieme alla liberazione degli ostaggi. In questa ottica, è di grande rilevanza la risoluzione approvata lunedì scorso dal Consiglio di Sicurezza delle Nazione Unite e che ora va attuata senza tentennamenti. Se non si realizza rapidamente questo obiettivo diventa difficile perseguire la strategia “due popoli e due stati.”. In modo altrettanto netto va combattuta ogni forma di antisemitismo. Non si può confondere la politica di Netanyahu con il popolo e la storia di Israele. Che è parte importante della battaglia per la libertà, la liberazione umana, la civiltà del nostro mondo. Così come non si può confondere Hamas con il popolo palestinese. Viviamo in un mondo non solo attraversato da guerre e conflitti ma con una geopolitica molto cambiata. Prevale il disordine, prevalgono i conflitti. Prevalgono le oligarchie e le dittature. Bisogna costruire un nuovo ordine mondiale che deve vedere un Europa unita e protagonista, il riconoscimento del ruolo che esercitano nel mondo tutti i Popoli e tutti gli Stati, attraverso il reciproco riconoscimento, la cooperazione internazionale, il negoziato. Bisogna costruire un Nuovo Ordine basato sul dialogo multilaterale che costruisca la pace e faccia risplendere, restituisca senso e forza al valore della democrazia.

Il Mediterraneo e le stragi di migranti. Tema che sembra scomparso dal dibattito politico e dall’attenzione della sinistra. Sarà perché i migranti non votano?
Sono molto grata a l’Unità per il suo impegno quotidiano nel metterci difronte le notizie dei i morti in mare causati da una scellerata politica dell’immigrazione del Governo ma anche dell’Europa che non sa andare oltre la difesa delle frontiere e la esternalizzazione a paesi terzi delle politiche di respingimento, di valutazione delle domande di asilo, di rimpatrio. Il PD ha svolto su questo tema un lavoro importante con i sindaci, con i soggetti del terzo settore, con la presenza nei luoghi della sofferenza e delle morti come a Cutro. Una importante Conferenza svoltasi due mesi fa che ha visto una folta partecipazione, a partire dai migranti, ha discusso le linee di una nuova legge quadro sull’immigrazione che verrà presentata nei prossimi giorni e la richiesta di calendarizzare al Parlamento la legge di riforma della cittadinanza per le seconde generazioni. Sui territori stanno costruendo i Forum sull’ immigrazione. Un lavoro importante cui dare visibilità e riconoscimento.

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